Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 06 dicembre 2021, n. 38667

Lavoro straordinario, Compenso, Superiore inquadramento,
Differenza retributive, Meccanismo annuale di incremento previsto dall’art.
2120, quarto comma, c.c

Rilevato che

 

1. con sentenza 15 febbraio 2018, la Corte d’appello
di Roma rigettava la domanda di G.C. di condanna di F. s.r.l. al pagamento del
compenso per lavoro straordinario: così riformando, in accoglimento parziale
dell’appello della società nel resto rigettato, la sentenza di primo grado, che
aveva dichiarato il diritto del lavoratore all’inquadramento nel IV livello del
CCNL Terziario, nell’ambito del rapporto di lavoro tra le parti dal 23 ottobre
2001 al 1° marzo 2011; condannato F. s.r.l. a corrispondere, in favore del
predetto, la complessiva somma di € 82.387,74, oltre accessori (di cui € 8.314,
57 per differenze retributive per superiore inquadramento, € 708,98 per
tredicesima, € 688,40 per quattordicesima, € 67,67 per festività, € 63.135,13
per lavoro straordinario diurno in misura di dieci ore settimanali, € 9.473,99
a titolo restitutorio di somma illegittimamente trattenuta dalla società per
competenze di fine rapporto quale corrispettivo del gasolio erogato al
lavoratore per asserito uso personale), oltre che al pagamento delle differenze
per T.f.r. conseguenti al riconoscimento del diritto alla superiore qualifica;
condannato G.C. alla corresponsione, in favore della società in accoglimento
della sua domanda riconvenzionale, di € 3.150,00 a titolo risarcitorio per
danno da penali applicatele dalla committente T. per tardive consegne di
carburante ascrivibili alla negligente condotta del lavoratore; ma rigettato la
sua ulteriore pretesa risarcitoria per danni, relativi ad asseriti maggiori
oneri sostenuti per l’affidamento ad autisti esterni del servizio di trasporto
e di consegna del carburante, a causa del non gradimento dalla committente di
una serie di autisti, tra i quali il predetto, per ritardi registrati nelle
consegne;

2. per quanto ancora rileva, essa negava al
lavoratore il compenso per lavoro straordinario, escluso dalla corresponsione
in suo favore della somma di € 39.603,84, sotto la voce mensile “Trasferta
Italia”, ai sensi dell’art. 169 del CCNL applicato, di natura retributiva,
compensativa del lavoro reso dall’autista, per il tempo eccedente le ordinarie
otto ore giornaliere, con modalità discontinua in base alle risultanze delle
prove orali scrutinate, benché non espressamente qualificato tale dall’art. 135
dello stesso CCNL;

4. inoltre, la Corte capitolina negava in
particolare la fondatezza dei motivi d’appello della società relativi: alle
differenze per T.f.r., da ricalcolare in favore del lavoratore in conseguenza
del superiore inquadramento riconosciutogli, in base al meccanismo annuale di
incremento previsto dall’art. 2120, quarto comma c.c., non divisibile per 13,5;
al parziale accoglimento della domanda riconvenzionale risarcitoria per danno
emergente, in misura di € 3.150,00 anziché di € 28.296,00, in difetto di
documentazione del maggiore importo richiesto dalla società;

5. con atto notificato il 14 (17) agosto 2018, il
lavoratore ricorreva per cassazione con sei motivi, cui la società resisteva
con controricorso contenente ricorso incidentale con tre motivi, cui il primo
replicava con controricorso;

6. entrambe le parti comunicavano memoria ai sensi
dell’art. 380-bis1 c.p.c.

