Non devono essere assoggettati a tassazione separata i compensi variabili dei giudici tributari relativi all’ultimo trimestre dell’anno solare, se erogati entro 120 giorni dalla loro maturazione. Il ritardo, in questo caso, è da considerarsi fisiologico, essendo conseguenza dell’espletamento di particolari procedure per la loro liquidazione.
Nota a Cass., ord. 8 febbraio 2022, n. 3925
Marialuisa De Vita
“Ove la liquidazione e la corresponsione di un certo emolumento, in quanto soggette a determinate procedure, implichino necessariamente un disallineamento cronologico rispetto al periodo di maturazione del compenso, tale iato assume rilevanza, come presupposto della tassazione separata, soltanto quando il ritardo non sia fisiologico, ma esorbiti dalla normale dinamica del rapporto contrattuale, cui l’emolumento accede”.
Questo il principio di diritto espresso dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 3925 dell’8 febbraio 2022.
Nel dettaglio, un giudice tributario impugnava dinanzi alla competente Commissione tributaria il diniego di rimborso delle ritenute subite ai fini IRPEF sui compensi c.d. “aggiuntivi” percepiti dallo stesso nell’anno di imposta successivo a quello di maturazione. La Pubblica Amministrazione erogante aveva assoggettato a tassazione ordinaria i suddetti compensi che, ad avviso del contribuente, sarebbero, invece, dovuti essere assoggettati a tassazione separata ex art. 17, co.1, lett. b) del TUIR in quanto percepiti oltre il 12 gennaio dell’anno successivo a quello della loro maturazione.
La Corte di Cassazione, nell’argomentare la propria soluzione, ha chiarito in via preliminare la nozione di emolumento arretrato rilevante ai fini dell’applicazione del regime di tassazione separata di cui all’art. 17 TUIR, regime la cui ratio, come noto, è quella di evitare che, relativamente a redditi percepiti successivamente al periodo di maturazione, il contribuente possa subire un pregiudizio dalla progressività delle aliquote previste ai fini IRPEF (cfr. Circ. Ministero delle Finanze n. 23/E del 5 febbraio 1997).
In generale, affinché i proventi da reddito di lavoro dipendente o assimilato (nel caso di specie si discuteva dei compensi aggiuntivi, corrisposti ai membri delle Commissioni tributarie che, ai sensi dell’art. 50, co. 1, lett. f, TUIR sono redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente) possano essere assoggettati a tassazione separata se ricorrono le seguenti condizioni:
- si tratta di emolumenti “arretrati” ovverosia riferibili ad anni precedenti rispetto a quello nel quale sono percepiti;
- il ritardo nella loro erogazione discende da ragioni di “carattere giuridico”, consistenti nel sopraggiungere di norme di legge, di sentenze, di provvedimenti amministrativi (cfr. in q. sito M. DE VITA, Sono assoggettati a tassazione separata gli arretrati retributivi corrisposti dallo Stato ai propri dipendenti per effetto di sentenza di condanna) o da “oggettive situazioni di fatto” che impediscono il pagamento delle somme riconosciute come spettanti entro i limiti ordinariamente adottati dalla generalità dei sostituti di imposta;
- il ritardo nella corresponsione non deve ritenersi fisiologico rispetto ai tempi tecnici o giuridici occorrenti per l’erogazione degli emolumenti stessi.
In altri termini, per l’applicabilità del regime di tassazione separata non è sufficiente un mero ritardo nella erogazione dei compensi, ma occorre individuare la causa dell’intervallo temporale tra periodo (di imposta) di maturazione e periodo (di imposta) di percezione dell’emolumento e, quindi, distinguere tra cause di ritardo dipendenti o indipendenti dalla volontà delle parti. Sicché “non può farsi luogo a imposizione separata quando il pagamento in ritardo debba considerarsi una “conseguenza fisiologica” insita nelle modalità di erogazione degli emolumenti stessi, tali da richiedere pertanto determinati tempi tecnici per essere condotti a termine”.
Passando al caso di specie, la Corte di Cassazione, in assenza di un’espressa previsione normativa circa il termine finale di corresponsione dei compensi spettanti ai giudici tributari, applicando analogicamente l’art. 14, D.L. 669 del 1996 (in tema di esecuzione forzata nei confronti delle pubbliche amministrazioni) ha affermato che il termine di 120 giorni, previsto dalla disposizione da ultimo menzionata, deve ritenersi quale “idoneo spatium adimplendi da concedere all’Amministrazione per l’approntamento dei controlli e dei mezzi finanziari occorrenti al pagamento dei compensi variabili” (dunque, si tratta di un tempo assolutamente fisiologico), con la conseguenza che solo per gli emolumenti erogati oltre tale termine potrà trovare applicazione il regime di tassazione separata.
Nel caso di specie non vi era, dunque, alcun ritardo patologico, in quanto i compensi corrisposti erano relativi all’ultimo trimestre del periodo di imposta (ottobre-dicembre), sicché la loro corresponsione nel periodo successivo (purché entro 120 giorni dal suo inizio) era un fatto fisiologico.