L’infortunio occorso fuori dall’azienda per una “pausa caffè” non è indennizzabile.
Nota a Cass., ord., 8 novembre 2021, n. 32473
Francesco Belmonte
Ai fini dell’indennizzabilità dell’infortunio (ex art. 2, D.P.R. 30 giugno 1965 n. 1124) occorre che sussista sempre un nesso eziologico fra attività lavorativa e rischio assicurato, nel senso che il rischio indennizzabile, “anche se non è quello insito nelle mansioni svolte dall’assicurato (c.d. rischio specifico), non può comunque essere totalmente estraneo all’attività lavorativa, come nel caso di rischio elettivo, scaturito cioè da una scelta arbitraria del lavoratore il quale, mosso da impulsi personali, crei ed affronti volutamente una situazione diversa da quella inerente l’attività lavorativa, ponendo così in essere una causa interruttiva di ogni nesso fra lavoro, rischio ed evento”; mentre non è strettamente necessaria la circostanza che l’infortunio si sia verificato nel tempo e nel luogo della prestazione lavorativa.
In tale linea, si è espressa la Corte di Cassazione (ord. 8 novembre 2021, n. 32473), negando il diritto all’indennizzo ad una lavoratrice che aveva timbrato il cartellino in uscita per effettuare, insieme a due colleghe, la c.d. “pausa caffè” presso un bar vicino all’azienda e che, in tale frangente, era caduta mentre percorreva un breve tragitto a piedi procurandosi un trauma al polso destro.
In particolare, per i giudici di legittimità, non può essere ricondotta «alla “occasione di lavoro” l’attività, non intrinsecamente lavorativa e non coincidente per modalità di tempo o di luogo con le prestazioni dovute, che non sia richiesta dalle modalità di esecuzione imposte dal datore di lavoro o in ogni caso da circostanze di tempo e di luogo che prescindano dalla volontà di scelta del lavoratore» (cfr. Cass. n. 10910/1996 e Cass. n. 4298/1996).
«Quando, dunque, l’infortunio si verifica al di fuori, dal punto di vista spazio-temporale, della materiale attività di lavoro e delle vere e proprie prestazioni lavorative (si verifica, cioè, anteriormente o successivamente a queste, o durante una “pausa”), la ravvisabilità della “occasione di lavoro” è rigorosamente condizionata alla esistenza di circostanze che non ne facciano venir meno la riconducibilità eziologica al lavoro e viceversa la facciano rientrare nell’ambito dell’attività lavorativa o di tutto ciò che ad essa è connesso o accessorio in virtù di un collegamento non del tutto marginale».
Deve escludersi, quindi, nel caso di specie, l’indennizzabilità dell’infortunio subito dalla lavoratrice durante “la pausa caffè” – al di fuori dell’ufficio giudiziario ove prestava la propria attività e lungo il percorso seguito per andare al bar a prendere un caffè -, posto che la dipendente, “allontanandosi dall’ufficio per raggiungere un vicino pubblico esercizio, si è volontariamente esposta ad un rischio non necessariamente connesso all’attività lavorativa per il soddisfacimento di un bisogno certamente procrastinabile e non impellente, interrompendo così la necessaria connessione causale tra attività lavorativa ed incidente”.