Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 15 dicembre 2021, n. 40206

Licenziamento, Riconoscimento del rapporto di lavoro
subordinato, Domanda, Pagamento delle differente retributive maturate

Fatti di causa

 

La Corte di appello di Reggio Calabria con la
sentenza n. 1194/2015 aveva rigettato l’appello proposto da D.A.F. avverso la
decisione con cui il locale Tribunale aveva già rigettato la domanda dallo
stesso proposta nei confronti di D.C. e D. A. e M.G., diretta al riconoscimento
del rapporto di lavoro subordinato alle dipendenze della ditta Officine D. di
C. e F. D. snc dal 23 gennaio 1995 al 15 maggio 2008, data in cui assumeva di
essere stato licenziato, con la condanna dei datori di lavoro al pagamento
delle differente retributive maturate .

La corte territoriale, valutando la prova
testimoniale svolta in primo grado e la documentazione allegata, escludeva la
natura subordinata del rapporto in questione.

Avverso detta decisione D. A. proponeva ricorso
affidato ad un solo motivo, anche coltivato con successiva memoria, cui
resistevano con controricorso V.R. e D.R. quali eredi di D. C..

D. A. e M. G. rimanevano intimate.

 

Ragioni della decisione

 

1) Con unico motivo è dedotta la violazione e falsa
applicazione degli artt. 2094, 2727, 2729, 2967 c.c. e artt. 115
e 116 c.p.c., per la errata valutazione degli
indici di subordinazione e delle risultanze istruttorie a tal riguardo offerte.

Il motivo è inammissibile. Si richiama a riguardo il
principio secondo cui “È inammissibile il ricorso per cassazione con cui
si deduca, apparentemente, una violazione di norme di legge mirando, in realtà,
alla rivalutazione dei fatti operata dal giudice di merito, così da realizzare
una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non
consentito, terzo grado di merito” (Cass.n. 8758/017- Cass.n. 18721/2018). Secondo quanto evidenziato,
il richiamo al vizio di violazione di legge non può consentire il riesame o
l’esame delle questioni di fatto oggetto del giudizio di merito, perché tale
valutazione è estranea al giudizio di legittimità. La censura proposta rimette
in discussione le dichiarazioni dei testi escussi nel giudizio,  chiedendo il riesame delle stesse, con ciò
contravvenendo all’oggetto della valutazione riservata al giudice di
legittimità .

Deve inoltre soggiungersi che la fattispecie in
esame costituisce una ipotesi di “doppia conforme” poiché il giudizio
di appello è completamente confermativo di quello di primo grado. Secondo
l’orientamento già espresso da questa Corte ed al quale si intende dare seguito,
nell’ipotesi di “doppia conforme” prevista dal quinto comma dell’art.
348 ter cod. proc. civ., il ricorrente in cassazione, per evitare
l’inammissibilità del motivo di cui al n. 5 dell’art. 360 cod. proc. civ., deve
indicare le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e
quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che
esse sono tra loro diverse ( Cass. n.26774/2016; Cass. n. 5528/2014).

L’adesione del Giudice di appello rispetto al
giudizio di fatto espletato dal Tribunale rende evidente come quest’ultimo
costituisca il fondamento della decisione di rigetto dell’appello, rispetto
alla quale alcuna differente e opposta allegazione, circa l’eventuale contrasto
tra le decisioni , è stata invece formulata dal ricorrente. Per le esposte
ragioni il ricorso è inammissibile.

Le spese seguono il principio di soccombenza e si
liquidano, in favore delle controricorrenti, come da dispositivo.

Nulla spese per le parti rimaste intimate.

 

P.Q.M.

 

dichiara inammissibile il ricorso; condanna il
ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate, in favore dei
controricorrenti V.R. e R.D., in complessivi E. 4.000,00 per compensi ed E.
200,00 per spese oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di
legge.

Ai sensi dell’art. 13 comma quater del d.p.r. n. 115
del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo, a titolo di
contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma
1-bis, dello stesso articolo 13, ove dovuto.

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