È compito del giudice accertare se una specifica condotta sia o meno riconducibile alla nozione di negligenza lieve indicata nella norma collettiva e, dunque, sanzionabile con una misura conservativa.
Nota a Cass. 11 aprile 2022, n. 11665
Alfonso Tagliamonte
“La fattispecie punita con una sanzione conservativa laddove sia delineata dalla norma collettiva attraverso una clausola generale, non impedisce al giudice di interpretare la fonte negoziale e verificare la sussumibilità del fatto contestato nella previsione collettiva anche attraverso una valutazione di maggiore o minore gravità della condotta”.
Questo, il principio ribadito dalla Corte di Cassazione (11 aprile 2022, n. 11665, diff. da App. Trieste 25 ottobre 2019) in merito al ricorso presentato da un comandante di guardie giurate a seguito di contestazione disciplinare relativa a tre episodi: a) avere criticato e denigrato, in una conversazione via chat con una collega, i responsabili dell’impresa; b) non aver denunciato l’aggressione con lesioni subita da una guardia giurata durante il servizio; c) avere omesso per cinque mesi di segnalare alla Questura di Udine i turni di servizio del personale, come imposto da precise direttive.
La Corte territoriale ha annullato il licenziamento per difetto di giusta causa e condannato la società a reintegrare il lavoratore nel posto di lavoro ed a corrispondergli un’indennità risarcitoria, ai sensi dell’art. 18, co. 4, Stat. Lav. ss. mm.. La Corte d’appello di Trieste, investita del reclamo da parte della datrice di lavoro, lo ha parzialmente accolto ed ha dichiarato risolto il rapporto di lavoro condannando la società al pagamento dell’indennità risarcitoria, ai sensi dell’art. 18 co. 5, cit., quantificata in venti mensilità della retribuzione mensile oltre interessi e rivalutazione dal dovuto al saldo. Ciò poiché, secondo i giudici: la prima contestazione, relativa alla conversazione con una collega, non aveva alcun rilievo disciplinare. La seconda contestazione, che aveva ad oggetto l’omessa segnalazione dell’aggressione subita da una guardia giurata mentre era in servizio su un autobus di linea, riguardava un episodio che “era stato di minima rilevanza”. La terza contestazione, infine, concerneva l’incontroversa omessa comunicazione alla Questura di Udine dei turni di servizio del personale per cinque mesi, dal maggio all’ottobre 2017, rispetto alla quale tuttavia l’autorità di pubblica sicurezza nulla aveva rilevato né contestato sicché il fatto era rimasto confinato tra le vicende irrilevanti per l’impresa.
Dopo avere esaminato l’art. 101 del ccnl applicato, i giudici del reclamo hanno pertanto ritenuto che quelle descritte dalla norma collettiva fossero “ipotesi formulate in modo assai generico ed indefinito” nelle quali non era possibile sussumere l’omessa denuncia di un fatto di servizio e l’omessa trasmissione di documenti all’Autorità locale di Polizia. Conseguentemente, richiamata la giurisprudenza di legittimità che ha interpretato l’art. 18, co. 4, Stat. Lav. ss.mm. in maniera rigorosa, sul presupposto del carattere residuale della tutela reintegratoria nel sistema delle tutele disegnato dalle modifiche apportate dalla L. n. 92/2012 e la necessità che il fatto contestato ed accertato sia espressamente contemplato da una previsione di fonte negoziale vincolante per il datore …che tipizzi la condotta del lavoratore come punibile con sanzione conservativa, hanno escluso di poter reintegrare il lavoratore ed hanno applicato la tutela indennitaria prevista dal co. 5 del ricordato art. 18.
La Cassazione, dopo un’analitica disamina della normativa di legge in materia di sanzioni applicabili al licenziamento illegittimo (di cui all’art. 18 Stat. Lav. in seguito alla novella introdotta dalla L. n. 92/2012) ha:
– richiamato la L. n. 183/2010 che, all’art. 30, co. 3, ha previsto che: “nel valutare le motivazioni poste a base del licenziamento, il giudice tiene conto delle tipizzazioni di giusta causa e di giustificato motivo presenti nei contratti collettivi di lavoro stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi ovvero nei contratti individuali di lavoro ove stipulati con l’assistenza e la consulenza delle commissioni di certificazione di cui al titolo VIII del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni”;
– affermato che “in tema di licenziamento disciplinare, al fine di selezionare la tutela applicabile tra quelle previste dall’art. 18 commi 4 e 5 della L. n. 300/1970, come novellata dalla L. n. 92/2012, è consentita al giudice la sussunzione della condotta addebitata al lavoratore ed in concreto accertata giudizialmente nella previsione contrattuale che punisca l’illecito con sanzione conservativa anche laddove tale previsione sia espressa attraverso clausole generali o elastiche. Tale operazione di interpretazione e sussunzione non trasmoda nel giudizio di proporzionalità della sanzione rispetto al fatto contestato restando nei limiti dell’attuazione del principio di proporzionalità come già eseguito dalle parti sociali attraverso la previsione del contratto collettivo”. In altre parole, il giudice non deve decidere se per il comportamento di negligenza lieve sia proporzionata la sanzione conservativa o espulsiva, bensì accertare se una determinata condotta sia o meno riconducibile alla nozione di negligenza lieve indicata nella norma collettiva come sanzionabile con una misura conservativa;
– ritenuto che qualora un contratto collettivo contempli formule generali, norme elastiche, norme di chiusura, “la mancata tipizzazione di alcune condotte tra quelle suscettibili di essere punite con una sanzione conservativa non è di per sé significativa della volontà delle parti sociali di escluderle da quelle meritevoli di una sanzione più lieve rispetto al licenziamento”;
– accolto il ricorso proposto dal lavoratore sul presupposto che la Corte di appello, nel ritenere che “difficile risulta il ricondurre il caso in oggetto (di omessa denunzia di un fatto di servizio e di omessa trasmissione di alcuni documenti all’autorità locale di polizia) a dette ipotesi formulate in modo assai generico”, si è sottratta al doveroso compito di verificare se le condotte contestate al lavoratore potessero o meno configurare quella lieve irregolarità nell’adempimento, l’ esecuzione del lavoro senza la necessaria diligenza, una sua esecuzione con negligenza grave o, ancora, una omissione parziale di esecuzione della prestazione che l’art. 101 del ccnl punisce con sanzioni conservative via via più gravi dal rimprovero scritto fino alla sospensione e, se del caso, applicare la tutela prevista dal co. 4 art. 18 dello Statuto.