Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 13 luglio 2022, n. 22094

Rapporto di lavoro, Impiegata amministrativa, Mutamento
delle mansioni, Rifiuto di sottoposizione a visita medica, Licenziamento,
Legittimità

Rilevato che

 

1. La Corte di appello di Bologna, con la sentenza
n. 678/2019, ha confermato la pronuncia emessa dal Tribunale della stessa sede
che aveva rigettato l’impugnativa del licenziamento, intentata da A. T.,
irrogato dalla M.F.M. spa (ora R. spa), di cui era stata dipendente dal 10.11.2000
con mansioni di impiegata amministrativa livello 4°.

2. Il recesso era stato adottato, con missiva
dell’11.10.2007, per giusta causa con riferimento alla lettera di contestazione
disciplinare del 20.9.2017 in cui le era stato ascritto di essersi rifiutata di
effettuare la visita medica nelle giornate del 12.9.2017 e del 19.9.2017, nella
prima circostanza adducendo l’inidoneità del luogo di svolgimento del controllo
e, nel secondo caso, omettendo di presentarsi nel luogo ed orario del previsto
espletamento.

3. La Corte territoriale, a fondamento della
decisione, ha rilevato che: a) in data 1.9.2017 la datrice di lavoro aveva
convocato, a mezzo di lettera, la T. a visita medica per la data del 12.9.2017
comunicandole, contestualmente, che avrebbe preso servizio in Roma presso
l’appalto di Trenitalia; b) in quella data la T. si era rifiutata di sottoporsi
a visita e con successiva mail aveva affermato che non era possibile sottoporsi
ad esami invasivi come i prelievi di sangue all’interno di una stanza “riunioni
aziendali” non asettica e neanche disinfettata, ribadendo la propria
disponibilità alla visita in un luogo idoneo; c) la T. era stata nuovamente
convocata in data 19.9.2019 presso un centro medico ma, in pari data, aveva
inviato una lettera nella quale aveva affermato che si era presentata presso
l’appalto di Trenitalia per prendere notizie sulle mansioni e che, appresa la
notizia che concernevano quelle di addetta alle pulizie, aveva dichiarato la
sua indisponibilità all’accertamento medico finalizzato allo svolgimento di
mansioni illegittime non confacenti alla propria professionalità; d) la
richiesta di sottoposizione a visita medica era conforme alla legge e il
rifiuto doveva reputarsi illegittimo e non giustificato.

4. Avverso la decisione di secondo grado ha proposto
ricorso per cassazione A. T. affidato a due motivi cui ha resistito la R. spa
(già M.F.M. spa).

5. Le parti hanno depositato memorie.

 

Considerato che

 

1. I motivi possono essere così sintetizzati.

2. Con il primo motivo la ricorrente denuncia la
violazione e/o falsa applicazione degli artt. 20 e 41 D.Igs. n. 81/2008, in
relazione all’art. 32 Cost., all’art. 2103 cc e all’art.
1460 cc, ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 3 cpc,
per avere la Corte distrettuale erroneamente interpretato le suddette
disposizioni che impongono al datore di lavoro di sottoporre il dipendente ad
accertamenti sanitari in ipotesi di cambio di mansioni e al lavoratore di
sottoporvisi. Sostiene, in primo luogo, che la visita medica disposta
dall’azienda aveva la sola finalità di accertare l’idoneità della lavoratrice
non allo svolgimento delle mansioni già assegnate e in corso di svolgimento,
come previsto dall’art. 5 della
legge n. 300/70, bensì l’idoneità a svolgere nuove e ben diverse mansioni
lavorative assegnatele illegittimamente, per cui la fattispecie concreta non
era sussumibile in quella normativamente prevista in quanto non avrebbe dovuto
essere considerato solo il fatto oggettivo del cambio di mansioni, ma anche
quello finalistico della illegittimità del nuovo incarico.

3. Con il secondo motivo si censura la violazione
e/o falsa applicazione dell’art. 2119 cc nonché
l’insussistenza della giusta causa di licenziamento, ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 3 cpc, per non avere considerato
la Corte di merito, ai fini dell’accertamento della sussistenza della giusta
causa, da un lato, l’elemento soggettivo del comportamento connotato da buona
fede e, dall’altro, la sproporzione della sanzione inflitta rispetto alla
condotta contestata.

4. Il primo motivo è infondato.

5. L’art.
41 co. 2 lett. d), per quello che interessa in questa sede, testualmente
prevede che <la sorveglianza sanitaria comprende…. visita medica in
occasione del cambio della mansione onde verificare l’idoneità alla mansione
specifica>.

6. In punto di fatto, nella gravata sentenza si
legge che: in data 1.9.2017 la società datrice di lavoro aveva convocato a
mezzo lettera la T. a visita medica, per il giorno 12.9.2017, contestualmente
comunicandole che avrebbe preso servizio a Roma, presso l’appalto Trenitalia,
che re avrebbe comportato un cambio delle mansioni svolte in precedenza; la
lavoratrice, in data 12.9.2017, aveva rifiutato la visita, come annotato sul
certificato dal medico competente e il successivo 15.9.2017 aveva inoltrato una
mali in cui aveva affermato che non era certo possibile essere sottoposti ad
esami medici invasivi come prelievi di sangue all’interno di una stanza
riunioni aziendale non asettica e neppure disinfettata, ribadendo la propria
disponibilità alla visita in luogo idoneo; la società, con una successiva
missiva, aveva dichiarato che la T. si era presentata presso l’appalto di Trenitalia
per assumere le mansioni di addetta alle pulizie, ma essendo necessaria la
visita medica, era stata convocata presso un centro medico per il 19.9.2017; la
lavoratrice aveva risposto che le nuove mansioni assegnatele erano illegittime
perché incompatibili con il suo percorso professionale e colle sue condizioni
di salute e non si presentava alla disposta visita del 19.9.2017; da qui, poi,
la contestazione del 20.9 e le successive giustificazioni rese dalla T.

