Nell’insegnamento pubblico, in caso di abuso del contratto di lavoro a termine soltanto la certezza di un’assunzione tempestiva a tempo indeterminato è idonea a coprire ogni danno.
Nota a Cass. ord. 2 maggio 2022 n. 13710
Kevin Puntillo
“Nel lavoro pubblico privatizzato, nelle ipotesi di abusiva successione di contratti a termine, la avvenuta immissione in ruolo del lavoratore già impiegato a tempo determinato ha efficacia riparatoria dell’illecito nelle sole ipotesi di stretta correlazione tra l’abuso commesso dalla amministrazione e la stabilizzazione ottenuta dal dipendente. Detta stretta correlazione presuppone, sotto il profilo soggettivo, che la stabilizzazione avvenga nei ruoli dell’ente pubblico che ha posto in essere la condotta abusiva e, sotto il profilo oggettivo, che essa sia l’effetto diretto ed immediato dell’abuso. Tale ultima condizione non ricorre quando l’assunzione a tempo indeterminato avvenga all’esito di una procedura concorsuale, ancorché interamente riservata ai dipendenti già assunti a termine”.
Questo, il principio ribadito dalla Corte di Cassazione (ord. 2 maggio 2022 n. 13710, difforme da App. Bologna n. 841/2019; in linea con la sentenza in esame, v. Cass. n. 14815/2021; nonché Cass. n. 15240/2021 e, per la scuola statale, n. 35369/2021).
La Corte precisa altresì che;
a) “la astratta chance di stabilizzazione – che può ravvisarsi nei casi in cui il conseguimento del posto di ruolo non è certo ovvero non è conseguibile in tempi ravvicinati – non costituisce, nel diritto interno, misura proporzionata, effettiva, sufficientemente energica ed idonea a sanzionare debitamente l’abuso ed a cancellare le conseguenze della violazione del diritto dell’Unione, in quanto connotata da evidente aleatorietà” (v. Cass. n. 22552/2016);
b) le argomentazioni datoriali (Comune di Bologna) non considerano l’interpretazione della Direttiva 99/70/CE fornita dalla Corte di Giustizia, secondo cui “l’immissione nei ruoli dell’amministrazione, se aleatoria, non può essere ritenuta sanzione con carattere sufficientemente effettivo e dissuasivo” (CGUE 26 novembre 2014, Mascolo, punti 116 e 117 e CGUE 8 maggio 2019, Rossato), con la conseguenza che l’immissione stessa può essere ritenuta proporzionata ed idonea a sanzionare l’abuso “solo qualora la stessa non sia né incerta, né imprevedibile né aleatoria”.
Nella fattispecie, la lavoratrice ricorrente, assunta dapprima quale “maestro scuola di infanzia” e successivamente in qualità di “educatore nido di infanzia”, aveva partecipato con esito negativo ad una prima selezione riservata, per la stabilizzazione di 31 unità, e, successivamente, sempre con esito negativo, ad una seconda procedura di reclutamento speciale bandita ai sensi del D.L. n. 101/ 2013, art. 4, co. 6.
Il Comune aveva poi indetto, in anni successivi, due ulteriori procedure di reclutamento, sempre finalizzate alla stabilizzazione dei rapporti precari, alle quali la lavoratrice, benché in possesso dei requisiti di ammissione, non aveva partecipato (tali offerte sono state considerate dal giudice di appello “serie ed indiscutibili chances di immissione in ruolo”). In seguito, la stabilizzazione della dipendente era comunque avvenuta, a mezzo di assunzione a tempo indeterminato presso il MIUR, quindi, presso un ente diverso da quello che aveva posto in essere la condotta abusiva e non aveva costituito l’effetto diretto ed immediato dell’abuso.
La ricorrente ha rilevato che doveva esserle riconosciuto e liquidato il danno comunitario (nei termini precisati da Cass. S.U. n. 5072/2016) poiché le procedure alle quali aveva partecipato non assicuravano la certezza della stabilizzazione in tempi certi e non potevano essere ritenute una misura energica e dissuasiva, idonea a sanzionare l’abuso commesso nella reiterazione dei contratti a termine.