 

Considerato che

 

1. il ricorrente principale deduce violazione e
falsa applicazione degli artt. 2909 c.c., 324 c.p.c., nullità della sentenza
per violazione degli artt. 112, 115, 345 (434) c.p.c., violazione e falsa
applicazione dell’art. 2697 c.c., per illegittima applicazione al lavoratore,
in mancanza di allegazione, né domanda o eccezione di parte, della disciplina
del lavoro discontinuo solo perché autista, in violazione del giudicato interno
formatosi sull’incontestata continuità della prestazione lavorativa e tale
ritenuta dalla sentenza di primo grado sul punto non impugnata, ben potendo
esso formarsi anche sull’accertamento di fatto: indubbiamente implicato (in ordine
alle modalità effettive di svolgimento del rapporto) da una questione di non
esclusiva qualificazione giuridica; nonostante la deduzione dalla società di
corresponsione dell’indennità di Trasferta Italia a titolo di lavoro
straordinario e pertanto di una prestazione continua, senza pause di
inattività, in assenza di una diversa prospettazione in alcuno scritto
difensivo, tanto meno di servizio extraurbano; neppure avendo il lavoratore ciò
allegato ed avendo invece la Corte capitolina posto a fondamento della
decisione una discontinuità, indebitamente tratta “dalle deposizioni dei
testi escussi”, in violazione anche dell’art. 115 c.p.c. (primo motivo);

2. esso è infondato;

3. non sussiste la formazione del giudicato
denunciata, posto che il capo della sentenza di primo grado, relativo al
compenso per lavoro straordinario e inclusivo della detrazione di quanto
corrisposto sotto la voce “Trasferte Italia”, investito dall’appello
della società (p.to 8 di pg. 5 della sentenza), ha devoluto alla Corte territoriale
l’esame dell’intera questione, comportante l’interpretazione dell’art. 169 CCNL
Terziario applicabile ratione temporis, nella combinata lettura con le altre
norme contrattuali collettive rilevanti ai fini dell’applicazione della
corretta disciplina retributiva dell’attività prestata dal lavoratore, secondo
la regolamentazione osservata dalle parti nel corso del rapporto;

3.1. d’altro canto, è noto che non si possa formare
giudicato su un segmento fattuale, quale la prospettata continuità della prestazione
lavorativa, non integrante quella “minima unità suscettibile di acquisire
la stabilità del giudicato interno”: locuzione giurisprudenziale che
individua la sequenza logica costituita dal fatto, dalla norma e dall’effetto
giuridico, con la conseguenza che la censura motivata anche in ordine ad uno
solo di tali elementi riapre la cognizione sull’intera statuizione, perché,
impedendo la formazione del giudicato interno, impone al giudice di verificare
la norma applicabile e la sua corretta interpretazione (Cass. 4 febbraio 2016,
n. 2217; Cass. 16 maggio 2017, n. 12202; Cass. 26 giugno 2018, n. 16853);

4. il ricorrente deduce poi violazione e falsa
applicazione degli artt. 102, 118, 135, 137, 169 CCNL Terziario, per avere la
Corte d’appello, pure a fronte di un’incontestata prestazione dal lavoratore
(autista neppure addetto a servizi extraurbani) di un’attività continua
(parimenti ritenuta dalla sentenza del Tribunale, non impugnata sul punto),
erroneamente ritenuto il predetto soggetto alla disciplina di un’attività
discontinua (non prevista per le mansioni di autista), nemmeno prevalente pur
qualora ravvisata una promiscuità di mansioni, pienamente remunerata dalla sola
“Trasferta Italia”, nonostante la spettanza in suo favore di uno
straordinario, accertato in misura di dieci ore settimanali, con un incremento
retributivo del 15% per le prime otto e del 20% per le due successive (secondo
motivo); violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 ss. c.c., per erronea
applicazione alla fattispecie dell’art. 169 CCNL, da leggere unitamente alle
altre disposizioni contrattuali deroganti alla norma imperativa dell’art. 2108
c.c. solo in riferimento alle categorie di lavoratori discontinui espressamente
indicate dall’art. 135 CCNL, purché la loro attività non sia continua e nelle
quali non inclusi gli autisti: avendo la prima norma istituito un’indennità, di
natura retributiva, applicata al lavoratore quando il servizio extraurbano
ecceda le otto ore e corrisposta a G.C. per il suo servizio urbano (terzo
motivo);

