La qualificazione di diversi reparti del punto vendita come rami d’azienda, con successivo trasferimento del solo reparto “food”, senza cedere il rapporto di lavoro degli addetti al reparto dei beni non alimentari, destinato poi alla dismissione, è illegittima.
Nota a Trib. Lodi 1 giugno 2022 e Trib. Busto Arsizio 15 febbraio 2022
Silvia Rossi
In un caso di cessione di un ipermercato, il Tribunale di Lodi (1° giugno 2022) e il Tribunale di Busto Arsizio (15 febbraio 2022) hanno ritenuto illegittimi i licenziamenti intimati ad una serie di lavoratori in seguito ad un presunto trasferimento di ramo d’azienda in ragione della ristrutturazione del punto vendita, in seguito alla quale veniva comunicato al sindacato che una parte dei lavoratori addetti non sarebbe stata trasferita alle dipendenze del cessionario a causa “del livello degli organici sovradimensionato rispetto, sia alle attuali che prospettiche, effettive esigenze operative e di business”. In altri termini, si trattava di una parziale cessione di ramo d’azienda, all’esito di un piano di riorganizzazione e risanamento, nel quale veniva ceduta una parte soltanto dell’attività di vendita (distinta per generi di beni e licenze), dunque cedendo solo in parte i dipendenti.
Secondo i richiamati Tribunali, infatti, è illegittimo qualificare i diversi reparti del punto vendita come rami d’azienda, trasferendo solo il reparto “food”, senza cedere il rapporto di lavoro degli addetti al reparto dei beni non alimentari, destinato poi alla dismissione.
La società sosteneva la sussistenza di un ramo d’azienda costituito dal reparto food, essendovi i requisiti di autonomia economica finanziaria (rispettivo budget), direttiva (rispettivi capi reparto), operativa (ordini di acquisto) e commerciale (scontistiche su prodotti specifici).
Tuttavia, secondo i giudici, nella comunicazione alle OO.SS (ex art. 47, L. n. 428/1990) non era stata ipotizzata l’esistenza di un ramo d’azienda autonomo a seguito della cessione, risultando dai fatti che era stata trasferita l’intera azienda punto-vendita ex art. 2112 c.c. e che i reparti erano privi di mezzi diretti a realizzare un risultato produttivo. Peraltro, alcuni ricorrenti operavano già nel reparto food e erano stati esclusi dal trasferimento “con ciò contraddicendo l’unico criterio (genericamente) addotto dell’appartenenza al ramo ceduto”.
I giudici ribadiscono che perché sussista il trasferimento di un ramo d’azienda, ai sensi del citato art. 2112 c.c., il ramo deve preesistere al trasferimento (Cass. n. 7364/2021) ed avere autonomia funzionale, ovvero una capacità, “già al momento dello scorporo del complesso cedente, di provvedere ad uno scopo produttivo con i propri mezzi funzionali ed organizzativi: e quindi di svolgere, senza integrazioni di rilievo da parte del cessionario, il servizio o la funzione finalizzati nell’ambito dell’impresa cedente” (v. Cass. n. 28593/2018; v. anche nn. 28508/2017 e 11247/2016; nonché CGUE 6 marzo 2014, C-458/12).
Stante la mancanza di rami d’azienda autonomi e preesistenti all’atto di cessione, nonché di criteri obiettivi di selezione dei lavoratori trasferiti, I tribunali hanno affermato il diritto dei ricorrenti alla prosecuzione del rapporto di lavoro ex art. 2112 c.c. in capo alla cessionaria.