Prassi – FONDAZIONE STUDI CDL – Approfondimento 05 luglio 2022

Reddito di cittadinanza, la disciplina penale al vaglio della
Cassazione

 

PREMESSA

 

Introdotto dal decreto legge n. 4/2019, convertito
con modificazioni dalla legge n. 26/2019, il Reddito di cittadinanza è una
misura di politica attiva di lavoro e di contrasto alla povertà. Per usufruire
del sussidio, è necessaria la presenza di determinati requisiti, tra cui la
presentazione di un Isee inferiore ai 9.360 euro all’anno e la residenza in
Italia da almeno dieci anni al momento della presentazione della domanda, di
cui gli ultimi due anni in modo continuativo. Con il presente approfondimento,
la Fondazione Studi Consulenti del Lavoro oltre ad illustrare il quadro
normativo relativo al sussidio, la platea di riferimento, i requisiti e i
documenti da allegare alla richiesta, si focalizza sulle figure delittuose,
previste dall’articolo 7 del citato decreto (commi 1 e 2) che sono state
sottoposte al vaglio della Corte di Cassazione.

 

LE NORME PENALI RELATIVE AL REDDITO DI CITTADINANZA
AL VAGLIO DELLA CORTE DI CASSAZIONE

 

Il decreto legge n. 4/2019 (convertito con
modificazioni dalla legge 26/2019) – con il quale è stato introdotto il Reddito
di cittadinanza – ha previsto, all’articolo 7, due figure delittuose (commissive
e omissive, di condotta e di pericolo) da inquadrare nell’ambito dei reati di
falsità in atti e personale.

La prima fattispecie criminosa – disciplinata nel
comma 1 – punisce chi, al fine di ottenere indebitamente il Reddito di
cittadinanza, “rende o utilizza dichiarazioni o documenti falsi o attestanti
cose non vere, ovvero omette informazioni dovute”.

La seconda – delineata nel comma 2 – sanziona il
soggetto che ometta di comunicare le “variazioni del reddito o del patrimonio,
anche se provenienti da attività irregolari, nonché di altre informazioni
dovute e rilevanti ai fini della revoca o della riduzione del beneficio”, che
si sono verificate successivamente alla presentazione della domanda.

In diverse pronunce, la Corte di Cassazione ha
stabilito quali condotte devono essere sussunte ora nell’una ora nell’altra
norma, fermo rimanendo il fatto che l’indebita percezione del beneficio
economico può altresì integrare il reato di truffa per il conseguimento di
erogazioni pubbliche ai sensi dell’articolo 640-bis del codice penale.

Il Collegio di legittimità ha, inoltre, ritenuto che
l’impossessamento del denaro del Reddito di cittadinanza mediante minaccia da
parte del titolare della carta nei confronti del coniuge-detentore integra il
reato di estorsione, poiché il Reddito di cittadinanza riguarda somme destinate
a tutti i componenti della famiglia e non solo all’intestatario del sussidio.

Infine, la Corte ha statuito che, in presenza di
gravi indizi di colpevolezza in ordine alla commissione dei reati di cui
all’articolo 7 del D.L. n. 4/2019, l’Autorità Giudiziaria può disporre il
sequestro preventivo della “carta Rdc” al fine di evitare che, mediante la
libera disponibilità di tale documento, il richiedente possa continuare a
percepire indebitamente il beneficio economico.

 

1. Inquadramento normativo. Il reddito di
cittadinanza. I beneficiari. I requisiti. Le dichiarazioni rese e i documenti
allegati alla richiesta. La “carta Rdc”

Con il decreto legge 28 gennaio 2019, n. 4
(convertito con modificazioni dalla legge 28 marzo 2019, n. 26) è stato
istituito il Reddito di cittadinanza “quale misura fondamentale di politica
attiva del lavoro a garanzia del diritto al lavoro, di contrasto alla povertà,
alla disuguaglianza e all’esclusione sociale, nonché diretta a favorire il
diritto all’informazione, all’istruzione, alla formazione e alla cultura
attraverso politiche volte al sostegno economico e all’inserimento sociale dei
soggetti a rischio di emarginazione nella società e nel mondo del lavoro”
(articolo 1).

