Il primato del diritto UE impone al giudice la disapplicazione della normativa nazionale confliggente nei soli limiti necessari per garantire la proporzionalità.
Nota a Corte di Giustizia UE, Grande Sezione, 8 marzo 2022, causa C-205/20
Fabrizio Girolami
Nell’ordinamento UE la libera circolazione dei lavoratori, la libertà di stabilimento e la libera prestazione di servizi costituiscono principi fondamentali del mercato interno dell’Unione. In particolare, la libera prestazione di servizi include il diritto delle imprese di prestare servizi in un altro Stato membro e, quindi, di distaccare temporaneamente i propri dipendenti in tale Stato ai fini della prestazione dei servizi medesimi.
Relativamente ai lavoratori temporaneamente distaccati per prestare servizi in uno Stato membro diverso da quello in cui abitualmente lavorano, le direttive 96/71/CE del 16.12.1996 e 2014/67/UE del 15.05.2014 definiscono una serie fondamentale di condizioni di lavoro e di impiego che il prestatore di servizi deve rispettare nello Stato membro in cui ha luogo il distacco per garantire una protezione minima dei lavoratori distaccati.
L’articolo 20 della direttiva 2014/67 dispone che “gli Stati membri stabiliscono le sanzioni applicabili in caso di violazione delle disposizioni nazionali adottate in attuazione della presente direttiva e adottano tutte le misure necessarie per garantirne l’osservanza” e che le sanzioni “devono essere effettive, proporzionate e dissuasive”.
In relazione al quadro normativo sopra esposto, la CGUE, Grande Sezione, con sentenza 8 marzo 2022 (causa C-205/20), ha stabilito i seguenti principi di diritto:
- l’art. 20 della direttiva 2014/67, laddove esige che le sanzioni da esso previste siano “proporzionate”, è dotato di “effetto diretto” e può, quindi, essere invocato dai singoli dinanzi ai giudici nazionali nei confronti di uno Stato membro che l’abbia recepito in modo non corretto;
- il principio del primato del diritto dell’Unione deve essere interpretato nel senso che esso impone alle autorità nazionali l’obbligo di disapplicare una normativa nazionale, parte della quale è contraria al requisito di proporzionalità delle sanzioni previsto all’art. 20 della direttiva 2014/67, nei soli limiti necessari per consentire l’irrogazione di sanzioni proporzionate.