Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 27 gennaio 2022, n. 2403

Licenziamento, Dirigente, Risarcimento del danno da perdita
di chances, Malattia professionale, Danno alla salute causato dall’attività
lavorativa svolta, Onere della prova

 

Rilevato che

 

1. il giudice di primo grado, in parziale
accoglimento del ricorso di F.M., respinte le altre domande, ha dichiarato la
illegittimità del licenziamento allo stesso intimato in data 16.4.2014 (per
superamento del periodo di comporto) e condannato la datrice di lavoro A.
s.p.a. al pagamento al dirigente della indennità supplementare liquidata in €
613.453,16, oltre accessori;

2. la Corte di appello di Milano, pronunziando
sull’appello principale di A. s.p.a. e sull’appello incidentale di F.M., in
parziale riforma della decisione di primo grado, nel resto confermata, ha
rideterminato in € 569.635,08, oltre accessori, la somma dovuta al M. a titolo
di indennità supplementare;

3. per la cassazione della decisione ha proposto
ricorso F.M. sulla base di sette motivi; A. s.p.a. ha resistito con tempestivo
controricorso e ricorso incidentale affidato a tre motivi; F.M. ha depositato
controricorso al ricorso incidentale di A. s.p.a; Itas Mutua- Istituto Trentino
Alto Adige per Assicurazioni- Società Mutua Assicurazioni (di seguito ITAS),
successore a titolo particolare di RSA-Sun Insurance Office Ltd- Rappresentanza
Generale e Direzione per l’Italia ha resistito con controricorso;

4. F.M. e A. s.p.a. hanno entrambi depositato
memoria ai sensi dell’art. 380 – bis
.1. cod. proc. civ. ;

 

Considerato che

 

Ricorso principale di F.M.

1. con il primo motivo di ricorso principale F.M.
deduce violazione e/falsa applicazione degli artt. 1362 e sgg. cod. civ., degli
artt. 1218, 1223, 1374, 1890, 1891, 2697 cod. civ., dell’art.112 cod.proc.
civ., degli artt. 40 e 41 cod. pen.,, dell’art. 3 d.P.R. n. 1124/1965 e del
contratto collettivo nazionale di lavoro per i dirigenti di azienda produttrici
di beni e servizi (art. 12 e relative Dichiarazioni a verbale), censurando il
rigetto della domanda con la quale aveva chiesto, previo accertamento della
origine professionale della malattia psichica sofferta a partire dal 15 ottobre
2012, la condanna della società datrice di lavoro al risarcimento del danno per
mancata stipula della polizza assicurativa prevista dal comma 2 dell’art. 12
c.c.n.I. a copertura del rischio per infortunio o malattia professionale;
sostiene che la dizione di malattia professionale utilizzata nella previsione
collettiva doveva essere interpretata in senso atecnico come riferita a tutte
le ipotesi di malattia occasionata dall’attività di lavoro, secondo una nozione
di causa di servizio mutuabile dall’art 68 d. P.R. n. 3/1957;

2. con il secondo motivo di ricorso, deducendo
violazione e falsa applicazione di plurime norme di diritto (art. 2087 cod.
civ. anche in relazione all’art. 2104 cod. civ., artt. 1218, 1223, 1374, 2110, 1059 cod. civ., art.
1,3,68,73, 211 d. P.R. in. 1124/1965, art. 32, 38, 41, comma 2 . Cost.,
art. 4 e 10 comma 4, d. Igs n. 38/2000, art. 15, 28, 29, 30, 36, 37, 41 d. Igs
n. 81/2008, D.M. 28.1.2008, Accordo Quadro Europeo dell’8-10-2004 e Accordo
Interconfederale del contratto collettivo nazionale di lavoro per i dirigenti
di azienda produttrici di beni e servizi (artt. 1, 11 e 12 e relative Dichiarazioni
a verbale), censura la sentenza impugnata per avere respinto la domanda di
risarcimento del danno, che assume frutto della errata interpretazione e
applicazione dell’art. 2087 cod. civ. in tema di oneri di allegazione e prova
delle parti al fine della configurazione della responsabilità datoriale;