Ai fini che qui interessano, merita richiamare gli
aspetti salienti dell’articolo 2 del D. L. n. 4/2019, secondo cui:

a) il reddito di cittadinanza “è riconosciuto ai
nuclei familiari”;

b) per ottenere tale beneficio economico:

1. il nucleo familiare deve possedere particolari
“requisiti reddituali e patrimoniali”, individuati sulla base dei valori
“dell’Indicatore della situazione economica equivalente (ISEE)”, del
“patrimonio immobiliare”, del “patrimonio mobiliare”, del “reddito familiare”;

2. in riferimento ai cosiddetti “beni durevoli”,
nessun componente il nucleo familiare deve essere “intestatario a qualunque
titolo” o avere la “piena disponibilità” di autoveicoli e motoveicoli
(immatricolati dopo un certo periodo e di cilindrata superiore rispettivamente
a 1600 cc e a 250 cc) e di navi e imbarcazioni da diporto.

Pertanto, chi intende ricevere il Reddito di
cittadinanza, deve presentare una richiesta contenente le dichiarazioni o alla
quale sono allegati i documenti che attestano il possesso dei requisiti
indicati nell’articolo 2.

Infine, un altro aspetto che riveste interesse è
contenuto nel comma 6 dell’articolo 5 del D. L. n. 4/2019, in base al quale “il
beneficio economico è erogato attraverso la carta Rdc”.

 

2. I reati previsti dall’articolo 7, commi 1 e 2,
del D. L. 4/2019

Il legislatore, all’articolo 7, ha previsto “due
diversi reati, uno per la fase genetica, l’altro per la fase successiva al
riconoscimento dei beneficio economico”. (NOTA 1)

L’articolo 7, al comma 1, punisce con la pena della
reclusione da due a sei anni la condotta di chi, al fine di ottenere
indebitamente il Reddito di cittadinanza, “rende o utilizza dichiarazioni o
documenti falsi o attestanti cose non vere, ovvero omette informazioni dovute”.

Secondo la Corte di Cassazione, tale delitto è
caratterizzato dal dolo specifico. (NOTA 2)

Pertanto, il reato sussiste quando la condotta
dell’agente è finalizzata a conseguire un beneficio economico indebito.

Deve, quindi, ritenersi indebito quel Reddito di
cittadinanza che il richiedente ha ottenuto, avendo “reso dichiarazioni
mendaci, prodotto documentazioni materialmente o ideologicamente false” o non
avendo “fornito tutte le informazioni dovute”. (NOTA 3)

Al comma 2 della stessa norma è sanzionato con la
pena della reclusione da uno a tre anni chi omette di comunicare – entro i
termini di cui all’articolo 3, commi 8, ultimo periodo, 9 e 11 del medesimo
decreto legge – le “variazioni del reddito o del patrimonio, anche se
provenienti da attività irregolari, nonché di altre informazioni dovute e
rilevanti ai fini della revoca o della riduzione del beneficio”.

La Corte di Cassazione ha stabilito che tale reato è
punito a titolo di dolo generico. (NOTA 4)

È agevole, dunque, rilevare che nei commi 1 e 2
dell’articolo 7 sono state previste fattispecie delittuose (commissive e
omissive) da inquadrare nei reati di falsità in atti e personale.

Sul punto, la Corte di Cassazione ha statuito che
“entrambe le fattispecie si configurano come reati di condotta e di pericolo,
in quanto dirette a tutelare l’Amministrazione contro mendaci e omissioni circa
l’effettiva situazione patrimoniale e reddituale da parte dei soggetti che
intendono accedere o già hanno acceduto al Reddito di cittadinanza”. (NOTA 5)

 

3. La ratio delle figure di reato previste dall’articolo
7 del D. L. 4/2019

La ratio della disciplina di cui all’articolo 7 è –
secondo la Corte di legittimità – da individuare nel generale “principio
antielusivo”, “il quale si ricollega alla nozione di capacità contributiva ai
sensi dell’art. 53 Cost., la cui ratio risponde al più generale principio di
ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost., onde il disvalore del reato di condotta
riflette, ben oltre al profilo del pericolo di conseguimento di un profitto
ingiusto, il dovere di lealtà del cittadino verso le istituzioni dalle quali
riceve un  beneficio economico”. (NOTA 6)

 

4. Le ipotesi applicative delle fattispecie
incriminatrici contemplate nell’articolo 7 del D. L. 4/2019

Secondo la Corte di Cassazione, le ipotesi di reato
descritte nell’articolo 7 “sono destinate a trovare applicazione
indipendentemente dall’accertamento dell’effettiva sussistenza delle condizioni
per l’ammissione al beneficio e, in particolare, del superamento delle soglie
di legge”. (NOTA 7)

