Il licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo, intimato per gli stessi motivi già addotti a fondamento di un licenziamento collettivo precedentemente avviato, realizza uno schema fraudolento in base all’articolo 1344 cod. civ.
Nota a Cass., ord., 7 marzo 2022, n. 7400
Gennaro Ilias Vigliotti
Il contratto in frode alla legge, regolato dall’art. 1344 c.c., si ha quando le parti del negozio raggiungono, attraverso accordi contrattuali in sé legittimo, un risultato vietato dalla legge. In tale caso, nonostante il mezzo impiegato sia lecito, è illecito invece l’esito che, attraverso l’abuso del mezzo e la distorsione della sua funzione ordinaria, si vuole in concreto realizzare (così Cass. 26 gennaio 2010, n. 1523). La frode alla legge si realizza dunque ove si manifesti una divergenza fra la causa tipica dell’atto negoziale e la determinazione causale del suo autore indirizzato alla elusione di una norma imperativa e la sua verifica è rimessa al giudice di merito, la cui valutazione è incensurabile in cassazione ove correttamente ed adeguatamente motivata (Cass. 7 febbraio 2008, n. 2874; Cass. 26 settembre 2018, n. 23042).
L’istituto è stato di recente ricostruito dalla Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 7400 del 7 marzo 2022, con la quale i giudici di legittimità hanno conosciuto il caso di un licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo intimato da una società ad un proprio dipendente e fondato sulle medesime ragioni che avevano originato in precedenza un licenziamento collettivo, ma senza che ne fossero stati rispettati gli adempimenti previsti dalla legge 223/1991 e in particolare senza alcuna comparazione con gli altri dipendenti.
Il Tribunale di primo grado e la Corte d’Appello, nel dichiarare la sostanziale sovrapponibilità delle ragioni poste a fondamento del licenziamento collettivo e di quello individuale, avevano rilevato che il licenziamento collettivo si era concluso senza esuberi per effetto della totale adesione dei destinatari alla proposta di esodo volontario incentivato e che nell’anno trascorso tra la cessazione della procedura collettiva e il licenziamento impugnato la situazione era rimasta invariata. La mancata inclusione del dipendente nella procedura collettiva, poi, gli aveva precluso la possibilità di avvalersi, proprio in quell’ambito, del raffronto della sua posizione con tutte le altre.
Investita del caso, la Corte di Cassazione ha confermato le pronunce dei giudici di merito, rilevando come «non sia consentito al datore di lavoro tornare sulle scelte compiute quanto al numero, alla collocazione aziendale ed ai profili professionali dei lavoratori in esubero, ovvero ai criteri di scelta dei singoli lavoratori da estromettere, attraverso ulteriori e successivi licenziamenti individuali la cui legittimità è subordinata alla individuazione di situazioni di fatto diverse da quelle poste a base del licenziamento collettivo». A tal proposito, i Giudici di legittimità hanno ricordato che «realizza uno schema fraudolento ai sensi dell’articolo 1344 del codice civile il licenziamento per giustificato motivo oggettivo disposto per gli stessi motivi già addotti a fondamento di un precedente licenziamento collettivo». Per la Suprema Corte, infatti, la peculiarità del contratto in frode alla legge consiste nel fatto che «le parti raggiungono, attraverso accordi contrattuali, il medesimo risultato vietato dalla legge. Nonostante il mezzo impiegato sia lecito, è illecito invece il risultato che, attraverso l’abuso del mezzo e la distorsione della sua funzione ordinaria, si vuole in concreto realizzare», come avvenuto nel caso di specie.
La gestione procedimentalizzata del licenziamento collettivo, dunque, «ha lo scopo di realizzare l’effettivo coinvolgimento del sindacato nelle scelte organizzative dell’impresa vincolando l’imprenditore al loro rispetto anche dopo la chiusura della procedura». Di conseguenza, «non è consentito al datore di lavoro di tornare sulle scelte compiute quanto al numero, alla collocazione aziendale ed ai profili professionali dei lavoratori in esubero, ovvero ai criteri di scelta dei singoli lavoratori da estromettere, attraverso ulteriori e successivi licenziamenti individuali la cui legittimità è subordinata alla individuazione di situazioni di fatto diverse da quelle poste a base del licenziamento collettivo».