L’Inps non può rifiutare il godimento integrale del congedo obbligatorio di maternità con opzione per la flessibilità ex art. 20 D.Lgs. n. 151/2001, in ragione della tardività della certificazione medica che lo autorizza.
Nota a Tribunale di Milano, 11 dicembre 2021
Silvia Rossi
Stante l’indisponibilità del diritto al congedo parentale, va accolto il ricorso ex art. 700 c.p.c. proposto contro l’Inps da una lavoratrice alla quale sia negata la possibilità di prolungare al quarto mese dopo il parto il congedo parentale (con l’opzione per la flessibilità ai sensi dell’art. 20, D.Lgs. n. 151/2001), basandosi sulla presunta tardività di produzione della certificazione medica attestante la possibilità per la lavoratrice di proseguire la prestazione fino a un mese dalla data presunta del parto (cosa nei fatti avvenuta).
È quanto afferma il Tribunale di Milano (11 dicembre 2021) nel caso di una lavoratrice che aveva convenuto in giudizio l’Inps, chiedendo di ordinare all’istituto di accogliere la domanda di congedo con opzione per la flessibilità ex art. 20 D.Lgs. n. 151/2001 e concederle pertanto di assentarsi dal lavoro per i 4 mesi successivi al parto. Da parte sua l’istituto aveva chiesto il rigetto del ricorso per la mancanza dei presupposti per accogliere la domanda poiché il certificato medico inviato non era idoneo in quanto non rilasciato nel corso del settimo mese di gravidanza.
Il Tribunale, accogliendo i principi accolti dalla giurisprudenza di legittimità, ribadisce che se accade, come nella fattispecie, che “il certificato venga presentato oltre il settimo mese e la lavoratrice abbia continuato a lavorare, il datore di lavoro, salve le sue eventuali responsabilità di natura penale, dovrà corrisponderle la retribuzione e quindi l’INPS non corrisponderà la indennità di maternità per l’ottavo mese di gravidanza. Se la certificazione viene nelle more acquisita, la lavoratrice che aveva continuato a lavorare nell’ottavo mese usufruirà dell’astensione sino al quarto mese successivo alla nascita, percependo dall’INPS la relativa indennità. Il periodo complessivo di cinque mesi non è disponibile. La mancata presentazione preventiva delle certificazioni comporta che il lavoro nell’ottavo mese è in violazione del divieto di legge con le conseguenze previste dal testo unico, ma non comporta conseguenze sulla misura della indennità di maternità. La riduzione della indennità da cinque mesi complessivi a quattro che l’INPS ha ritenuto di operare, non ha fondamento legislativo e si risolve in una sanzione, a carico della lavoratrice, estranea alle regole ed alle finalità della normativa a tutela delle lavoratrici madri” (v. Cass. n. 10180/2013).
Quanto alla fondatezza del provvedimento di urgenza richiesto dalla lavoratrice, il Tribunale precisa che, nel caso di specie, la ragione dell’urgenza è evidente poiché la ricorrente sarebbe costretta a rientrare al lavoro perdendo un mese di congedo e non avrebbe tutela delle sue ragioni attraverso un giudizio ordinario. Quanto al pregiudizio esso risulterebbe irreparabile, “non tanto e non solo sotto il profilo economico, quanto sotto il profilo sostanziale in quanto impedirebbe alla madre e al bambino di godere del periodo di astensione previsto per legge a tutela della maternità che costituisce un diritto c.d. indisponibile”.