Il Collegio di legittimità ha, pertanto, concluso
che “le false indicazioni o le omissioni, anche parziali, dei dati di fatto
riportati nelle dichiarazioni previste per l’ammissione al Reddito di
cittadinanza integrano la fattispecie di rilievo penale indipendentemente dalla
effettiva sussistenza delle condizioni di reddito per l’ammissione al
beneficio”.(NOTA 8)

 

5. Le dichiarazioni o l’uso di documenti falsi o
attestanti cose non vere e l’omissione di informazioni dovute. L’ipotesi
delittuosa disciplinata dal comma 1 dell’articolo 7 del D. L. 4/2019. Casistica

Merita, ora, concentrare l’attenzione su quelle
decisioni in cui la Corte di Cassazione ha ritenuto sussistere il reato
delineato nell’articolo 7, comma 1, del D. L. n. 4/2019.

In particolare, il Collegio di legittimità ha
ravvisato tale ipotesi delittuosa nel caso in cui, al momento della
presentazione all’Inps della domanda diretta ad ottenere il Reddito di
cittadinanza:

1) due coniugi “hanno dichiarato il falso,
attestando lo stato di disoccupazione di entrambi”, mentre, al contrario, era
stato accertato che essi svolgevano un’attività lavorativa “al nero”; (NOTA 9)

2) il richiedente non ha dichiarato “l’importo delle
vincite di somme di danaro conseguite per eventi di fortuna nel periodo di
riferimento attraverso la partecipazione a scommesse on line”;(NOTA 10)

3) è stato omesso di indicare, “l’informazione che
il padre fosse detenuto, essendo la circostanza sottaciuta rilevante ai fini
della verifica della sussistenza delle condizioni necessarie per accedere al
predetto beneficio, secondo la previsione di cui all’art. 3, comma 13, del
decreto legge n. 4 del 2019”. (NOTA 11)

In una recente decisione, il Collegio di legittimità
ha stabilito che è da ricondurre nell’alveo della norma di cui al comma 1 il
comportamento consistito nell’avere “omesso di dichiarare situazioni ostative
al percepimento del reddito di cittadinanza”. (NOTA 12)

In tale caso, la condotta si era sostanziata
nell’aver taciuto (dunque, in un’omissione consapevole) l’esistenza di una
situazione che, se palesata, non avrebbe consentito al richiedente di percepire
il Reddito di cittadinanza.

Non vi è dubbio che, in situazioni del genere, il
richiedente è da giudicare responsabile della condotta tenuta, poiché
l’omissione ha riguardato un elemento essenziale, un presupposto fondamentale
per ottenere il beneficio economico de quo.

 

6. L’omessa comunicazione delle variazioni del
reddito o del patrimonio, anche se provenienti da attività irregolari, nonché
di altre informazioni dovute e rilevanti ai fini della revoca o della riduzione
del beneficio prevista dal comma 2 dell’articolo 7 del D. L. 4/2019. Casistica

In alcune sentenze, la Corte di Cassazione ha
impresso il sigillo di legittimità su provvedimenti emanati da Tribunali del
riesame, i quali hanno ravvisato il fumus del reato di cui al comma 2
dell’articolo 7 nelle ipotesi in cui il richiedente abbia omesso di comunicare:

1) che, in seguito all’entrata in vigore della legge
n. 26/2019 di conversione del D. L. n. 4/2019, non era più in possesso di un
requisito, che, invece, aveva al momento della presentazione della domanda,
avvenuta sotto il vigore del decreto legge. Tale decisione è stata adottata
sulla base del principio secondo cui “i requisiti per ottenere il reddito di
cittadinanza devono sussistere non solo al momento della domanda, ma persistere
per tutto il periodo della erogazione del beneficio. L’omessa comunicazione
della variazione costituisce reato ai sensi dell’art. 7, comma 2, d. l. n. 4 e
costituisce causa di immediata revoca del Rdc ai sensi del successivo comma
terzo”; (NOTA 13)

2) “il sopraggiunto stato di detenzione del figlio,
per effetto dell’esecuzione di un’ordinanza applicativa della custodia
cautelare in carcere, ed ha percepito così, indebitamente ed in parte, il
beneficio economico”. (NOTA 14)

 

7. L’indebita percezione del Reddito di
cittadinanza. La fattispecie criminosa prevista dall’articolo 640-bis del
codice penale

