L’ottemperanza all’ordine giudiziale di reintegrazione a seguito di annullamento del licenziamento ex art. 18 Stat. lav. implica il ripristino della posizione di lavoro del dipendente, il cui reinserimento nell’attività lavorativa deve quindi avvenire “nella sede precedentemente assegnata e nelle mansioni originariamente rivestite”, salvo che il datore di lavoro non intenda disporre il trasferimento del lavoratore ad altra unità produttiva che sia giustificato da sufficienti ragioni tecniche, organizzative e produttive. Con il c.d. rito Fornero (art. 1, co. 48, L. n. 92/2012), oltre alle domande relative all’impugnativa dei licenziamenti (nei casi regolati dall’art. 18 Stat. lav.), possono essere proposte anche domande fondate su fatti costitutivi già dedotti.

Nota a Cass. (ord.) 3 dicembre 2021, n. 38209

Emilio Balletti

L’ottemperanza da parte del datore di lavoro all’ordine giudiziale di reintegrazione (a seguito di annullamento del licenziamento ex art. 18 Stat. lav.) determina il ripristino della posizione di lavoro del dipendente. Tale reinserimento nell’attività lavorativa deve avvenire “nella sede precedentemente assegnata e nelle mansioni originariamente rivestite salvo che il datore di lavoro non intenda disporre il trasferimento del lavoratore ad altra unità produttiva, purché il mutamento della sede sia giustificato da sufficienti ragioni tecniche, organizzative e produttive. Ove tali condizioni manchino è configurabile una condotta datoriale illecita, che giustifica la mancata ottemperanza a tale provvedimento da parte del lavoratore, sia in attuazione di un’eccezione di inadempimento ai sensi dell’art. 1460 c. c., sia sulla base del rilievo che gli atti nulli non producono effetti” (v. Cass. 16/05/2013, n. 11927, 30/12/2009, n. 27844 e 07/01/1998, n. 77). Tale verifica, tuttavia, “non è funzionale, in maniera immediata e diretta, all’accertamento della legittimità del licenziamento ed alla sua tutela”.

Questo il principio ribadito dalla Corte di Cassazione (ord. 3 dicembre 2021, n. 38209, parz. difforme da App. L’Aquila), la quale precisa anche che, in base al c.d. rito Fornero (art. 1, co. 48, L. n. 92/2012), oltre alle domande relative all’impugnativa dei licenziamenti (nei casi regolati dall’art. 18 Stat. lav.) possono essere proposte anche domande fondate su fatti costitutivi già dedotti. Sono pertanto ammissibili, in via esemplificativa:

a) le domande di pagamento del t.f.r. e dell’indennità di preavviso. Ciò, poiché – dal momento che scaturiscono dalla cessazione del rapporto e sono fondate su fatti costitutivi già dedotti – il loro esame non comporta un indebito ampliamento del tema sottoposto a decisione e consente di evitare un frazionamento dei processi e delle pronunce in mero rito, permettendo che un’unica vicenda estintiva del rapporto di lavoro dia luogo ad un unico processo (v. Cass. n. 17107/2016);

b) “l’estensione dell’indagine all’esistenza di una giusta causa o della giustificatezza del recesso nel caso di impugnazione di licenziamento ritenuto discriminatorio o, ancora, per il caso di comporto breve in luogo di quello prolungato” (v. Cass. n. 9458/2019);

c) la domanda volta ad ottenere il pagamento della retribuzione dovuta ex art. 2126 c.c. nell’arco temporale compreso tra il provvedimento espulsivo e la sua esecuzione, in quanto fondata su identici fatti costitutivi dedotti nel processo di impugnazione del licenziamento nullo e perciò compatibile con le esigenze del rito Fornero (v. Cass. nn. 25169/2019; 5993/2019; 7586/2018 e 21959/2018).

In sintesi, sottolinea la Corte, la corretta individuazione della misura dell’indennità risarcitoria, conseguente all’accertamento dell’illegittimità del licenziamento, origina dalla cessazione del rapporto “fondata su fatti costitutivi già dedotti, e non comporta alcun ampliamento indebito del tema sottoposto a decisione, che è e resta quello dell’accertamento della illegittimità o meno del recesso e dell’individuazione… esatta delle conseguenze anche di tipo risarcitorio”.

Tale individuazione non può prescindere dalla corretta determinazione della misura della retribuzione da prendere a base per la sua quantificazione. “Unificazione necessaria e funzionale per evitare frazionamenti dei processi o pronunce in mero rito, permettendo, al contrario, … che un’unica vicenda estintiva del rapporto di lavoro dia luogo ad un unico processo”.

Riammissione in servizio e rito Fornero
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