L’e-mail di critica di un dirigente alla datrice di lavoro può costituire giusta causa di licenziamento, pur in assenza di un formale inadempimento degli obblighi lavorativi.
Nota a Cass. ord. 26 gennaio 2022, n. 2246
Francesco Belmonte
Ai fini della “giustificatezza” del licenziamento del dirigente, non occorre una analitica verifica di specifiche condizioni, ma è sufficiente una valutazione globale che escluda l’arbitrarietà del recesso, “in quanto intimato con riferimento a circostanze idonee a turbare il rapporto fiduciario con il datore di lavoro, nel cui ambito rientra l’ampiezza di poteri attribuiti al dirigente … sicché assume rilevanza qualsiasi motivo che sorregga, con motivazione coerente e fondata su ragioni apprezzabili sul piano del diritto, il recesso”.
Così si è pronunciata la Corte di Cassazione (ord. 26 gennaio 2022, n. 2246) in relazione ad una fattispecie concernente il licenziamento in tronco di un dirigente per aver inviato ai vertici aziendali una e-mail astiosa, contenente la seguente frase: “voi avete tradito la mia fiducia e buona fede e non so quanto potrò andare avanti a sopportare questo vostro comportamento che giudico inqualificabile”.
Per i giudici di merito l’esternazione del dirigente, benché non integrasse una giusta causa di licenziamento, consentiva di ritenere configurata, alla luce del ruolo apicale e della conseguente intensità del vincolo fiduciario, la nozione di giustificatezza di fonte pattizia collettiva.
La Suprema Corte si pone in linea con tali statuizioni, escludendo la pretestuosità ed arbitrarietà del licenziamento e ritenendo legittima la volontà aziendale di recedere da un rapporto di lavoro in cui è venuta meno la sintonia con il manager.
In particolare, per la Cassazione, nel caso di specie “è ravvisabile una motivazione congrua circa la ritenuta giustificatezza del motivo, idonea ad escludere l’arbitrarietà del recesso in ragione della rilevanza del fatto contestato in termini di turbamento del vincolo fiduciario, tanto più intenso quanto più elevato il ruolo (dirigenziale) del dipendente, il tutto in conformità ad una valutazione delle condotte delle parti alla stregua dei criteri di correttezza e buona fede”.
Con la pronuncia in commento, i giudici di legittimità scelgono di dare seguito all’orientamento sul c.d. “disallineamento”, secondo cui: la giustificatezza del licenziamento del dirigente è ravvisabile in «qualsiasi motivo, purché apprezzabile sul piano del diritto, idoneo a turbare il legame di fiducia con il datore. Ne consegue che anche la semplice inadeguatezza del dirigente rispetto ad aspettative riconoscibili “ex ante”, o una importante deviazione del dirigente dalla linea segnata dalle direttive generali del datore di lavoro, o un comportamento extralavorativo incidente sull’immagine aziendale possono, a seconda delle circostanze, costituire ragione di rottura del rapporto fiduciario e quindi giustificarne il licenziamento sul piano della disciplina contrattuale dello stesso, con valutazione rimessa al giudice di merito sindacabile, in sede di legittimità, solo per vizi di motivazione» (Cass. n. 34736/2019; Cass. n. 6426/2018, annotata in q.sito da F. IACOBONE; Cass.1424/2012; Cass. n. 15496/2008 e Trib. Milano n. 1931/2019).