È da richiamare l’attenzione sul fatto che, secondo
la Corte di Cassazione, ottenere il Reddito di cittadinanza in maniera fraudolenta
(quindi, “con artifizi e raggiri”), integra il reato di truffa per il
conseguimento di erogazioni pubbliche, previsto dall’articolo 640-bis del
codice penale. (NOTA 15)

Tale norma, letta in combinato con quella di cui
all’articolo 640 dello stesso codice (truffa), stabilisce la punizione di
chiunque, con artifizi o raggiri, inducendo in errore lo Stato, altri enti
pubblici o le Comunità europee, ottiene da parte di questi la concessione o
l’erogazione di “contributi, sovvenzioni, finanziamenti, mutui agevolati ovvero
altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate”, con ciò procurando a
sé o ad altri un ingiusto profitto con danno dei soggetti sopra menzionati.

Orbene, nel caso esaminato dalla Corte di
Cassazione, il soggetto agente, con artifizi e raggiri (rappresentati
dall’avere reso una “dichiarazione reddituale non conforme alle reali
possidenze mobiliari”), inducendo in errore l’ente pubblico erogatore, ha
ottenuto il Reddito di cittadinanza, che, senza quella dichiarazione falsa, non
avrebbe potuto ricevere.

In questo modo, il soggetto agente ha procurato a sé
o ad altri (il nucleo familiare) un profitto da reputare “ingiusto”.

 

8. Il trattamento sanzionatorio

Le norme sopra richiamate fissano sanzioni
particolarmente gravi. Infatti, al soggetto, ritenuto responsabile del reato
previsto dall’articolo 640-bis del codice penale, potrà essere inflitta la pena
della reclusione da uno a sei anni di reclusione, mentre quello giudicato
colpevole del delitto di cui al comma 1 dell’articolo 7 sarà passibile della
pena della reclusione da due a sei anni, e, infine, al responsabile del reato
ex comma 2 dello stesso articolo potrà essere comminata la pena della
reclusione da uno a tre anni.

 

9. Il concorso del reato di truffa per il
conseguimento di erogazioni pubbliche con quello di falsità nelle dichiarazioni
o in atti di cui all’art. 7 del D. L. 4/2019

Alla luce di un principio generale, più volte
espresso dalla Corte di Cassazione, può affermarsi che il reato di truffa (ex
articolo 640-bis del codice penale) per avere percepito un indebito Reddito di
cittadinanza ben può concorrere con quello di falsità in atti o in
dichiarazioni (ai sensi dell’articolo 7, commi 1 e 2, del d. l. 4/2019)
commesso al fine di conseguire illecitamente il suddetto beneficio economico.
Ciò perché i beni giuridici protetti dalle due norme sono diversi: il
patrimonio dello Stato, di altri enti pubblici o dell’Unione europea, quello
dell’articolo 640-bis del codice penale, e la fede pubblica, quello
dell’articolo 7 del D. L. n. 4/2019.

 

10. L’attribuzione e la finalità del Reddito di
cittadinanza. L’impossessamento del denaro del Reddito di cittadinanza mediante
minaccia da parte del titolare della carta nei confronti del coniuge –
detentore. Il reato di estorsione

In un caso, la Corte di Cassazione è stata chiamata
a stabilire se integri il reato di estorsione la condotta di chi abbia
esercitato minaccia e violenza nei confronti della moglie “intimandole di
consegnargli il denaro del reddito di cittadinanza (a lui intestato ed unica
fonte di sostentamento del nucleo familiare)”.

Nel decidere la questione, il Collegio di
legittimità ha, in primo luogo, precisato che il Reddito di cittadinanza è “un
sussidio che soccorre l’intero nucleo familiare”, poiché “viene elargito sulla
base di certificazioni relative alla posizione reddituale di tutti i componenti
della famiglia”. (NOTA 16)

Pertanto, secondo la Corte di Cassazione, il
beneficio economico in questione “riguarda somme destinate a tutti i componenti
della famiglia e non solo all’intestatario del reddito”. (NOTA 17)

Non può, quindi, essere considerata – a parere del
Collegio – “apprensione di un bene proprio” la condotta posta in essere dal
titolare della carta (che permette l’accesso al reddito di cittadinanza) il
quale se ne impossessi mediante violenza o minaccia a danno del
coniuge-detentore.

In questo caso, infatti, la violenza è “diretta ad
apprendere somme destinate al sostentamento non solo” del soggetto agente
(titolare della carta), “ma dell’intera famiglia”.

