La domanda di risarcimento del lavoratore che lamenti di aver subìto un infortunio a causa dell’inadempimento, da parte dell’imprenditore, degli obblighi di sicurezza deve qualificarsi come azione di responsabilità contrattuale, con conseguente presunzione di responsabilità datoriale.
Nota a Cass. (ord.) 8 giugno 2022, n. 18427
Sonia Gioia
In materia di ristoro del danno subìto in relazione ad un rapporto di lavoro subordinato, la domanda risarcitoria del lavoratore, vittima di infortunio, va configurata come un’azione di responsabilità contrattuale allorché, dalla lettura dell’atto di citazione, emerga la volontà del prestatore di far accertare la violazione, da parte dell’imprenditore, degli obblighi contrattuali di predisporre idonee misure a tutela dell’integrità psicofisica delle maestranze, con la conseguenza che il dipendente non è tenuto a dimostrare la colpa dell’imprenditore ma grava su quest’ultimo l’onere di provare di aver fatto tutto il possibile per adempiere o che l’impossibilità della prestazione alla quale è tenuto o la non esatta esecuzione della stessa derivano da causa a lui non imputabile.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione (ord. 8 giugno 2022, n. 18427, difforme da App. Salerno n. 1826/2016) in relazione ad una fattispecie concernente la qualificazione giuridica della domanda di risarcimento del danno patito da un lavoratore che, pulendo una macchina cubettatrice, aveva subìto un’importante lesione al braccio destro a causa del malfunzionamento dell’interruttore di spegnimento del macchinario.
Nello specifico, la Corte distrettuale, conformemente al giudice di prime cure, aveva qualificato la domanda del dipendente come volta ad accertare una responsabilità di tipo extracontrattuale, poiché, nell’atto di citazione del giudizio, non era stata esplicitata l’intenzione di voler proporre un’azione ai sensi dell’art. 2087 c.c. né era stata contestata la violazione di specifiche misure di sicurezza. Ciò, sul presupposto che per la proposizione di un’azione di responsabilità contrattuale occorre una qualificazione espressa della domanda e non la semplice prospettazione dell’inosservanza delle disposizioni legislative poste a tutela dell’integrità fisica e della personalità morale dei prestatori, sicché tutte le volte in cui la domanda giudiziale risulti “ambigua” e non emerga da essa una precisa scelta del danneggiato in favore dell’azione ex art. 1218 c.c. deve ritenersi proposta un’azione di responsabilità aquiliana (Cass. S.U. n. 99/2001).
Di diverso avviso, invece, è stata la Corte di Cassazione per la quale, dalla lettura dell’atto introduttivo, “solo in apparenza la domanda poteva sembrare generica e non volta specificatamente a contestare l’inadempimento, da parte del datore di lavoro, di precise obbligazioni contrattuali”, dal momento che non era “mai stato dubbio” che il lavoratore avesse agito per chiedere l’accertamento della responsabilità del datore di lavoro per aver omesso di controllare il corretto spegnimento del macchinario, causa dell’incidente, in violazione dell’art. 2087 c.c., che integra ed inserisce, ex lege (art. 1374 c.c.), nel contratto individuale di lavoro l’obbligo dell’imprenditore di adottare tutte le cautele necessarie a preservare la salute psicofisica delle maestranze, tenuto conto della concreta realtà aziendale, della particolarità dell’impiego e della possibilità di indagare sull’esistenza di fattori di rischio in un determinato momento storico.
Sulla base di tali considerazioni, la Corte, nel cassare la pronuncia di merito, con rinvio ad altro giudice in diversa composizione, ha stabilito che la domanda risarcitoria, in quanto basata sulla violazione, non del principio del neminem laedere ex art. 2043 c.c., ma dell’obbligo di sicurezza, doveva essere qualificata come un’azione di responsabilità contrattuale, con la conseguenza che il prestatore non era tenuto a dimostrare la negligenza dell’imprenditore, ma gravava su quest’ultimo, presunto responsabile, l’onere di provare “la non imputabilità del difettoso funzionamento del macchinario a proprio fatto e colpa”.