5. essi, congiuntamente esaminabili per ragioni di
stretta connessione, sono inammissibili;

6. in via di premessa, non si configura la
violazione delle norme contrattuali denunciate, parificata ai sensi dell’art.
360, primo comma, n. 3 c.p.c., come modificato dall’art. 2 d.lg. 40/2006, sul
piano processuale a quella delle norme di diritto, pertanto comportante, in
sede di legittimità, l’interpretazione delle loro clausole in base alle norme
codicistiche di ermeneutica negoziale (artt. 1362 ss. cod. civ.) come criterio
interpretativo diretto e non come canone esterno di commisurazione
dell’esattezza e della congruità della motivazione (Cass. 19 marzo 2014, n.
6335; Cass. 17 maggio 2018, n. 12095; Cass. 23 agosto 2019, n. 21682; Cass. 12
aprile 2021, n. 9583);

6.1. il vizio di violazione di legge è, come noto,
integrato dalla deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del
provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di
legge, implicante un problema interpretativo; nel caso di specie, esso consiste
piuttosto nell’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie
concreta a mezzo delle risultanze di causa, esterna all’esatta interpretazione
della norma e inerente alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui
censura è possibile, in sede di legittimità, solo sotto l’aspetto del vizio di
motivazione (Cass. 11 gennaio 2016, n. 195; Cass. 13 ottobre 2017, n. 24155;
Cass. 5 febbraio 2019, n. 3340), ovviamente nei limiti del novellato testo
dell’art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c., qui non ricorrente;

6.2. al di là della non diretta rilevanza di alcune
norme denunciate, l’art. 169 del CCNL applicato non può che essere letto,
secondo il suo chiaro tenore letterale e la ratio sintomaticamente espressiva
della volontà delle parti sociali di modulazione dell’istituto peculiarmente
calibrato sulla specifica attività degli “addetti al trasporto delle merci
a mezzo autocarri e autotreni, comandati a prestare servizio extraurbano”,
come istitutivo di un’indennità (di trasferta) forfettizzata modulata su
aliquote progressivamente crescenti (50%, 80%, 120%) in base all’entità oraria
di superamento dell’ordinaria durata giornaliera (otto ore) della prestazione
lavorativa (rispettivamente: da nove a undici ore; da undici e fino a sedici ore;
superiori a sedici e fino a ventiquattro ore), avente pertanto natura
retributiva e non di mero rimborso spese, come invece la diaria prevista per le
missioni temporanee (esso recitando: “sarà corrisposta, in sostituzione
della diaria di cui al precedente art. 167 … “), dovendo così
l’indennità “Trasferta Italia” ritenersi esaustiva di ogni maggiore e
diverso compenso per l’attività lavorativa prestata dai suindicati lavoratori,
in particolare a titolo di straordinario (incompatibile con quella, come si
evince in particolare dal nutrito contenzioso tributario, relativo ad avvisi di
accertamento per imposte dirette sottratte, in virtù della indicazione di
competenze, dissimulanti lavoro straordinario, come “Trasferta
Italia”: ex plurimis, Cass. 6 aprile 2017, n. 9023); neppure potendo
trarsi dall’art. 135, recante un elenco di “lavoratori discontinui”
non inclusivo degli autotrasportatori in oggetto, la possibilità per essi di un
compenso per lavoro straordinario;

6.3. l’interpretazione di questa Corte delle norme
suindicate corrisponde pertanto a quella resa dalla Corte territoriale, con
diffuse e argomentate ragioni (ai p.ti da 9. di pg. 5 a 9.4. di pg. 7 della
sentenza), cui il ricorrente non ha opposto argomenti giuridici persuasivi in
linea di diritto;