3. con il terzo motivo di ricorso deduce violazione
e falsa applicazione di norme di diritto – nullità della sentenza e del
procedimento (art. 111 Cost., artt.132, comma 2, n. 4, 421, 424, 441 e 445 cod.
proc. civ., art. 118 disp. att. cod. proc. civ.) censurando la sentenza
impugnata, nell’ipotesi in cui non risultasse accertato il nesso di causalità,
per la mancata ammissione, in assenza di motivazione giustificativa, della
consulenza tecnica medico- legale volta ad appurare, oltre al danno lavorativo
e alla salute del ricorrente, anche la causa della malattia;

4. con il quarto motivo di ricorso deduce nullità
della sentenza e del procedimento e/o vizio di motivazione (art.Ili Cost.,
artt. 132, comma 2 n. 4, 112, 115, 116, cod. proc. civ e art. 118 disp att.
cod. proc. civ.) denunziando apparenza di motivazione in relazione a quasi
tutte le statuizioni sui motivi di appello, non avendo la Corte dato
adeguatamente conto delle doglianze articolate da esso M.;

5. con il quinto motivo deduce violazione e falsa
applicazione di norme di diritto e nullità della sentenza (artt. 414, 99, 112,
132, comma 2 n. 4, 421, 424, 441 cod. proc. civ., art. 111 Cost.), censurando
il rigetto della domanda intesa ad ottenere il pagamento dell’importo di €
220,000,00 previsto dall’art. 12, comma 5, c.c.n.I. – domanda formulata in via
subordinata rispetto a quella diretta ad ottenere il pagamento della maggior
somma prevista dal comma 2 dell’art. 12 del contratto collettivo – rigetto
motivato dal giudice di appello sul rilievo della mancanza di conclusioni a
riguardo spiegate nella originaria domanda; sostiene, infatti, che la decisione
si poneva in contrasto con il principio che impone la individuazione del
contenuto della domanda sulla base di una lettura complessiva dell’atto;

6. con il sesto motivo deduce violazione e falsa
applicazione di norme di diritto censurando il rigetto della domanda intesa al
risarcimento del danno da perdita di chances per la mancata sottoposizione al
dirigente da parte di A. degli obiettivi contrattualmente previsti al fine del
conseguimento del premio di risultato;

7. con il settimo motivo deduce violazione e falsa
applicazione di norme del contratto collettivo e degli artt. 1362 e sgg.;
censura la sentenza impugnata per non avere accolto la domanda di
“compensazione” della mensilità di indennità supplementare
riconosciuta in eccesso in prime cure e formula considerazioni relative alla
incidenza sulla indennità di preavviso, quale parametro contrattuale da utilizzare
per la quantificazione della indennità di cui all’art. 19 c.c.n.I. , delle
ferie, del tfr e del premio di produzione;

Ricorso incidentale di A. s.p.a.

8. con il primo motivo di ricorso incidentale la
società ricorrente deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 cod.
proc. civ. e dell’art. 429 cod. proc. civ. censurando la sentenza impugnata per
avere omesso di pronunziare sulla domanda di condanna del M. alla restituzione
delle somme corrisposte in più quale effetto della rideterminazione della indennità
supplementare e sulla domanda di condanna agli interessi legali e alla
rivalutazione sul maggiore importo erogato in forza della sentenza di primo
grado;

9. con il secondo motivo di ricorso censura la
sentenza impugnata per avere confermato la illegittimità del licenziamento ed
affermato l’interesse del lavoratore alla prosecuzione del rapporto, interesse
che assume escluso dalla complessiva condotta del dirigente;

10. con il terzo motivo di ricorso deduce violazione
e falsa applicazione delle norme del contratto collettivo, deH’art. 115 cod.
proc. civ. e dell’art. 2697 cod. civ, censurando il rigetto della domanda di
accertamento della sussistenza della copertura assicurativa relative alle
malattie professionali;

Esame dei motivi del ricorso principale

11. il primo motivo di ricorso principale è
inammissibile;

11.1. occorre premettere che nello storico di lite
del ricorso per cassazione il M. allega di avere formulato domanda di condanna
al pagamento di una somma pari a sei annualità della retribuzione di fatto in
ossequio al disposto dell’art. 12, commi 2, 3 e 4 del contratto collettivo
applicabile non avendo la società provveduto a stipulare la polizza
assicurativa per la copertura di malattie professionali o infortuni del
dirigente prevista dalla norma collettiva; deduce di avere in subordine chiesto
il pagamento della minor somma di € 220,000 per violazione dell’obbligo di
stipula della polizza per malattie comuni;

