Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 01 febbraio 2022, n. 3076
Lavoro, Apprendista idraulico, Anticipo dell’indennità di
malattia, Recupero della prestazione
Rilevato che
1. la Corte territoriale, con la sentenza impugnata,
in riforma della pronuncia di primo grado, ha rigettato l’opposizione proposta
da C.S. avverso il decreto ingiuntivo con cui era stato ingiunto il pagamento
della somma di euro 2.140,00, oltre interessi, in favore di G.B. “per
retribuzioni non corrisposte nel periodo gennaio – maggio 2007, durante il
quale non aveva potuto prestare la propria attività lavorativa di apprendista
idraulico, alle dipendenze del S., per malattia”;
2. la Corte – per quanto qui ancora interessa – ha
ritenuto “legittimato passivo”, rispetto all’azione proposta dal lavoratore,
“il datore di lavoro sussistendo il suo inderogabile obbligo di anticipare
l’indennità di malattia al dipendente al momento della corresponsione della
retribuzione”; ha inoltre ritenuto indimostrato il pagamento;
3. per la cassazione di tale sentenza ha proposto
ricorso C.S. con 3 motivi;
non ha svolto attività difensiva l’intimato;
Considerato che
1. con il primo motivo di ricorso si denuncia
“violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1 del d.l. n. 663/79,
conv. con modif. nella l. n. 33/80 e dell’art. 2110 c.c.”, assumendo che la Corte pugliese
avrebbe ritenuto erroneamente legittimato passivo per la domanda di pagamento
dell’indennità di malattia il datore di lavoro e non piuttosto l’INPS;
con il secondo mezzo si deduce, nel caso la Corte
adita non ritenesse sussistente “il denunziato vizio di carenza di
legittimazione passiva”, la nullità della sentenza per violazione dell’art. 102 c.p.c., eccependo la violazione del
principio del contraddittorio per la mancata partecipazione al giudizio del
litisconsorte necessario INPS;
il terzo motivo denuncia violazione e falsa
applicazione dell’art. 2 l. n. 4
del 1953 e dell’art. 2697 c.c., deducendo
che, in presenza di buste paga sottoscritte per “quietanza” è il lavoratore
tenuto a provare la non veridicità di tale risultanza documentale;
2. il primo motivo è fondato;
questa Corte, nel caso di prestazioni previdenziali
in cui il datore di lavoro è chiamato ad anticipare gli importi al lavoratore
nella veste di adiectus solutionis causa, salvo conguaglio, ha ritenuto la
legittimazione passiva dell’INPS, quale effettivo titolare dal lato passivo del
rapporto obbligatorio;
si è così affermato che l’indennità di maternità,
dovuta dall’INPS ai sensi dell’art.
1 del d.l. n. 663 del 1979, convertito in l. n.
33 del 1980, viene corrisposta all’avente diritto a cura del datore di
lavoro in funzione di adiectus solutionis causa; ne consegue che “nella
controversia promossa dalla lavoratrice per ottenere il pagamento della
suddetta indennità è l’INPS il soggetto legittimato passivo, non rilevando in
contrario la circostanza che il datore di lavoro, adducendo di aver corrisposto
l’indennità in questione, abbia già effettuato il conguaglio fra la somma ad
essa corrispondente ed i contributi dovuti” (Cass.
n. 639 del 1997);
analogamente, “unico obbligato all’erogazione degli
assegni familiari è l’INPS, mentre il datore di lavoro, quando corrisponde i
relativi importi, assume la posizione di semplice adiectus solutionis causa e
pertanto solo l’Istituto predetto – e non il datore di lavoro – è legittimato
passivamente nelle controversie relative al pagamento di tale prestazione
previdenziale” (Cass. n. 862 del 1988; Cass. n. 1186 del 1985; Cass. n. 1646
del 1982; Cass. n. 1973 del 1981);
pure in tema di cassa integrazione guadagni, l’INPS
è parte del rapporto previdenziale che si instaura per effetto del
provvedimento di concessione dell’integrazione salariale, ancorché, nella
ipotesi normale, il datore di lavoro sia tenuto ad anticipare la prestazione ai
dipendenti, ottenendo dall’Inps il rimborso delle somme versate per conto dello
stesso in qualità di adiectus solutionis causa, con la conseguenza che “l’Inps
è legittimato passivamente nel giudizio promosso per il pagamento della
prestazione previdenziale” (Cass. n. 2760 del 2003);
è incontroverso che anche l’indennità di malattia è
dovuta dall’INPS e viene corrisposta all’avente diritto a cura del datore di
lavoro in funzione di adiectus solutionis causa (Cass. n. 11296 del 2000),
tanto che, qualora l’indennità di malattia, anticipata dal datore di lavoro,
risulti non dovuta, l’unico soggetto legittimato al recupero della prestazione
indebitamente erogata è l’INPS, e non il datore di lavoro a cui non spetta
alcuna valutazione in ordine ai presupposti condizionanti le spettanze
dell’indennità (Cass. n. 4274 del 2017; Cass. n.
19316 del 2021) e solo nel caso di domanda di restituzione del trattamento
economico spettante al dipendente per la quota eccedente la corrispondente
indennità di malattia, non viene in rilievo il rapporto previdenziale, per cui
sussiste la legittimazione del datore di lavoro in quanto solvens e non
adiectus solutionis causa (Cass. n. 4274 del 2017);
pertanto, ha errato la Corte territoriale a
riformare la pronuncia di primo grado che aveva ritenuto l’INPS obbligato a
corrispondere la prestazione in controversia;
3. l’accoglimento del primo motivo determina l’assorbimento
del secondo, proposto in via subordinata, e del terzo, successivo in ordine
logico-giuridico; deriva che la sentenza impugnata deve essere cassata in
relazione al motivo accolto, con rinvio al giudice indicato in dispositivo che
si uniformerà a quanto statuito, provvedendo anche sulle spese;
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli
altri, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla
Corte di Appello di Lecce – sez. dist. di Taranto, in diversa composizione,
anche per le spese.