Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 09 maggio 2022, n. 14654

Rapporto di lavoro, Differenze retributive, Lavoro
straordinario, Indennità per ferie non godute, Accertamento, Inammissibilità
del ricorso

 

Rilevato che

 

1. la Corte d’Appello di Catanzaro, con la sentenza
impugnata, ha respinto integralmente l’appello proposto da P. SRL nei confronti
di A. D.S. avverso la sentenza di primo grado che aveva condannato la società
al pagamento di differenze retributive e dichiarato l’illegittimità del
licenziamento intimato alla lavoratrice;

2. La Corte, per quanto qui ancora rileva, ha
respinto il quinto motivo di gravame proposto dalla società, avente ad oggetto
il riconoscimento del “compenso per il lavoro straordinario”, osservando che “i
testi hanno concordemente dichiarato che l’orario di lavoro era di otto ore
giornaliere dal lunedì al venerdì”, per cui ha ritenuto corretta la
quantificazione del Tribunale in ordine alle “tre ore di lavoro straordinario
espletato dalla ricorrente, tenendo nel debito conto le predette deposizioni in
commento”;

3. per la cassazione di tale sentenza ha proposto
ricorso la società con 3 motivi; ha resistito con controricorso l’intimata;

4. la proposta del relatore ex art. 380 bis c.p.c. è stata comunicata alle parti,
unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale;

 

Considerato che

 

1. il primo motivo di ricorso denuncia la violazione
o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., “con
riferimento agli straordinari”, argomentando che “in sede di prova testimoniale
non è stata raggiunta la prova riguardante l’effettivo orario di lavoro
osservato dalla Signora D.S.”;

il secondo motivo di ricorso denuncia la violazione
o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., “con
riferimento alla indennità per ferie non godute”, argomentando che “anche in
questo caso, nessuna prova specifica è stata fornita dal lavoratore”; i motivi
sono inammissibili; la violazione dell’art. 2697
c.c. è censurabile per cassazione ai sensi dell’art.
360, co. 1, n. 3 c.p.c., soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia
attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne fosse
onerata secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla
differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni e non invece laddove oggetto di
censura sia la valutazione che il giudice abbia svolto delle prove proposte
dalle parti (Cass. n. 15107 del 2013; Cass. n. 13395 del 2018; Cass. n. 18092
del 2020), mentre nella specie parte ricorrente critica l’apprezzamento operato
dai giudici del merito circa la ritenuta prova dello straordinario e delle
ferie non godute, opponendo una diversa valutazione;

2. con il terzo motivo si denuncia: “violazione e/o
falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. in
relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., con
riferimento alla indennità per ferie non godute”; si deduce che “la statuizione
sulla indennità per le ferie non godute” sarebbe illegittima anche perché “la
formulazione della domanda da parte della ricorrente” era priva di riferimenti
ai giorni in cui avrebbe lavorato; la censura, per come formulata, è
inammissibile; essa è del tutto priva di specificità in quanto, per dimostrare
la violazione del canone della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato
ex art. 112 c.p.c., occorreva illustrare
adeguatamente nel motivo quali erano gli specifici contenuti dell’atto
introduttivo del giudizio avuto riguardo alla controversa posta retributiva,
quali i contenuti della sentenza del Tribunale che aveva accolto il relativo
capo di domanda e, infine, come la questione era stata devoluta in appello
dalla società (amplius, Cass. n. 18 del 2015, in motivazione);

3. conclusivamente il ricorso deve essere dichiarato
inammissibile; le spese seguono la soccombenza liquidate come da dispositivo;
occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali di cui all’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115
del 2002, come modificato dall’art.
1, co. 17, l. n. 228 del 2012 (Cass. SS.UU. n. 4315 del 2020);

 

P.Q.M.

 

dichiara inammissibile il ricorso e condanna la
società ricorrente al pagamento delle spese di lite liquidate in euro 1.800,00
per compensi professionali, oltre euro 200,00 per spese, rimborso spese
forfettario al 15% e accessori secondo legge. Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115
del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 bis dello
stesso art. 13, se dovuto.

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