11.2. dalla sentenza impugnata si evince che il M.
in secondo grado aveva chiesto, in via subordinata, a titolo di risarcimento
del danno da inadempimento contrattuale, la condanna della società alla somma
di € 220.000,00 di cui alla polizza assicurativa ex art. 12, commi da 1 a 5 del
contratto collettivo applicabile, polizza non stipulata dalla società datrice,
e che A. s.p.a., a sua volta, aveva chiesto in via incidentale l’accertamento
che il contratto assicurativo stipulato con RSA fosse inclusivo anche del
rischio malattie professionali con relativo obbligo di manleva a carico della
società assicuratrice (v. sentenza pag. 4, secondo capoverso);

11.3. la Corte di appello affronta la sola questione
relativa alla domanda subordinata di accertamento dell’inadempimento
dell’obbligo di stipula della polizza per malattie comuni (senza trattare il
tema della stipula della polizza per malattie professionali) e ritiene a
riguardo il difetto di rituale domanda (v. sentenza, pag. 12) evidenziando,
inoltre, la implicita esclusione da parte del giudice di primo grado del
presupposto – diminuzione della capacità lavorativa specifica nella misura di
2/3- per la operatività della detta copertura assicurativa;

11.4. ciò posto, rilevato che la specifica questione
dell’inadempimento all’obbligo di stipula della polizza per malattie
professionali non è stato affrontato dalla sentenza impugnata, per evitare
l’inammissibilità dovuta alla novità della questione, parte ricorrente avrebbe
dovuto dimostrarne la rituale e tempestiva deduzione in primo grado e in
appello (Cass. n. 20694 de 2018, Cass. n. 15430 del 2018, Cass. n. 23675 del
2013). Tale onere non è stato assolto stante la inidoneità del rinvio per
relationem, all’atto di appello, come formulato in ricorso (v. ricorso per
cassazione, pag. 17), rinvio che priva il motivo della indispensabile
specificità e completezza necessarie a consentire l’individuazione, sulla base
della sola lettura del ricorso per cassazione e senza il sussidio di altre
fonti, l’immediata e pronta risoluzione delle questioni da risolvere, non
essendo la Corte di cassazione tenuta a ricercare, al di fuori del contesto del
ricorso, le ragioni che dovrebbero sostenerlo (Cass. n. 4840 del 2006, Cass, n.
16360 del 2004, Cass. Sez. Un. n. 2602 del 2003, Cass. n. 4743 del 2001); i
rilievi formulati assorbono la necessità di esame delle ulteriori questioni
prospettate in tema di corretta interpretazione della previsione collettiva;

12. il secondo motivo del ricorso principale è
fondato;

12.1. la sentenza impugnata ha respinto il motivo
con il quale il M. si era doluto del rilievo che nell’accertamento della
responsabilità datoriale connessa alla violazione dell’art. 2087 cod. civ. era
stato conferito alla colpa del lavoratore; il giudice di primo grado aveva,
infatti, escluso il nesso causale tra il danno addotto e la condotta della
società ritenendo irrilevante che la malattia fosse stata occasionata
nell’ambito dello svolgimento dell’attività lavorativa e ravvisando
esclusivamente nel M. la fonte e la causa dei disagi denunziati; il giudice di
appello prosegue in questo ordine di idee valorizzando la circostanza della
posizione apicale del M. per cui lo stesso ben avrebbe potuto, in sintesi,
modulare diversamente la propria prestazione nel senso di assicurarsi la
adeguata fruizione delle ferie, ridimensionare i carichi di lavoro ecc. ;