La Corte di Cassazione ha, pertanto, concluso che,
quando il Reddito di cittadinanza è stato concesso “sulla base della
valutazione della posizione di un intero nucleo familiare”, l’apprensione
illegittima della carta integra il reato di estorsione.

 

11. Il sequestro preventivo della “carta RdC”

La Corte di legittimità ha unanimemente stabilito
che, sussistendo il fumus dei reati previsti dall’articolo 7, commi 1 e 2, del
D. L. n. 4/2019, l’Autorità Giudiziaria può disporre, ai sensi dell’articolo
321 del codice di procedura penale, il sequestro preventivo della “carta Rdc”,
al fine di evitare che, mediante la libera disponibilità di tale documento, il
richiedente possa aggravare o protrarre le conseguenze del reato, vale a dire
continuare a percepire indebitamente il beneficio economico.

Il Collegio ha, pertanto, formulato il seguente
principio di diritto: “ai sensi dell’art. 7 del d. l. n. 4 del 2019,
convertito, con modificazioni, dalla legge n. 26 del 2019, il sequestro
preventivo della carta reddito di cittadinanza, nel caso di false indicazioni
od omissioni di informazioni dovute, anche parziali, da parte del richiedente,
può essere disposto anche indipendentemente dall’accertamento dell’effettiva
sussistenza delle condizioni per l’ammissione al beneficio”. (NOTA 18)

 

Note:

 (1) Cass. Pen., Sez. III,
25 novembre 2021, n. 1351/2022 (dep. 2022), Lacquaniti.

(2) Cass. Pen., Sez. III, 24 settembre 2021, n. 5309, Iuorio.
Nello stesso senso si era già pronunciata Cass. Pen., Sez. III, 25 ottobre
2019, n. 5289 (dep. 2020), Sacco.

(3) Cass. Pen., Sez.
III, 15 settembre 2021, n. 44366, Gulino.

(4) Cass. Pen., Sez. III, 25 novembre 2021, n. 1351/2022 (dep.
2022), Lacquaniti.

(5) Cass. Pen., Sez. III, 25 ottobre 2019, n. 5289 (dep. 2020),
Sacco e, negli stessi termini, v. Cass. Pen., Sez. III, 24 settembre 2021, n.
5309, Iuorio.

(6) Cass. Pen., Sez. III, 25 ottobre 2019, n. 5289 (dep. 2020),
Sacco. Il concetto è stato ripreso da Cass. Pen., Sez.

III, 24 settembre 2021, n. 5309, Iuorio.

(7) Ibidem.

(8) Ibidem.

(9) Cass. Pen.,
Sez. III, 25 ottobre 2019, n. 5289 (dep. 2020), Sacco. Peraltro, in tale
sentenza – importante sotto molteplici profili – è stato affermato che “il
legislatore ha concepito le sanzioni penali di cui al richiamato art. 7, allo
scopo di evitare che il soggetto beneficiario del reddito di cittadinanza possa
omettere di comunicare all’amministrazione l’esistenza di redditi percepiti al
nero, lasciando all’amministrazione stessa l’onere di determinarne l’esatto
ammontare e di computarlo ai fini del superamento delle soglie di accesso al
beneficio”.

(10) Cass. Pen., Sez. III, 15 settembre 2021, n. 44365, Marino;
v., altresì, Cass. Pen., Sez. III, 24 settembre 2021, n. 5309, Iuorio.

(11) Cass. Pen., Sez.
III, 15 settembre 2021, n. 44366, Gulino.

(12) Cass. Pen., Sez. VII, 8 aprile 2022, n. 19751, Carriola.

(13) Cass. Pen., Sez. III, 4 marzo 2021, n. 33431, Sferlazza.

(14) Cass. Pen., Sez. III, 25 novembre 2021, n. 1351/2022 (dep.
2022), Lacquaniti.

(15) Cass. Pen., Sez. II, 12 aprile 2022, n. 19590, Gaeta. In tale
decisione, il Collegio di legittimità ha ravvisato la fattispecie delittuosa in
parola nel caso di un soggetto il quale, al fine di ottenere l’erogazione del
reddito di cittadinanza, ha reso una “dichiarazione reddituale non conforme
alle reali possidente mobiliari”.

(16) Cass. Pen., Sez. II, 17 marzo 2022, n. 17012, Romano.

(17) Ibidem.

(18) Cass. Pen., Sez. III, 25 ottobre 2019, n. 5289 (dep. 2020),
Sacco.

 

Prassi – FONDAZIONE STUDI CDL – Approfondimento 05 luglio 2022
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