Lo Stato che esclude il personale domestico dalla tutela in caso di disoccupazione attua una discriminazione indiretta del genere femminile.
Nota a Corte di Giustizia UE sez. III – 24 febbraio 2022, C- 389/20
Francesca Albiniano
La disposizione nazionale spagnola “che esclude le prestazioni di disoccupazione dalle prestazioni di sicurezza sociale riconosciute ai collaboratori domestici da un regime legale di sicurezza sociale, qualora tale disposizione ponga in una situazione di particolare svantaggio i lavoratori di sesso femminile rispetto ai lavoratori di sesso maschile, e non sia giustificata da fattori oggettivi ed estranei a qualsiasi discriminazione fondata sul sesso” si pone in contrasto con l’art. 4, paragr. 1, Direttiva 79/7/ relativa alla graduale attuazione del principio di parità di trattamento tra gli uomini e le donne in materia di sicurezza sociale.
Questo, il principio stabilito dalla Corte di Giustizia UE, sez. III, 24 febbraio 2022, C-389/20, relativamente al sistema di sicurezza sociale speciale vigente in Spagna, il quale prevede, per il personale domestico, un sistema di sicurezza sociale speciale che non contempla alcuna provvidenza in caso di disoccupazione, come invece stabilito per le altre categorie di lavoratori.
Nello specifico, la Corte rileva che: 1) in base all’art. 2, paragr. 1, lett. b), Direttiva 2006/54, costituisce “discriminazione indiretta la situazione nella quale una disposizione, un criterio o una prassi apparentemente neutri possono mettere in una situazione di particolare svantaggio le persone di un determinato sesso, rispetto a persone dell’altro sesso, a meno che detta disposizione, criterio o prassi siano oggettivamente giustificati da una finalità legittima e i mezzi impiegati per il suo conseguimento siano appropriati e necessari”; 2) l’esistenza di tale svantaggio può essere dimostrata provando che “detta disposizione, detto criterio o detta prassi colpiscono negativamente in proporzione significativamente maggiore le persone di un determinato sesso rispetto a quelle dell’altro sesso”. Spetta al giudice nazionale verificare, anche mediante dati statistici, se ciò avvenga nel procedimento principale” (v., in tal senso, sentenze 8 maggio 2019, C-161/18, e 21 gennaio 2021, C-843/19); 3) in ogni caso, la disposizione in parola può essere considerata non discriminatoria se giustificata da fattori oggettivi ed estranei a qualsiasi discriminazione fondata sul sesso quando risponda ad un “obiettivo legittimo di politica sociale”, sia “idonea a conseguire detto obiettivo” e “necessaria a tal fine”, rispondendo “realmente all’intento di raggiungerlo e se è attuata in maniera coerente e sistematica” (v., sentenze 20 ottobre 2011, C-123/10, nonché 21 gennaio 2021, cit.).