In caso di contestazione tardiva dei fatti viene meno la rilevanza disciplinare dei medesimi e, dunque, la sussistenza del fatto, con conseguente reintegrazione del lavoratore ai sensi dell’art. 18 Stat. Lav., co.4.
Nota a Trib. Ravenna (ord.) 12 gennaio 2022
Francesco Belmonte
“Se un fatto non è stato tempestivamente represso, non avendo avuto il datore di lavoro alcun interesse a sanzionarlo in tempo utile, il licenziamento tardivo è evidentemente avvenuto non per quel fatto, sul quale si è appunto soprasseduto; dunque, il fatto non può sussistere (giuridicamente) come fondamento di quel determinato, tardivo licenziamento (essendo irrilevante stabilire se, col senno di poi, tale fatto, laddove tempestivamente contestato, sarebbe stato sussistente o meno)”. Pertanto, “l’inerzia del datore di lavoro di fronte alla condotta astrattamente inadempiente del lavoratore può essere considerata quale dichiarazione implicita, per facta concludentia, dell’insussistenza in concreto di alcuna lesione del suo interesse” con conseguente applicazione della tutela reintegratoria.
Lo afferma il Tribunale di Ravenna (ord.12 gennaio 2022) il quale, dopo aver accertato l’illegittimità di un licenziamento disciplinare basato su numerose contestazioni tardive (ed altre generiche o di circostanza ritenute non rilevanti), ha disposto la reintegrazione del lavoratore ai sensi dell’art. 18, co. 4, Stat. Lav., discostandosi dall’orientamento delle S.U. della Cassazione (Cass. S.U. 27 dicembre 2017, n. 30985, annotata in q. sito da G. CATANZARO) secondo cui il licenziamento illegittimo per fatto tardivamente contestato dovrebbe dar luogo alla tutela indennitaria forte, di cui al co. 5 dell’art. 18.
Secondo il Tribunale, un fatto su cui il datore abbia “inequivocabilmente” soprasseduto “al momento della commissione dello stesso e nell’arco di tempo necessario per la sua emersione e valutazione”, è da ritenersi “giuridicamente” insussistente laddove posto a fondamento di un licenziamento tardivo, con conseguente applicazione del co.4, dell’art. 18 Stat. Lav.
In altri termini, la prolungata inerzia del datore di fronte al comportamento del dipendente può essere considerata quale dichiarazione implicita della volontà di non perseguire il fatto e, quindi, dell’insussistenza di una lesione in concreto dei propri interessi. E la mancanza di antigiuridicità della condotta comporta l’insussistenza del fatto tardivamente contestato con successiva tutela reintegratoria/reale che si sostanzia, nel caso di specie, nella reintegrazione del dipendente nel posto di lavoro, nella corresponsione, in suo favore, di un’indennità risarcitoria limitata nel massimo a 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto (con deduzione dell’aliunde perceptum e dell’aliunde percipiendum) e nel versamento dei contributi previdenziali e assistenziali.
(In dottrina, sul tema, v., tra i tanti, E. BALLETTI, Le sanzioni in tema di licenziamento illegittimo nel contratto di lavoro a tutele crescenti, DML, 2018, 645; M. MOCELLA, Forma e procedura dei licenziamenti individuali, in AAVV, Il regime dei licenziamenti in Italia e Spagna: ordinamenti a confronto, 2017, Napoli, 157; G. PROIA, Il regime delle tutele e i licenziamenti disciplinari: lo stato della giurisprudenza e osservazioni a margine, MGL, 2019, 127).