12.2. la Corte distrettuale, laddove mostra di individuare
nella condotta del lavoratore un fattore esclusivo di interruzione del nesso
causale tra la condotta datoriale e l’eventuale danno derivato al M. dalle
gravose modalità di espletamento dell’attività lavorativa, incorre in errore di
diritto; secondo la condivisibile giurisprudenza di questa Corte, infatti, ai
fini dell’accertamento della responsabilità del datore di lavoro, ex art. 2087
cod. civ. – la quale non configura un’ipotesi di responsabilità oggettiva – al
lavoratore che lamenti di aver subito, a causa dell’attività lavorativa svolta,
un danno alla salute, incombe l’onere di provare l’esistenza di tale danno, la
nocività dell’ambiente di lavoro ed il nesso causale fra questi due elementi,
gravando invece sul datore di lavoro, una volta che il lavoratore abbia provato
le suddette circostanze, l’onere di dimostrare di avere adottato tutte le
cautele necessarie ad impedire il verificarsi del danno e, tra queste, di aver
vigilato circa l’effettivo uso degli strumenti di cautela forniti al dipendente
non potendo il datore medesimo essere totalmente esonerato da responsabilità in
forza dell’eventuale concorso di colpa del lavoratore, se non quando la
condotta di quest’ultimo, in quanto del tutto imprevedibile rispetto al
procedimento lavorativo “tipico” ed alle direttive ricevute,
rappresenti essa stessa la causa esclusiva dell’evento (Cass. n. 3786 del 2009,
Cass. n. 4656 del 2011, Cass. n. 27127 del 2013);

12.3. è stato in particolare precisato che in
materia di responsabilità dell’imprenditore ex art. 2087 cod. civ., gli effetti
della conformazione della condotta del prestatore ai canoni di cui all’art.
2104 cod. civ., coerentemente con il livello di responsabilità proprio delle
funzioni e in ragione del soddisfacimento delle ragioni dell’impresa, non
integrano mai una colpa del lavoratore (Cass. n. 9945 del 2014) e che ai fini
della sussistenza della responsabilità ex art. 2087 cod. civ., in relazione
all’eccessivo carico di lavoro è irrilevante l’assenza di doglianze mosse dal
lavoratore, così come l’ignoranza delle particolari condizioni in cui sono
prestate le mansioni affidate ai dipendenti, che, salvo prova contraria, si
presumono conosciute dal datore di lavoro in quanto espressione ed attuazione
concreta dell’assetto organizzativo adottato dall’imprenditore. (Cass. n. 9945/
2014 cit. e Cass. n. 14313 del 2017); in questa prospettiva è stata altresì
esclusa la possibilità di monetizzazione delle ferie non fruite ( v. Cass,.
15952 del 2021 e giurisprudenza ivi citata)

12.4. in applicazione dei richiamati principi, il
fatto che il lavoratore, per la sua posizione apicale, avesse la possibilità di
modulare da un punto di vista organizzativo la propria prestazione, anche in
relazione ai carichi di lavoro, alle modalità di fruizione delle ferire e dei
riposi, non costituisce fattore di esclusione della responsabilità datoriale
residuando pur sempre in capo al soggetto datore di lavoro un obbligo di
vigilanza del rispetto di misure atte a prevenire conseguenze dannose per la
salute psicofisica del dipendente lavoratore al quale connettere la
responsabilità ex art. 2087 cod. civ. salva la ipotesi che la condotta del
lavoratore si configuri come abnorme e del tutto imprevedibile;

12.5. dalle considerazioni che precedono deriva la
cassazione in parte qua della decisione con rinvio per il riesame della
concreta fattispecie alla luce dei principi richiamati;

13. l’accoglimento del secondo motivo di ricorso
principale assorbe la necessità di esame del terzo motivo;

14. il quarto motivo di ricorso è inammissibile in
quanto la censura di apparenza di motivazione risulta genericamente
argomentata; la tecnica di redazione del motivo, connotata dal mero rinvio ai
motivi di appello quali riassunti dalla sentenza impugnata, non è idonea, già
prima facie, a consentire sulla base della sola lettura del ricorso per
cassazione, la verifica del vizio formalmente denunziato; il motivo inoltre
presenta un ulteriore profilo di inammissibilità derivante dall’errore
concettuale alla base della censura articolata che è quello di ritenere
integrata la violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4 cod. proc. civ. per il
solo fatto della mancata risposta alle specifiche tesi difensive ed ai relativi
argomenti laddove l’apparenza di motivazione è riscontrabile solo quando, pur a
fronte di una motivazione graficamente esistente, non sia percepibile il
fondamento della decisione perché la relativa esposizione reca argomentazioni
illogiche, contraddittorie o perplesse tali da non permettere di individuarle,
cioè di riconoscerle come giustificazione del decisum (v. tra le altre, Cass.
Sez. Un. n. 22232 del 2016, Cass., n. 9105 del 2017; Cass. n. 20112/2009);

