La somministrazione di manodopera deve avere natura temporanea e non permanente.
Nota a Cass. 3 maggio 2022, n. 13982
Flavia Durval
Nell’ambito della pubblica amministrazione, la somministrazione a tempo determinato non può eludere la natura temporanea di tale tipo di prestazione.
Lo afferma la Corte di Cassazione (3 maggio 2022, n. 13982), precisando che “in materia di pubblico impiego privatizzato, nell’ipotesi di illegittima o abusiva successione di contratti di somministrazione di lavoro a termine, pur essendo esclusa, ai sensi dell’art. 36, comma 5, del D.LGS. n. 165 del 2001 e dell’art. 86, comma 9, del D.LGS. n. 276 del 2003, la trasformazione in un rapporto a tempo indeterminato, si verifica in ogni caso la sostituzione, della pubblica amministrazione utilizzatrice, nel rapporto di lavoro a termine e il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno parametrato alla fattispecie di portata generale di cui all’art. 32, comma 5, della l. n. 183 del 2010, quale danno presunto, con valenza sanzionatoria e qualificabile come ‘danno comunitario’, determinato tra un minimo e un massimo, salva la prova del maggior pregiudizio sofferto” (v. Cass. n. 446/2021).
Ciò, in linea con l’interpretazione assunta dalla Corte di Giustizia UE (CGUE 14 ottobre 2020, in C-681/18), secondo cui, in base alla Direttiva 2008/104/CE, gli Stati membri devono adoperarsi affinché il lavoro tramite agenzia interinale presso la stessa impresa utilizzatrice non diventi una situazione permanente per uno stesso lavoratore. In altri termini, per la Corte, una normativa nazionale può legittimamente non limitare il numero di missioni successive che uno stesso lavoratore può svolgere presso la medesima impresa utilizzatrice. Tuttavia la normativa deve “preservare la natura temporanea del lavoro tramite agenzia interinale” ed evitare l’assegnazione ad un medesimo lavoratore di missioni successive presso la stessa impresa utilizzatrice con lo scopo di eludere le disposizioni della Direttiva 2008/104 nel suo insieme. In sintesi, dunque, l’interpretazione delle norme sulla somministrazione nel senso della temporaneità è l’unica conforme al diritto dell’Unione.
Nell’ambito specifico del pubblico impiego, secondo l’art. 36 D.LGS. n. 165/2001, il ricorso al contratto a termine e più in generale ai contratti di lavoro flessibile, fra cui la somministrazione, è consentito solo a fronte di comprovare esigenze di carattere esclusivamente temporaneo o eccezionale, nel senso che non possono riferirsi ad un fabbisogno ordinario. E, anche se non si può ricavare un limite temporale preciso dal D.LGS. 15 giugno 2015, n. 81 (art. 30), che disciplina la somministrazione di manodopera, il legislatore ha sempre richiesto la necessità di esigenze temporanee. Sicché può affermarsi che la somministrazione a tempo determinato è legittima anche nell’ambito della pubblica amministrazione, quando non sia tale da eludere la natura temporanea del lavoro tramite agenzia.
Invece, nel caso sottoposto al giudizio della Cassazione, il ricorrente era stato assunto dall’agenzia di somministrazione in forza di ben 8 contratti di lavoro a tempo determinato, alcuni dei quali oggetto di svariate proroghe in un arco temporale pressoché ininterrotto. Per cui, secondo i giudici, la Corte di merito (App. Bologna) avrebbe dovuto verificare se le esigenze fossero o meno temporanee e non fermarsi all’affermazione dell’inesistenza di un limite temporale formalmente previsto.