Per i medici specializzandi, il trattamento economico previsto dal D.LGS. n. 368/1999 è applicabile solo a decorrere dall’anno accademico 2006/2007. Il rapporto di lavoro di tali specializzandi non è qualificabile né come subordinato né come parasubordinato.
Nota a Cass. (ord.) 24 marzo 2022, n. 9622
Flavia Durval
La disciplina del trattamento economico dei medici specializzandi prevista dall’art. 39, D.LGS. n. 368/1999, si applica ai medici iscritti alle relative scuole di specializzazione solo a decorrere dall’anno accademico 2006 – 2007 (per effetto dei differimenti stabiliti per legge) e non ai medici iscritti negli anni antecedenti i quali che restano soggetti alla disciplina di cui al D.LGS. n. 257/1991, “sia sotto il profilo ordinamentale che economico, e ciò in quanto la direttiva 93/16/CEE non ha introdotto alcun nuovo e ulteriore obbligo con riguardo alla misura della borsa di studio di cui alla normativa del 1991” (v. Cass. ord. n. 6355/2018 e n.13445/2018).
Lo ribadisce la Corte di Cassazione 24 marzo 2022, n. 9622 (conf. ad App. Roma n. 5232/2020 ed in linea con il consolidato orientamento della giurisprudenza: v. Cass. ord. n. 8503/2020) che ha rigettato la domanda proposta da numerosi medici volta ad ottenere il risarcimento, in proprio favore, dei danni sofferti in conseguenza del mancato recepimento, da parte dello Stato italiano, della direttiva europea 93/16/CEE. Ciò, sul presupposto che essi, dopo il conseguimento della laurea in medicina, avevano frequentato scuole di specializzazione senza percepire gli importi previsti dal D.LGS. n. 368/1999 attuativo della citata direttiva europea, né alcuna rivalutazione degli importi medesimi, oltre alla relativa rideterminazione triennale concernente il personale medico dipendente del servizio sanitario nazionale.
La Corte precisa altresì che il D.LGS. n. 368/1999, nel recepire la direttiva n. 93/16 (che ha codificato, raccogliendole in un testo unico, le precedenti direttive n. 75/362 e n. 75/363, con le relative successive modificazioni), “ha riorganizzato l’ordinamento delle scuole universitarie di specializzazione in medicina e chirurgia, istituendo e disciplinando un vero e proprio contratto di formazione (inizialmente denominato ‘contratto di formazione lavoro’ e successivamente ‘contratto di formazione specialistica’) da stipulare, e rinnovare annualmente, tra Università (e Regioni) e medici specializzandi, con un meccanismo di retribuzione articolato in una quota fissa e una quota variabile, in concreto periodicamente determinate da successivi decreti ministeriali”.
Tale contratto, peraltro, per giurisprudenza costante, “non dà luogo a un rapporto inquadrabile nell’ambito del lavoro subordinato, né è riconducibile alle ipotesi di parasubordinazione, non essendo ravvisabile una relazione sinallagmatica di scambio tra l’attività degli specializzandi e gli emolumenti previsti dalla legge, restando conseguentemente inapplicabili l’art. 36 Cost. e il principio di adeguatezza della retribuzione ivi contenuto” (cfr. Cass. ord. n. 18670/2017 e Cass. n. 27481/2008).
In questi termini, v. anche Cass. (ord.) 8 settembre 2020, n. 18667, in q. sito con nota di M.N. BETTINI e G.I. VIGLIOTTI.