Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 30 giugno 2022, n. 20827
Rapporto di lavoro, Trasferimento, Motivazioni,
Incompatibilità ambientale del lavoratore, Prova
Rilevato che
1. la Corte territoriale di Cagliari ha respinto
l’appello proposto dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, già Agenzia delle
Dogane, avverso la sentenza del Tribunale della stessa città che, in
accoglimento del ricorso del Sig. N. C., aveva dichiarato l’illegittimità del
suo trasferimento, in data 27.3.2013, all’Ufficio delle Dogane di Cagliari; di
conseguenza, l’aveva riassegnato alla sede di Olbia, originaria sede di
servizio;
2. la Corte d’appello ha premesso che il C.,
dipendente inquadrato nella III Area funzionale, livello retributivo Fl, era
componente della RSU dell’Ufficio Dogane di Sassari, da cui dipendeva la
Sezione di Olbia, sicché il trasferimento in altra sede avrebbe dovuto essere
disposto in osservanza delle prescrizioni di cui all’art. 22 l. n. 300/1970
(Statuto dei lavoratori), applicabile al settore pubblico in virtù
dell’estensione operata dall’art. 23 legge 29.3.1983, n. 93 e dall’art. 18
comma 4 del CCNQ del 7.8.1998 secondo cui «Il trasferimento in una unità
operativa in sede diversa da quella di assegnazione dei dirigenti sindacali
indicati nell’art. 10, può essere disposto solo previo nulla osta delle
rispettive organizzazioni sindacali di appartenenza e della R.S.U. ove il
dirigente ne sia componente»;
3. il combinato disposto di tali disposizioni
avrebbe imposto, per la validità del trasferimento, il previo «nulla osta»
dell’associazione sindacale di appartenenza, senza che fosse utile scrutinare
«i motivi posti a giustificazione del provvedimento di trasferimento», non
potendo le addotte ragioni di incompatibilità ambientale del lavoratore, per
effetto del procedimento penale cui era sottoposto, condizionare l’applicazione
della disciplina dettata a salvaguardia del prioritario interesse
all’espletamento dell’attività sindacale;
4. la Corte territoriale ha precisato, ad ogni buon
conto, che l’asserita incompatibilità ambientale avrebbe dovuto realizzarsi in
concreto, non bastando la generica prospettazione che il lavoratore dovesse
continuare a svolgere la propria attività a contatto con personale della
Guardia di finanza che aveva svolto le indagini su di lui;
5. ha infine osservato che il lavoratore era
legittimato ad agire direttamente per far valere l’illegittimità del
trasferimento in parallelo all’O.S. di appartenenza;
6. per la cassazione della sentenza ha proposto
ricorso l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli sulla base di unico motivo, al
quale ha opposto difese, con controricorso, il C.;
Considerato che
1. il ricorso denuncia, con unico motivo, formulato
ai sensi dell’art. 360, comma primo n. 3 cod. proc.
civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 22 legge n. 300 del 1970
e dell’art. 2103 cod. civ.; la ricorrente sostiene,
in sintesi, che l’onere di richiedere il «nulla osta» all’O.S. d’appartenenza
non sussisterebbe laddove il trasferimento sia originato da fatti «che abbiano
determinato in capo all’interessato l’avvio di un procedimento penale» e
comunque da «eventi patologici» che nulla avrebbero a che vedere con le
relazioni sindacali, la cui «tenuta» l’art. 22 I. n. 300, cit., mira
a preservare; aggiunge ancora che, seguendo il ragionamento della Corte territoriale,
anche il primo provvedimento di trasferimento del 7.3.2013, quantunque
necessitato per effetto dell’ordinanza, resa dal GIP di Tempio Pausania, di
interdizione ex art. 289 c.p.p. dalle attività
connesse all’ufficio di Olbia, sarebbe stato in astratto censurabile, mentre in
realtà solo il provvedimento successivo, del 27.3.2013, intervenuto allorché
era già cessata la misura cautelare, era stato impugnato dal C.;
2. il ricorso non può trovare accoglimento;
2.1 il mezzo di gravame, per come è formulato il
profilo di censura, presenta pregiudiziali connotati di inammissibilità perché
privo di sufficienti caratteri di specificità e completezza nonché di concreta
riferibilità alla decisione impugnata, in quanto, a causa della vaghezza
dell’argomentare frutto dell’assemblaggio di proposizioni generiche, non si è
in grado di comprendere né di cosa esattamente la ricorrente si dolga, né quali
disposizioni di legge si assumano violate, né sulla base di quale errata
interpretazione sia censurata la decisione. É, invero, del tutto pacifico nella
giurisprudenza di questa Corte che i motivi del ricorso per cassazione debbono
essere, oltre che specifici e completi, strettamente riferibili alla decisione
impugnata, ciò che comporta l’esatta individuazione del capo di pronunzia che
si intende censurare e l’esposizione di ragioni che illustrino in modo
intelligibile ed esauriente le dedotte violazioni di norme o principi di
diritto, ovvero le carenze della motivazione (Cass. n. 20652 del 2009; Cass. n.
15952 del 2007; Cass. n. 13259 del 2007; Cass. n.