15. il quinto motivo di ricorso è inammissibile;

15.1. parte ricorrente, laddove assume che sulla
base della inesatta interpretazione dell’atto introduttivo non è stata
esaminata la domanda subordinata relativa alla mancata stipula della polizza
per malattie comuni, mostra di denunziare l’error in procedendo del giudice di
merito (Cass. n. 214121 del 2014, Cass. n. 17109 del 2009), la verifica del
quale da parte del giudice di legittimità, verifica possibile mediante l’esame
diretto dell’atto, rende indispensabile la trascrizione del contenuto della
originaria domanda, come viceversa non avvenuto (Cass. n. 12664 del 2012, Cass.
n. 4840 del 2006);

16. il sesto motivo di ricorso è inammissibile;

16.1. la sentenza impugnata ha respinto la domanda
risarcitoria per perdita di chances, richiamando la valutazione di prime cure,
che aveva ritenuto, fra l’altro, “comprensibile” la mancata
erogazione del bonus, stante la crisi attraversata dalla società, e osservato
che non erano stati dedotti, neppure in via indiziaria, elementi da cui
desumere che vi fossero le condizioni di maturazione del diritto a tale
emolumento;

16.2. parte ricorrente non censura validamente la
statuizione di rigetto in quanto si limita ad allegare, senza dimostrare
mediante completo ed esaustivo riferimento agli atti di causa ed al contenuto
della originaria domanda, che la deduzione formulata concerneva, come asserisce
in ricorso, (non il riconoscimento tout court del diritto al bonus ma) la
violazione dell’obbligo di instaurare comunque una trattativa che potesse
comportare un accordo sugli obiettivi da raggiungere; tantomeno trascrive, in
violazione del disposto dell’art. 366, comma 1 n. 6 cod. proc. civ., il
contenuto del contratto individuale dal quale scaturiva il dedotto obbligo;

17. il settimo motivo di ricorso è inammissibile per
difetto di pertinenza con le ragioni della decisione;

17.1. la sentenza impugnata ha confutato l’affermazione
del M. circa il fatto che la somma liquidata in più dal primo giudice in
relazione alla indennità supplementare fosse comunque dovuta in considerazione
di altre voci retributive spettanti al dirigente (ferie maturate sul preavviso,
quota premio di produzione); ha in particolare osservato che la doglianza,
oltre ad essere formulata in modo generico in quanto non faceva comprendere per
quale ragione e secondo quale calcolo tali voci ammonterebbero alla differenza
liquidata per eccesso dal primo giudice, era comunque infondata in quanto non
erano indicati elementi, neanche nel ricorso di primo grado, per calcolare
l’ulteriore eventuale incidenza di tali voci ;

17.2.  parte
ricorrente non si confronta con la valutazione di genericità, inidonea quindi a
determinare una pronunzia nel merito, della deduzione, valutazione configurante
autonoma ratio decidendi giustificatrice del mancato accoglimento della
pretesa; tanto meno specifica con riferimento all’originaria domanda le voci
che avrebbero determinato il “credito” da portare in compensazione;

17.3. tanto è sufficiente a determinare la
inammissibilità del motivo in esame;

Esame dei motivi di ricorso incidentale

18. Preliminarmente deve essere disattesa la
eccezione di tardività del ricorso incidentale di A. s.p.a. formulata dal
ricorrente principale;

18.1. premesso che il controricorso con ricorso
incidentale è stato notificato al M. a mezzo p.e.c. il 20 aprile 2018 ed è
quindi tempestivo (perché nel rispetto del termine di 40 giorni dalla notifica
del ricorso principale – 19 marzo 2018), la tesi del ricorrente principale
secondo la quale in capo alla società datrice l’interesse ad impugnare
preesisteva alla notifica del ricorso principale con il quale era stato
impugnato un capo della decisione di secondo grado autonomo rispetto a quello
investito con ricorso incidentale è da respingere alla luce della
giurisprudenza maggioritaria di questa Corte secondo la quale la impugnazione
incidentale tardiva è sempre ammissibile, a tutela della reale utilità della
parte, ove l’impugnazione principale metta in discussione l’assetto d’interessi
derivante dalla sentenza cui la parte non impugnante aveva prestato
acquiescenza, con la conseguenza che è ammissibile anche se riguarda un capo
della decisione diverso da quello oggetto del gravame principale, o se investe
lo stesso capo per motivi diversi da quelli già fatti valere, (Cass., n. 25285
del 2020, Cass., n. 15770 del 2018);

