Il prestatore di servizi che abbia trasferito la sua sede di stabilimento in un altro Stato membro può, in seguito a tale modifica, svolgere liberamente, in via temporanea ed occasionale, la propria attività professionale nel suo Paese di origine e continuare ad utilizzare l’ufficio.

Nota a CGUE 2 settembre 2021, C- 502/20

Sonia Gioia

In materia di libera circolazione dei servizi e diritto di stabilimento, l’art. 5, par. 2, Direttiva 2005/36/CE (“relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali”) osta a una normativa dello Stato membro ospitante che “non consente a un professionista stabilito in un altro Stato membro di esercitare, in modo temporaneo e occasionale, la sua professione nel territorio dello Stato membro ospitante, per il fatto che detto professionista era stabilito in tale Stato membro in passato, che le prestazioni che fornisce presentano un certo carattere ricorrente o che egli si è dotato di un’infrastruttura, come un ufficio, in detto Stato membro”.

Lo ha affermato la Corte di Giustizia dell’Unione Europea (2 settembre 2021, C- 502/20), investita dal giudice belga (Corte d’Appello di Mons), in relazione ad una fattispecie concernente il diritto di un perito automobilistico di svolgere liberamente, in via temporanea ed occasionale, la propria attività professionale nello Stato membro in cui era precedentemente stabilito.

Al riguardo, il diritto comunitario consente alle persone fisiche e giuridiche che operano legalmente in uno Stato membro dell’Unione Europea di esercitare un’attività economica in un altro Stato membro su base stabile e continuativa (c.d. libertà di stabilimento) e fornire i loro servizi in altri Paesi dell’Unione su base temporanea pur restando nel loro Paese d’origine (c.d. libera prestazione dei servizi).

In particolare, la libertà di stabilimento implica il diritto di svolgere attività indipendenti, nonché di avviare e gestire imprese al fine di esercitare un’attività economica “per una durata di tempo indeterminata” e “per mezzo dell’insediamento in pianta stabile nello Stato membro di accoglienza”, alle stesse condizioni previste per i propri cittadini dalla legislazione del Paese di stabilimento, ex art.  49, TFUE (CGUE 22 novembre 2018, C-625/17; CGUE 30 novembre 1995, C- 55/94).

La libera prestazione di servizi, invece, ai sensi dell’art. 57, TFUE, si concreta nel diritto del professionista di esercitare, temporaneamente ed occasionalmente, la propria professione in un altro Stato membro, alle stesse condizioni dei cittadini che vi risiedono, ma senza un insediamento permanente (CGUE 22 novembre 2018 cit.).

L’elemento che contraddistingue la libera circolazione dei servizi rispetto alla libertà di stabilimento è il carattere temporaneo dell’attività svolta, che va accertato “caso per caso, in particolare in funzione della durata della prestazione stessa, della sua frequenza, della sua periodicità e della sua continuità” (art. 5, Dir. 2005/36 cit.).

In merito,  la Corte ha precisato che il requisito della  occasionalità non  esclude che il professionista stabilito in uno Stato membro possa offrire servizi “in maniera più o meno frequente o regolare, anche per un periodo prolungato” a persone stabilite in uno o più Stati membri o che possa dotarsi, nello Stato membro ospitante, di una certa infrastruttura, compreso un ufficio o uno studio, ove sia necessaria e funzionale all’erogazione del servizio stesso (CGUE 10 maggio 2012, da C-357/10 a C-359/10; CGUE 11 dicembre 2003, C-215/01).

Peraltro, il solo fatto che l’operatore economico sia stato, in passato, stabilito nello Stato membro ospitante non osta a che, nell’esercizio della libera prestazione dei servizi, egli possa esercitare la sua professione in tale Paese, spostandovisi da quello in cui è attualmente stabilito.

La distinzione tra libertà di stabilimento e prestazione di servizi costituisce giudizio di fatto riservato alle autorità competenti dello Stato membro di accoglienza, che hanno il diritto di verificare se il professionista invochi il regime ex art. 57 TFUE al solo scopo di sottrarsi abusivamente all’applicazione del diritto nazionale in materia di professioni, dal momento che  i prestatori di servizi sono dispensati dai più rigidi requisiti imposti ai professionisti stabiliti nel territorio dello Stato membro ospitante (considerando 11 e art. 5, Dir. 2005/36 cit.).

In attuazione di tali principi, la Corte ha riconosciuto il diritto del perito automobilistico di compiere  liberamente, nell’espletamento della propria attività professionale,  missioni nel territorio belga, ove era precedentemente stabilito, e di continuare ad utilizzare l’ufficio di cui disponeva, considerato che il solo fatto che il professionista fornisca i propri servizi in uno Stato membro in cui era in passato stabilito non è di per sé sufficiente  ad escludere il carattere temporaneo ed occasionale della prestazione resa.

Professionisti: diritto di stabilimento e libera circolazione di servizi
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