6.4. in realtà le censure, soltanto apparentemente
vertenti sulla deduzione di un vizio di violazione di legge, mirano piuttosto
ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (Cass.
s.u. 27 dicembre 2019, n. 34476; Cass. 4 marzo 2021, n. 5987);

7. il ricorrente deduce quindi omesso esame di un
fatto decisivo discusso tra le parti, quale l’indicazione dell’adibizione del
lavoratore al rifornimento delle rimesse T. di Roma, e pertanto a servizio
urbano (non assoggettabile alla disciplina dell’art. 169 CCNL, riguardante gli
autotrasportatori comandati al servizio extraurbano), nella memoria di
costituzione in primo grado della società, reclamante i pagamenti compiuti
sotto la voce Trasferta Italia a titolo di corresponsione (non già di una tale
indennità, ma) di retribuzione per lavoro straordinario (quarto motivo);

8. esso è infondato;

9. il fatto storico dedotto non è decisivo (nel
senso della sua idoneità, se esaminato, a determinare un esito diverso della
lite: Cass. 29 ottobre 2018, n. 27415; Cass. 21 settembre 2021, n. 25577), in
quanto non di per sé preclusivo dell’adibizione del lavoratore a trasporti
extraurbani (l’indennità corrispostagli ai sensi dell’art. 169 CCNL essendo
anzi stabilita proprio per essa), a fronte dell’accertamento condotto dalla
Corte territoriale (in particolare al p.to 9.5. di pg. 7 della sentenza), anche
considerato il puntuale e documentato rilievo contrario della società (di
deduzione dal lavoratore, nel ricorso introduttivo, di avere lavorato su
“varie destinazioni sul territorio nazionale e regionale”: così al
primo capoverso del p.to 3.1 di pg. 16 del controricorso);

9.1. peraltro, la Corte capitolina ha pure esaminato
la prestazione del lavoratore a servizio di T., sia pure sotto diverso profilo
(al p.to 15, sub a di pgg. 10 e 11 della sentenza);

10. il ricorrente deduce violazione e falsa
applicazione del r.d.l. 692/1923, r.d. 1955/1923, degli artt. 8 r.d. 2657/1923,
16 I. 66/2003, 2108 c.c., per la spettanza al lavoratore di un trattamento per
lavoro straordinario (per almeno dieci ore settimanali, pari alla somma di €
63.135,13 per l’intero periodo), in quanto osservante un orario predeterminato
dalle ore 7 alle ore 16 (quinto motivo);

11. esso è inammissibile;

11.1. appare con ancora maggiore evidenza
l’inconfigurabilità della violazione di norme di legge, solo apparentemente
denunciate (con richiamo delle argomentazioni svolte nello scrutinio del
secondo e terzo motivo), sul presupposto della negata discontinuità, invece
accertata in fatto dalla Corte territoriale, dell’attività lavorativa prestata
dal ricorrente, per la finalità attribuita al giudice d’appello “di
sottrarla alla disciplina imperativa del lavoro straordinario” (così al
terzultimo capoverso di pg. 38 del ricorso);

12. il ricorrente deduce infine nullità della
sentenza per violazione degli artt. 437, 61, 191, 112, 132 c.p.c., 111 Cost.,
per mancanza di motivazione in ordine al recepimento del conteggio della
società, tardivo in quanto depositato con una memoria comunicata all’udienza di
discussione davanti alla Corte d’appello, e quindi tardivamente, non contestato
dal lavoratore, come neppure il conteggio da questi allegato al ricorso
introduttivo, invece non recepito dalla Corte, mentre avrebbe piuttosto dovuto
disporre in merito una C.t.u.; in ogni caso con vizio di ultrapetizione della
sentenza, nulla riconoscendo a titolo di straordinario (sesto motivo);

