Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 09 maggio 2022, n. 14556
Lavoratore esposto al rischio amianto, Accertamento,
Benefici ex art. 13 co. 8 I. n. 2572 del 1992, Erroneità della certificazione
INAIL, Concorso di colpa del danneggiato, Responsabilità ex art.1227, comma
2, cod. civ.
Rilevato che
A.S. convenne in giudizio innanzi al Tribunale di
Palermo l’INPS e l’INAIL chiedendo, previo accertamento che l’attore quale
lavoratore esposto al rischio amianto aveva diritto ad essere ammesso ai benefici
previsti dall’art. 13 comma 8 I. n. 2572 del 1992 come modificato dalla I. n.
271 del 1993, che fosse ordinato all’INPS di ricostituire la pensione
dell’attore medesimo moltiplicando per il coefficiente 1,5 sia l’intero periodo
lavorativo sia il relativo importo, con il rimborso delle eventuali maggiori
somme incassate – con interessi – e non utili a fini pensionistici per il già
conseguito periodo massimo di anzianità lavorativa, nonché la condanna
dell’INAIL al risarcimento nella misura di Euro 50.000 o nella somma di
giustizia, oltre interessi e rivalutazione. Premesso di avere lavorato su
motocistema che non aveva mai svolto attività di navigazione in quanto
destinata a “galleggiante”, espose l’attore di avere, confidando di
potere usufruire dei benefici previdenziali di cui sopra, rassegnato le proprie
dimissioni dal rapporto di lavoro e che l’INPS aveva tuttavia comunicato il
rigetto della domanda di pensione con l’indicazione che “la certificazione
rilasciata dall’INAIL è errata, come dallo stesso Ente dichiarato”.
Aggiunse di avere dovuto effettuare, a copertura del periodo mancante, il
versamento di contributi volontari per la complessiva somma di Euro 26.081,35,
prendendo a mutuo la somma da società finanziaria.
Il giudice del lavoro del Tribunale adito accolse la
domanda, condannando l’INPS alla ricostruzione della pensione previdenziale e
alla riliquidazione come da domanda, con condanna alla restituzione della
contribuzione volontaria, e condannando l’INAIL al risarcimento del danno nella
misura di Euro 85.520,61, oltre interessi, a titolo di differenze
pensionistiche perse e di spese per il finanziamento contratto. Avverso detta
sentenza proposero distinti appelli i due istituti convenuti. Riunite le
impugnazioni, con sentenza di data 28 settembre 2018 la Corte d’appello di
Palermo – sezione controversie di lavoro – accolse gli appelli, rigettando le
domande.
Osservò la corte territoriale, per quanto qui
rileva, premesso che l’appellato era decaduto dalla possibilità di proporre
domanda giudiziale per il riconoscimento del beneficio previdenziale per
decorso del termine prescritto, che la domanda era stata erroneamente formulata
nei confronti dell’INAIL, costituendo la certificazione di esposizione
ultradecennale al rischio amianto atto meramente propedeutico rispetto
all’eventuale provvedimento di liquidazione del trattamento di quiescenza
rimesso all’esclusiva competenza dell’INAIL. Aggiunse che vi era assenza di
condotta dell’INPS univocamente orientata ad indurre lo S. a fare affidamento sull’accoglimento
della sua istanza (l’Istituto aveva sempre espressamente escluso ogni
“valenza previdenziale” all’arco temporale oggetto di asserita
esposizione al rischio amianto) e che vi era stata insufficiente accortezza
comportamentale del dipendente (“il quale prima di recedere
unilateralmente dal rapporto di lavoro, avrebbe dovuto quanto meno attendere,
stante la definitività e gravità della propria opzione volontaristica, una
positiva comunicazione da parte dell’INPS”).
Ha proposto ricorso per cassazione A.S. sulla base
di due motivi e resistono con distinti controricorsi l’Istituto Nazionale per
l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro e l’Istituto Nazionale della
Previdenza Sociale. E’ stato fissato il ricorso in camera di consiglio ai sensi
dell’art. 380 bis.l cod. proc. civ.. E’ stata presentata memoria.
Considerato che
premesso di prestare acquiescenza al capo di
sentenza relativo all’appello proposto dall’INPS, con il primo motivo il
ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1218 e 2697
cod. civ.. Osserva la parte ricorrente che la responsabilità non può essere
ascritta all’INPS, il quale ha respinto la domanda di pensione relativa al
beneficio previdenziale per erroneità della certificazione INAIL, come da nota
di quest’ultima nella quale si leggeva che la certificazione di esposizione
all’amianto era stata rilasciata erroneamente. Aggiunge che la certificazione
in discorso, demandata all’INAIL nell’ambito di una procedura amministrativa
stabilita in sede congiunta da INPS, INAIL, Ministero e parti sociali ed
esplicitata in una circolare INPS, costituisce condizione necessaria per il
conseguimento della pensione.