5637 del 2006; Cass. n. 2312 del 2003). In particolare si è precisato che
il vizio di violazione e falsa applicazione di legge di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3, deve essere dedotto, a pena
di inammissibilità a mente dell’art. 366 c.p.c.,
n. 4, non solo con l’indicazione delle norme asseritamente violate, ma anche, e
soprattutto, mediante specifiche argomentazioni intese a dimostrare
motivatamente in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella
sentenza gravata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme
regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita
dalla giurisprudenza di legittimità;
diversamente, si impedisce alla Corte regolatrice di
adempiere il proprio compito istituzionale di verificare il fondamento della
lamentata violazione (in termini, da ultimo, Cass. n. 16760 del 2015; conformi:
Cass. n. 5353 del 2007; Cass. n. 1063 del 2005; Cass. n. 8106 del 2006);
2.2 nella specie, al cospetto dell’affermazione
contenuta nella sentenza impugnata secondo cui l’Agenzia delle Dogane ha
violato l’art. 22 I. n.
300/1970 nella parte in cui prevede che «il trasferimento dall’unità
produttiva dei dirigenti delle rappresentanze sindacali aziendali […] può
essere disposto solo previo nulla osta delle associazioni sindacali di
appartenenza», parte ricorrente non censura specificamente l’applicabilità di
detta disposizione alla fattispecie concreta, limitandosi a sostenere che, per
non venir meno «a quello che è lo spirito e la volontà del legislatore»,
occorrerebbe limitarne la portata applicativa laddove «vi siano fatti che
abbiano determinato in capo all’interessato l’avvio di un procedimento penale».
Con ciò mostrando di non cogliere però l’effettiva ratto decidendi, che si
fonda sul richiamo alle prerogative sindacali nei luoghi di lavoro puntualmente
regolate nella I. n. 300/1970, la cui
applicabilità anche al pubblico impiego si evince dal combinato disposto degli artt. 42 comma 6 e 51 comma 2
d. Igs. n. 165/01 e dai contratti collettivi nazionali di lavoro (Cass. 12.7.2016, n. 14196);
2.3 e difatti, in mancanza del previsto «nulla
osta», non vale scrutinare l’esistenza di situazioni di incompatibilità
ambientale atte a sorreggere, ex art. 2103 cod. civ.,
il trasferimento che, se disposto nei confronti di dirigente sindacale senza
l’osservanza delle formalità prescritte – fatto acclarato nella sentenza
impugnata e non revocato in dubbio dalla difesa della ricorrente, resterebbe
nondimeno inficiato da una presunzione di anti-sindacalità;
2.4 non fondati sono, poi, gli ulteriori «dubbi in
ordine alla legittimazione del lavoratore a far valere pretese che sembrano
riconducibili alla sola O.S. coinvolta». Anche in questo caso la ricorrente non
si confronta con la decisione, che richiama espressamente l’orientamento di
questa Corte secondo cui «lo stesso dirigente della rappresentanza sindacale
aziendale L.] è legittimato a proporre diretta ed autonoma azione volta a far
valere l’illegittimità del trasferimento per mancata richiesta del nulla osta
sindacale prescritto dall’art.
22 dello Statuto dei lavoratori» (Cass. 19.11.1997, n. 11521);
2.5 l’ulteriore tesi del ricorrente in ordine
all’inapplicabilità dell’onere di richiedere il previo «nulla osta» per i
trasferimenti occasionati da ragioni di incompatibilità ambientale, viepiù se
legate a indagini penali nei confronti del dipendente interessato, mira a
delineare, senza il supporto di pertinenti elementi logico-argomentativi, un
immotivato restringimento della portata applicativa dell’art. 22, cit., contrastante
con la ratio della disposizione «diretta ad evitare pregiudizi all’attività
sindacale nel luogo di lavoro in cui è chiamato ad operare il componente della
r.s.u. interessato al trasferimento» (Cass. 29.12.2011, n. 29633), donde, per
tal guisa, l’inidoneità della censura a integrare i presupposti di specificità
imposti dall’art. 366 n. 4 c.p.c.;
2.6 le residuali argomentazioni sviluppate dalla
ricorrente sul «primo provvedimento di trasferimento del 7.3.2013», non
impugnato e (in tesi) necessitato per effetto dell’ordinanza, resa dal GIP di
Tempio Pausania, di interdizione ex art. 289 c.p.p.
dalle attività connesse all’ufficio di Olbia, non sono (a ben vedere) utilmente
scrutinabili: al fine di consentire al giudice di legittimità il controllo
della decisività del documento era onere della parte trascriverne il contenuto,
dato che solo mediante tale specificazione la Corte di cassazione, cui è
precluso (come noto) l’esame diretto degli atti di causa, avrebbe potuto
delibare sulla decisività della risultanza (Cass. 4.3.2014 n. 1980);
3. in via conclusiva, il ricorso deve ritenersi nel
complesso infondato e, pertanto, si deve dare atto, ai fini e per gli effetti
precisati da Cass. S.U. n. 4315/2020, della ricorrenza delle condizioni
processuali previste dall’art. 13,
comma 1-quater, del d.P.R. n. 115/2002, come modificato dalla L. 24.12.12 n. 228, per il raddoppio del
contributo unificato.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al
pagamento delle spese processuali di parte controricorrente liquidate in euro
4.000,00 per compensi professionali, oltre 200,00 per esborsi, 15 % di spese
forfettarie e accessori legali.
Ai sensi dell’art. 13 co. 1-quater del DPR 115 del
2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma
1-bis dello stesso articolo 13,
se dovuto.