L’aumento retributivo retroattivo stabilito in sede di rinnovo del contratto collettivo (Dirigenza Medica Ospedali Classificati) si applica anche al lavoratore che nel frattempo ha cessato il proprio rapporto.
Nota a Cass. 25 ottobre 2021, n. 29906
Maria Novella Bettini
Se non diversamente indicato in modo chiaro ed univoco, il contratto collettivo applicato alla Dirigenza Medica Ospedali Classificati è applicabile indistintamente a tutto il personale in servizio nel periodo di riferimento, anche se non più in organico alla data dì sottoscrizione del nuovo contratto.
Lo ribadisce la Corte di Cassazione 25 ottobre 2021, n. 29906 (conf. ad App. Roma 27 marzo 2017), la quale rileva che la stessa Corte, in analoga fattispecie, in mancanza di una chiara intenzione comune delle parti sociali, aveva valutato il loro comportamento complessivo anche posteriore alla conclusione del contratto collettivo, ritenendo applicabili anche nei confronti dei dipendenti cessati dal servizio i benefici riconosciuti con effetto retroattivo dalla clausola del contratto collettivo per i dipendenti da case di cura private per gli anni 1988 – 1990 (Cass. n. 396/1998). Nello specifico, la Cassazione precisa che:
a) “Il lavoratore, che sia iscritto ad una associazione sindacale e così abbia dato mandato alla stessa per la stipulazione di un nuovo contratto collettivo, ha diritto all’applicazione delle disposizioni contenute in tale contratto, anche se lo stesso sia stipulato successivamente alla data in cui il suo rapporto di lavoro è terminato, qualora le parti contraenti abbiano espressamente attribuito efficacia retroattiva al nuovo contratto senza alcuna distinzione fra i dipendenti in servizio e quelli non più in servizio alla data della stipulazione” (Cass. n. 3811/1982; conf. Cass. n. 5281/1978);
b) In ogni caso, non esiste nel nostro ordinamento un principio di parità di trattamento economico dei lavoratori che impedisca alla disciplina collettiva di prevedere in determinate situazioni una differenziazione della retribuzione – seppur a parità di categoria e di mansioni – in occasione del rinnovo di un contratto collettivo, nonché aumenti retributivi, riconosciuti con effetto retroattivo, stabilendo che essi “spettino unicamente ai lavoratori in servizio alla data del rinnovo, e non anche ai lavoratori cessati dal servizio a tale data, ancorché in servizio nel precedente periodo, relativamente al quale siano stati (retroattivamente) attribuiti i miglioramenti retributivi”. Tuttavia, per escludere l’applicabilità degli effetti retroattivi del nuovo ccnl nei confronti dei lavoratori cessati dal servizio anteriormente alla data di conclusione di esso, occorre che il contratto limiti chiaramente i propri benefici ai soli lavoratori ‘in servizio’ alla data di conclusione del nuovo contratto collettivo (v. già Cass. n. 3811/1982, cit.);
c) a tali principi si è conformata la Corte di Appello di Roma, la quale ha: 1) accertato che sia il ccnl complessivamente considerato sia l’art. 55 del ccnl stesso (il quale prevede – retroattivamente – incrementi retributivi per il periodo 2002-2005) non specificano in alcun modo se le relative previsioni siano o meno applicabili al personale non più in servizio alla data di stipulazione della fonte regolatrice collettiva; 2) e rilevato, in applicazione del criterio di interpretazione complessiva delle clausole, come l’art. 62 del ccnl preveda espressamente l’applicabilità (integrale) degli aumenti ai fini della “determinazione del trattamento di quiescenza dei dirigenti comunque cessati dal servizio, con diritto a pensione, nel periodo di vigenza del presente quadriennio contrattuale”, osservando, al riguardo, che “non vi sono plausibili e convincenti ragioni che spieghino perché mai gli aumenti dovrebbero essere considerati erogabili al personale cessato dal servizio per quiescenza e non anche al personale cessato dal servizio (come nel caso di specie) per cause diverse”.
La vicenda:
La Corte di Appello di Roma ha respinto l’opposizione proposta dall’Istituto Figlie di San Camillo nei confronti del decreto ingiuntivo con il quale era stato intimato il pagamento, a favore del dott. A. G., delle differenze retributive maturate dall’1/1/2002 al 31/12/2005 per effetto dell’applicazione degli aumenti contrattuali previsti, per detto quadriennio, dal ccnl sottoscritto il 14 giugno 2007 (Dirigenza Medica Ospedali Classificati).
Nello specifico, la Corte di Appello ha ritenuto che il G. avesse diritto a tali differenze, sebbene il suo rapporto con l’Istituto fosse cessato (per assunzione da parte della ASL Roma C) il 31 agosto 2006 e, quindi, prima del rinnovo contrattuale, e ciò sulla base del principio, per il quale, ove contenga clausole migliorative a efficacia retroattiva, il ccnl è applicabile indistintamente a tutto il personale in servizio nel periodo di riferimento, anche se non più in organico alla data dì sottoscrizione del nuovo contratto; né poteva ritenersi che il ccnl 14 giugno 2007 avesse inteso escludere tale personale dal proprio campo di applicabilità, non rinvenendosi elementi in tal senso e comunque avendo il ccnl previsto la computabilità degli aumenti retributivi per gli anni 2002-2005 ai fini della determinazione del trattamento di quiescenza dei dirigenti medici cessati dal servizio, vale a dire in fattispecie comparabile a quella dedotta in giudizio.
L’Istituto aveva censurato l’interpretazione del ccnl 14 giugno 2007 offerta nella sentenza di appello, sostenendo che la Corte territoriale non aveva considerato che l’estensione al personale non più in servizio della disposizione retroattiva avente ad oggetto incrementi stipendiali per il quadriennio 2002-2005 doveva risultare espressamente dal testo del contratto e che, in difetto di una tale indicazione, l’estensione non poteva operare in via interpretativa.