Fabio Iacobone
Il Tribunale di Milano (11 febbraio 2022), muovendo dal disposto dell’art. 2, DPR. 30 giugno 1965, n. 1124 (secondo cui “l’assicurazione comprende tutti i casi di infortunio avvenuti per causa violenta in occasione di lavoro, da cui sia derivata la morte o un’inabilità permanente al lavoro, assoluta o parziale, ovvero un’inabilità temporanea assoluta che importi l’astensione dal lavoro per più di tre giorni”) ha analizzato le due condizioni idonee a qualificare un evento come infortunio sul lavoro: la causa violenta e l’occasione di lavoro.
Al riguardo, i giudici precisano che, in tema di infortuni sul lavoro: “l’azione violenta idonea a determinare, ex art. 2 del D.P.R. n. 1124 del 1965, una patologia riconducibile all’infortunio protetto deve operare come causa esterna, che agisce con rapidità ed intensità, in un brevissimo arco temporale, o comunque in una minima misura temporale, non potendo ritenersi indennizzabili come infortuni sul lavoro tutte le patologie che trovino causa nell’affaticamento, costituente normale conseguenza del lavoro” (Cass. ord. 3 settembre 2021, n. 23894); e che “nell’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro, costituisce causa violenta anche l’azione di fattori microbici o virali che, penetrando nell’organismo umano, ne determinano l’alterazione dell’equilibrio anatomo-fisiologico, sempreché tale azione, pur se i suoi effetti si manifestino dopo un certo tempo, sia in rapporto con lo svolgimento dell’attività lavorativa, anche in difetto di una specifica causa violenta alla base dell’infezione. La relativa dimostrazione può essere fornita in giudizio anche mediante presunzioni semplici”. In applicazione a tale principio, la Cassazione ha cassato la sentenza di merito che aveva rigettato la domanda di una assicurata, già infermiera professionale presso un centro di igiene mentale, volta a farsi riconoscere la natura di infortunio sul lavoro nella forma virale HBV HCV da cui era risultata affetta, “sull’assunto che mancasse la prova del nesso di causalità tra eventuali lesioni, da puntura di siringa o altro, e l’infezione contratta, laddove dal principio sopra enunciato discende l’irrilevanza di una specifica causa violenta” (v. Cass. 8 aprile 2004, n. 6899 conf. a Cass. 28 ottobre 2004, n. 20941; Cass. 12 maggio 2005, n. 9968).
Quanto all’“occasione di lavoro”, di cui all’art. 2 del D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, la Cassazione ha chiarito che essa ricomprende tutte le condizioni, incluse quelle ambientali e socio-economiche in cui l’attività lavorativa si svolge e nelle quali è insito un rischio di danno per il lavoratore, indipendentemente dal fatto che tale danno provenga dall’apparato produttivo o dipenda da terzi o da fatti e situazioni proprie del lavoratore, con il solo limite, in questo caso, del cosiddetto rischio elettivo (Cass. 5 gennaio 2015, n. 6).
L’art. 42, co. 2, DL. 17 marzo 2020, n. 14, “Misure di potenziamento del servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da Covid 19”, prevede che: “Nei casi accertati di infezione da coronavirus (Sars – CoV-2) in occasione di lavoro, il medico certificatore redige il consueto certificato di infortunio e lo invia telematicamente all’INAIL che assicura, ai sensi delle vigenti disposizioni, la relativa tutela dell’infortunato. Le prestazioni INAIL nei casi accertati di infezioni da coronavirus in occasione di lavoro sono erogate anche per il periodo di quarantena o di permanenza domiciliare fiduciaria dell’infortunato con la conseguente astensione dal lavoro. I predetti eventi infortunistici gravano sulla gestione assicurativa e non sono computati ai fini della determinazione dell’oscillazione del tasso medio per andamento infortunistico di cui agli articoli 19 e seguenti (dell’allegato 2 al decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali del 27 febbraio 2019, recante “Modalità per l’applicazione delle tariffe 2019”). La presente disposizione si applica ai datori di lavoro pubblici e privati”.
La circolare INAIL n. 13 del 3 aprile 2020 ha precisato che le affezioni morbose da Coronavirus avvenute “in occasione di lavoro” sono riconducibili, come accade per le malattie infettive a parassitarie, all’infortunio sul lavoro e non alla malattia professionale.
In tema, v. anche, in q. sito, M.N. BETTINI e S. ROSSI, Covid-19: contagio, infortunio e malattia.