19. il primo motivo di ricorso incidentale è
fondato;

19.1. è innanzitutto da escludere l’eccepito difetto
di interesse ad impugnare fondato sulla considerazione che la medesima società
aveva dato atto dei versamenti rateali delle somme pretese in restituzione
dalla società, versamenti effettuati spontaneamente dal M.; invero, alla
stregua di quanto prospettato dalla odierna ricorrente incidentale, tra le
parti residuava comunque un profilo di contrasto in ordine agli accessori sulle
somme restituende (v. controricorso con ricorso incidentale, pag. 28) ed
inoltre la spontanea esecuzione da parte del M. dell’obbligo restitutorio
secondo un piano rateale, non esclude l’utilità giurìdica per l’odierna
ricorrente incidentale ad ottenere una statuizione di condanna alla
restituzione, suscettibile di essere portata ad esecuzione in caso di mancato
integrale adempimento del detto obbligo restitutorio e comunque configurante
titolo per la legittima trattenuta delle somme spontaneamente corrisposte dal
lavoratore;

19.2. nel merito si osserva che la sentenza di
appello, pur dando atto della domanda di A. di restituzione delle somme
risultate non dovute, con relativi accessori, (v. sentenza, pag. 15, terzo
capoverso), e pur dichiarando di accogliere la domanda in questione (sentenza,
pag. 17, sesto capoverso), non adotta alcuna corrispondente statuizione nel dispositivo
che si limita alla rideterminazione della indennità supplementare;

19.3. sussiste quindi il denunziato vizio di
violazione della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato alla stregua
del quale si impone la cassazione della decisione in parte qua con rinvio alla
Corte di merito anche per il riesame della domanda relativa agli accessori;

20. il secondo motivo di ricorso incidentale è
inammissibile per novità della questione sollevata;

20.1. premesso che la sentenza impugnata ha ritenuto
in contrasto con gli obblighi di correttezza e buona fede il diniego del datore
di lavoro, in assenza di apprezzabile motivo, di concedere al dipendente le
ferie richieste al fine di evitare il licenziamento per superamento del periodo
di comporto e che tale decisione è coerente con l’insegnamento di questa Corte
(Cass. n. 5078 del 2009, Cass. n. 7433 del 2016), la censura incentrata
sull’assenza di interesse dimostrata dal M. alla prosecuzione del rapporto con
A. s.p.a. introduce una quaestio facti in relazione alla quale occorreva, al
fine della relativa ammissibilità (Cass., n. 20694 del 2018, Cass., n. 15430
del 2018, Cass., n. 23675 del 2013, cit.) la allegazione e dimostrazione della
avvenuta rituale deduzione di tale questione nel giudizio di merito, come
viceversa non avvenuto;

21. il terzo motivo di ricorso incidentale è
inammissibile per difetto di pertinenza delle censure articolate – che
concernono il merito della domanda volta all’accertamento della copertura
assicurativa inclusiva anche delle malattie professionali – con la effettiva
ragione alla base del decisum sul punto, rappresentata dall’ assorbimento della
questione per effetto del rigetto della domanda del M. volta all’accertamento
della origine lavorativa della patologia sofferta;

22. in conclusione, in base alle considerazioni in
fatto ed in diritto che precedono, deve essere accolto il secondo motivo di
ricorso principale, con dichiarazione di inammissibilità degli altri motivi e
assorbimento del terzo motivo; deve essere altresì accolto il primo motivo di
ricorso incidentale, assorbito il secondo motivo, e dichiarato inammissibile il
terzo;

23. alla Corte di rinvio è demandato il regolamento
delle spese del giudizio di legittimità;

 

P.Q.M.

 

Accoglie il secondo motivo di ricorso principale,
dichiara inammissibili gli altri, assorbito il terzo motivo; accoglie il primo
motivo di ricorso incidentale, assorbito il terzo, e dichiara inammissibile il
secondo; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia,
anche ai fini del regolamento delle spese di legittimità, alla Corte di appello
di Milano, in diversa composizione.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 27 gennaio 2022, n. 2403
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