13. esso è assorbito dall’esclusione di ogni
compenso per lavoro straordinario per effetto della corresponsione al
lavoratore dell’indennità mensile “Trasferta Italia”, essendo il
passaggio argomentativo oggetto di censura privo di rilievo decisorio (“ritiene
il Collegio che nulìaltro possa essere riconosciuto … oltre quanto già
percepito sotto la voce “trasferta Italia”, ove si consideri altresì che …
così al punto 9.6. di pg. 9 della sentenza);

14. la controricorrente deduce a propria volta, in
via di ricorso incidentale, violazione e falsa applicazione dell’art. 2120 c.c.
ed omessa, insufficiente e contraddittoria ^ motivazione su punti decisivi
della controversia, per rigetto dell’impugnazione relativa alla condanna della
società al pagamento delle differenze per T.f.r. conseguenti al superiore
inquadramento riconosciuto al lavoratore, determinate dal lavoratore sulla base
di un conteggio eccedente la somma massima di € 809,00, ricavabile dalla
rivalutazione annuale della quota di T.f.r. maturata sulle differenze
retributive per superiore inquadramento, pari a € 8.314,57, da dividere per
13,5, secondo un procedimento invece ritenuto erroneo dalla Corte territoriale,
sull’assunto di un meccanismo annuale di incremento previsto dall’art. 2120,
quarto comma c.c., non divisibile e dell’individuazione di tutti i parametri di
determinazione (primo motivo);

15. esso è inammissibile;

16. il motivo difetta di specificità, in violazione
del principio prescritto dall’art. 366, primo comma, n. 4 e n. 6 c.p.c., che
onera la parte che denunci l’omessa valutazione di un documento ovvero di una
prova testimoniale, sotto il profilo del vizio di motivazione, come appunto nel
caso di specie, di riprodurre il tenore esatto del documento, ovvero della
prova testimoniale, il cui omesso esame sia denunciato, riportandone il
contenuto, in modo da permettere siffatta valutazione di decisività (Cass. 28
febbraio 2006, n. 4405; Cass. 30 luglio 2010, n. 17915; Cass. 31 luglio 2012,
n. 13677; Cass. 3 gennaio 2014, n. 48; Cass. 10 agosto 2017, n. 19985), in
mancanza di una puntuale indicazione, né produzione o tanto meno trascrizione
del conteggio del lavoratore contestato;

16.1. inoltre, esso postula l’esistenza di una somma
richiesta dal lavoratore (in misura di € 5.729,89: ultimo capoverso, sub B di
pg. 19 del controricorso), addirittura prospettandone una valutazione di
congruità dalla Corte d’appello (secondo capoverso di pg. 23 del
controricorso), in assenza di alcuna sua determinazione quantitativa: posto che
la Corte capitolina si è limitata a dare atto della condanna del Tribunale al
pagamento, da parte della società, delle differenze per T.f.r. conseguenti al
riconoscimento del diritto del lavoratore alla superiore qualifica (primo
capoverso di pg. 2 della sentenza) e a indicare il corretto criterio di calcolo
di tali differenze (terzultimo capoverso di pg. 9 della sentenza);

16.2. il vizio motivo denunciato è poi
inconfigurabile, alla luce del novellato testo dell’art. 360, primo comma, n. 5
c.p.c. (Cass. s.u. 7 aprile 2014, n. 8053), tanto meno essendo ipotizzabile una
nullità della sentenza per mancanza o apparenza di motivazione, in
considerazione delle articolate ed argomentate ragioni esposte in merito dalla
Corte territoriale (al p.to 11 di pg. 9 della sentenza);

17. la società deduce violazione dell’art. 2697
c.c., per erronea ripartizione dell’onere della prova, a carico del lavoratore,
della concessione dalla società, a titolo di benefit, dei prelievi incontestati
(come neppure degli importi indicati) di carburante per uso personale, né di
estinzione del debito per essi contratto (secondo motivo);

18. anch’esso è inammissibile;