7. Orbene, in punto di diritto, deve rilevarsi che
la visita medica di idoneità in ipotesi di cambio delle mansioni è prescrittot
per legge e la richiesta di sottoposizione a visita, da parte del datore di
lavoro, prima della assegnazione alle nuove mansioni, come correttamente
sottolineato dalla Corte distrettuale, non è censurabile e, anzi, è un
adempimento dovuto.

8. Deve, quindi, valutarsi se il rifiuto della
lavoratrice, perché rivolto a contrastare un illegittimo demansionamento,
atteso che le nuove mansioni erano state ritenute dalla lavoratrice non
conformi alla qualifica rivestita e non compatibili con le condizioni di
salute, fosse o meno legittimo.

9. La decisione della Corte di merito, sul punto, è
corretta e va condivisa.

10. La visita medico disposta (del 12.9.2017) era
preventiva e prodromica all’assegnazione delle nuove mansioni (del 18.9.2017):

l’omissione di detta visita avrebbe costituito un
colposo e gravt inadempimento di parte datoriale.

11. Coerentemente è stata disposta, a seguito della
contestazione della lavoratrice, una nuova visita per il 19.9.2017, senza che
fossero espletate le diverse e nuove mansioni; anche a tale visita la
lavoratrice non si era sottoposta adducendo nuove ragioni.

12. La reazione della T. non è assolutamente
giustificabile ai sensi dell’art. 1460 cc
perché, da un lato, il datore di lavoro si era limitato ad adeguare la propria
condotta alle prescrizioni imposte dalla legge per la tutela delle condizioni
fisiche dei dipendenti nell’espletamento delle mansioni loro assegnate e,
dall’altro, la dipendente avrebbe ben potuto impugnare un eventuale esito della
visita, qualora non condiviso, ovvero l’asserito illegittimo demansionamento,
innanzi agli organi competenti.

13. L’art. 1460 cc,
invocato dall’odierna ricorrente, è applicabile solo in caso di totale
inadempimento del datore di lavoro o in ipotesi di gravità della condotta tanto
grave da incidere in maniera irrimediabile sulle esigenze vitali del lavoratore
medesimo (Cass. n. 836/2018): ipotesi, queste,
escluse dalla Corte di merito con un accertamento in fatto, esente dal vizio di
motivazione ex art. 360 n. 5 cpc (nuova
formulazione) e, pertanto, insindacabile in sede di legittimità (Cass. n. 11430/2006).

14. Il secondo motivo è inammissibile.

15. La giusta causa di licenziamento, che deve
rivesl:ire il carattere di grave negazione degli elementi essenziali del
rapporto di lavoro e, in particolare, dell’elemento fiduciario, integra una
clausola generale che richiede di essere concretizzata dall’interprete tramite
valorizzazione dei fattori esterni relativi alla coscienza generale e dei
principi tacitamente richiamati dalla norma, quindi mediante specificazioni che
hanno natura giuridica e a cui disapplicazione è deducibile in sede di
legittimità come violazione di legge, mentre l’accertamento della ricorrenza
concreta degli elementi del parametro normativo si pone sul diverso piano del
giudizio di fatto demandato al giudice del merito e incensurabile in cassazione
se privo di errori logici e giuridici (Cass.
26.4.2012 n. 6498; Cass. n. 5095/2011).

16. Nella fattispecie in esame la ricorrente lamenta
che la Corte di merito non abbia valutato, da un lato, l’elemento soggettivo e
cioè la buona fede nel rifiutarsi a sottoporsi a visita medica e, dall’altro,
la sproporzione tra la sanzione inflitta rispetto alla condotta contestata.

17. Si tratta, come è agevole rilevare, di
contestazione di riguardanti non il parametro normativo di cui all’art. 2119 cc, ma la ricorrenza di elementi idonei
a costituire la giusta causa di licenziamento e la proporzionalità della
sanzione che costituiscono accertamenti di fatto devoluti al giudice del merito
il quale, nel caso de quo, con motivazione corretta sul versante logico e
giuridico, e quindi incensurabile in cassazione, ha ritenuto comprovati, sulla
base della ricostruzione dei fatti documentalmente risultante, l’illegittimità
del comportamento omissivo della dipendente, punito anche con sanzioni penali,
e lo scopo della condotta del datore di lavoro, finalizzata alla prevenzione
rispetto alla sicurezza e salubrità nei luoghi di lavoro cui l’art. 41 del D.Igs. n. 81 del 2008
è improntato.

18. E’ opportuno, infatti, ricordare che, tanto
l’accertamento dell’elemento soggettivo (Cass. n.
1788/2011) quanto il successivo giudizio sulla proporzionalità della
sanzione espulsiva adottata (Cass. n. 26010/2018)
sono demandati all’apprezzamento del giudice di merito che, se sorretto da
adeguata e logica motivazione, è incensurabile in sede di legittimità.

19. Alla stregua di quanto esposto il ricorso deve
essere rigettato.

20. Al rigetto segue la condanna della ricorrente al
pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano
come da dispositivo.

21. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n.
115/02, nel testo risultante dalla legge
24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti
processuali, sempre come da dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al
pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio
di legittimità che liquida in euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese
forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro
200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n.
115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma
1 bis dello stesso art. 13, se
dovuto.

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