Il motivo è fondato. Prevede l’art. 47, comma 4,
d.l. n. 269 del 2003, convertito con I. n. 326 del 2003, che la sussistenza e
la durata dell’esposizione all’amianto, ai fini della concessione del relativo
beneficio previdenziale, sono accertate e certificate dall’INAIL. La
circostanza che il trattamento pensionistico conseguente all’applicazione del
detto beneficio sia erogato dall’INPS, non esclude che titolare
dell’accertamento e della certificazione possa essere un soggetto diverso, e
tale è la previsione della legge, che individua nell’INAIL tale soggetto.
Bisogna pertanto distinguere la legittimazione passiva relativa all’azione
avente ad oggetto il trattamento pensionistico da quella relativa all’azione di
responsabilità civile per erronea certificazione, che va identificata nel
soggetto cui la legge demanda il compito relativo, e cioè l’INAIL, che è nel
presente giudizio con riferimento a quest’ultimo domanda, il soggetto
passivamente legittimato.
Con il secondo motivo si denuncia violazione e/o
falsa applicazione degli artt. 112 cod. proc. civ., 1175 e 2697 cod. civ., 54
I. n. 88 del 1989. Osserva il ricorrente che la corte territoriale ha rilevato
l’esistenza di una responsabilità ai sensi dell’art. 1227, comma 2, cod. civ.
in mancanza di eccezione da parte dell’INAIL e trattandosi nella specie di
eccezione in senso stretto. Aggiunge che lo S. solo il 30 marzo 2004 presentò
le dimissioni, cioè dopo quasi sette mesi dal rilascio della certificazione di
lavoro esposto all’amianto, e dunque dopo un lasso di tempo tale da ingenerare
nel lavoratore il ragionevole affidamento sul contenuto del certificato, e che
l’INAIL non ha provato che lo S. avrebbe potuto evitare il danno di cui ha
chiesto il risarcimento usando l’ordinaria diligenza. Osserva inoltre che in
base all’art. 54 I. n. 88 del 1989 “la comunicazione da parte degli enti
ha valore certificativo della situazione in essa descritta”
Il motivo è fondato. La circostanza rispetto alla
quale viene rilevato dalla corte territoriale il concorso del fatto colposo del
danneggiato non è la perdita del beneficio previdenziale, ma l’impossibilità di
conseguire il trattamento pensionistico ordinario senza una forma di
contribuzione volontaria (e la necessità di attingere all’uopo ad un mutuo).
Trattasi non del danno evento della condotta pregiudizievole contestata
all’INAIL, ma di un danno conseguenza di tale danno, rilevante sotto il profilo
dell’art. 1227, comma 2, cod. civ.. Non può farsi riferimento al più recente
orientamento della sezione lavoro di questa Corte che, superando il precedente
di Cass. n. 21454 del 2013, che qualificava la vicenda in termini di art. 1227,
comma 2, cod. civ., ritiene che il contegno del lavoratore che rassegni le
proprie dimissioni, con condotta idonea ad incidere sul processo produttivo
dell’evento dannoso, è da qualificare nei termini di cui all’art. 1227, comma
1, cod. civ. (Cass. n. 23114 del 2019), perché il danno evento in
considerazione in tale fattispecie è proprio il conseguimento del trattamento
pensionistico (nella specie si trattava della pensione di anzianità, per la
quale l’INPS aveva fornito errate informazioni circa la posizione
contributiva).
Ciò premesso, secondo il pacifico e costante
indirizzo di questa Corte, il concorso di colpa del danneggiato di cui all’art.
1227, comma 2, c.c., costituisce eccezione in senso stretto, non rilevabile
d’ufficio (fra le tante da ultimo Cass. n. 19218 del 2018). Il ricorrente in
sede di sommaria esposizione dei fatti di causa ha affermato che l’INAIL si è
costituito tardivamente un giorno prima dell’udienza di discussione. Assolto
l’onere di cui all’art. 366 n. 6 cod. proc. civ., risulta, come da accesso agli
atti consentito dalla natura processuale della censura, l’intervenuta decadenza
circa la facoltà di proporre eccezioni non rilevabili d’ufficio, per cui il
giudice di merito non poteva fare applicazione dell’art. 1227, comma 2, cod.
civ.
Con riferimento al rapporto processuale fra il
ricorrente e l’INPS, la circostanza che il ricorso, proposto avverso la
statuizione della corte territoriale relativa all’appello proposto dall’INAIL,
sia stato notificato anche all’INPS senza proporre gravame sul capo della
sentenza che ha deciso l’appello proposto dal medesimo INPS, costituisce
ragione di compensazione delle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso; cassa la sentenza in relazione
ai motivi accolti;
rinvia alla Corte di appello di Palermo in diversa
composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di
legittimità in relazione al rapporto processuale fra il ricorrente e l’INAIL.
Compensa integralmente le spese processuali con
riferimento al rapporto processuale fra il ricorrente e l’INPS.