19. il motivo consiste in una mera reiterazione
della doglianza (come evidente dal p.to 12 di pgg. 9 e 10 della sentenza),
senza neppure confutazione dell’affermazione della Corte di “non”
essere stata “oggetto … di alcuna specifica censura” (al secondo capoverso
del p.to 13 di pg. 10 della sentenza) la negazione, da parte del Tribunale, di
un obbligo per i dipendenti di un corrispettivo per i prelievi di gasolio per
il rifornimento delle auto personali, sulla rilevata assenza di una
contabilizzazione mensile degli importi: ciò che comporta un’evidente
genericità del motivo, in violazione della prescrizione, a pena di
inammissibilità, dell’art. 366, primo comma, n. 4 c.p.c., che ne esige
l’illustrazione, con esposizione degli argomenti invocati a sostegno della
decisione assunta con la sentenza impugnata e l’analitica precisazione delle
considerazioni che, in relazione al motivo come espressamente indicato nella
rubrica, giustificano la cassazione della sentenza (Cass. 3 luglio 2008, n.
18202; Cass. 19 agosto 2009, n. 18421; Cass. 22 settembre 2014, n. 19959; Cass.
23 gennaio 2019, n. 1845);

20. la ricorrente incidentale deduce infine
violazione degli artt. 115, 244, 253 c.c., per mancato riconoscimento della
domanda riconvenzionale risarcitoria della società sotto il profilo (oltre che
del danno emergente, anche) del lucro cessante, sull’erronea esclusione di sua
mancata documentazione, nonostante le richieste istruttorie in tale senso e
comunque la non contestazione del pregiudizio patito, per i costi sostenuti per
sopperire con autotrasportatori esterni alle consegne alla committente, che
aveva negato il proprio gradimento ad alcuni interni, tra i quali C., per
ritardi nelle consegne (terzo motivo);

21. esso pure è inammissibile;

22. come noto, il vizio di violazione di legge è integrato
dalla deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento
impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge, implicante
un problema interpretativo; non invece, come nel caso di specie,
dall’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo
delle risultanze di causa, esterna all’esatta interpretazione della norma e
inerente alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è
possibile, in sede di legittimità, solo sotto l’aspetto del vizio di
motivazione (Cass. 11 gennaio 2016, n. 195; Cass. 13 ottobre 2017, n. 24155;
Cass. 5 febbraio 2019, n. 3340);

22.1. la censura mira piuttosto ad una rivalutazione
dei fatti storici operata dal giudice di merito (Cass. s.u. 27 dicembre 2019,
n. 34476; Cass. 4 marzo 2021, n. 5987), che ha accertato, in ordine all’azione
risarcitoria promossa dalla società con domanda in via riconvenzionale, la
mancata documentazione del danno per i maggiori costi asseritamente sostenuti
dalla società, ritenendo inidoneo un prospetto unilateralmente predisposto
(così al p.to b di pg. 11 della sentenza), a fronte dell’onere probatorio del
lucro cessante, in termini di certezza o di elevata probabilità, non di mera
potenzialità, sulla base di elementi oggettivi e certi (Cass. 13 luglio 2011,
n. 15385; Cass. 11 aprile 2017, n. 9312);

23. pertanto il ricorso principale deve essere
rigettato e l’incidentale dichiarato inammissibile, con la compensazione delle
spese del giudizio tra le parti e relativo raddoppio per entrambe del
contributo unificato, ove spettante nella ricorrenza dei presupposti
processuali (conformemente alle indicazioni di Cass. s.u. 20 settembre 2019, n.
23535);

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso principale e dichiara
inammissibile il ricorso incidentale; compensa interamente le spese del
giudizio tra le parti.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n.
115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte del ricorrente principale e della ricorrente incidentale,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto
per il ricorso principale e incidentale, a norma del comma 1 bis, dello stesso
art. 13, se dovuto.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 06 dicembre 2021, n. 38667
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