Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 01 agosto 2022, n. 23854

Tributi, IRPEF, Fondi previdenziali integrativi,
Prestazioni erogate in forma capitale, Tassazione, Modalità

 

Rilevato che

 

1. Con ricorso per riassunzione proposto dinanzi la
C.t.r. della Lombardia, a seguito della sentenza di rinvio della Corte di
Cassazione n. 29195, depositata il 28/12/2011, F.G.B., ex dirigente E.,
chiedeva il rimborso della somma di € 71.268,86 oltre gli interessi di legge a
titolo di maggiore IRPEF trattenuta sulla somme erogatagli dal sostituto
d’imposta titolo di rendimento maturato fino al 31/12/2000, con aliquota del
31,13% anziché del 12,50%, così come stabilito dalle Corte di Cassazione a
SS.UU con la sentenza 22/06/2011, n. 13642.

2. La C.t.r., costituitasi l’E., accoglieva il
ricorso e riconosceva il diritto al rimborso del ricorrente.

3. Avverso la sentenza della C.t.r., ha proposto
ricorso l’Agenzia delle Entrate, sulla scorta di due motivi.

Si è costituita in giudizio il sig. F.G.B.,
chiedendo la conferma della sentenza n. 5911/14 della C.t.r. della Lombardia.

La causa è stata discussa nella camera di consiglio
del 21 giugno 2022, per la quale il contribuente ha depositato memoria.

 

Considerato che

 

1.1 Con il primo motivo di ricorso, rubricato
«Violazione o falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 1, comma 2, d.lgs. 31
dicembre 1992, n. 546 e 384 cod. proc. civ.,
dell’art. 2697 e ss. cod. civ. e dell’art. 115 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.»,
l’Agenzia lamenta l’error in procedendo della sentenza impugnata nella parte in
cui il giudice di appello ha erroneamente interpretato il principio di diritto
enunciato dalla sentenza di rinvio del giudice di legittimità.

1.2 Con il secondo motivo di ricorso, rubricato «In
subordine, omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato
oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.»,
l’Agenzia lamenta l’omesso esame, nella sentenza impugnata, sulla questione
dell’impiego sui mercati finanziari del rendimento derivante dall’investimento
da parte del fondo PIA.

2.1 Va premesso che si controverte in relazione ad
una richiesta di rimborso avanzata da un dirigente E. in ordine alle trattenute
sulle prestazioni erogate dalla medesima E. in occasione della cessazione del
rapporto di lavoro, in aggiunta al trattamento di fine rapporto. In particolare,
cessato il rapporto di lavoro, il contribuente riceveva dall’E. la somma
corrispondente alla liquidazione della propria rendita sulla quale era operata
una ritenuta con applicazione della stessa aliquota applicata in sede di
liquidazione dell’indennità di fine rapporto. La tesi del contribuente è che il
prelievo fosse illegittimo perché la prestazione avrebbe dovuto essere
assoggettata a ritenuta nella misura del 12,50%, in particolare in ipotesi di
erogazione a fronte di polizze di assicurazione sulla vita, stipulata in epoca
antecedente al 28/04/1993, secondo il combinato disposto di cui agli artt. 13, nono comma, d.lgs 21
aprile 1993, n. 124, 1, quinto
comma, d.l. 31 dicembre 1996, n. 669, convertito, con modificazioni, nella
legge 28 febbraio 1997, n. 30, art. 6 legge 26 settembre 1985, n.
482.

2.2. Nel precedente giudizio, il contribuente impugnava
il diniego di rimborso innanzi alla C.t.p. di Pavia che respingeva il ricorso
con sentenza n. 214/5/2005.

2.3 Proponeva appello il contribuente che esponeva
le medesime doglianze declinate nel corso di giudizio di primo grado e la
C.t.r. della Lombardia lo accoglieva con sentenza n. 15/20/08 depositata il
28/03/2008.

2.4 Proponeva ricorso per cassazione l’Agenzia delle
Entrate, denunciando, con il primo motivo, il difetto di motivazione della
sentenza; con il secondo motivo, la violazione e falsa applicazione dell’art. 13, nono comma, d. lgs. 21
aprile 1993 n. 124, art. 1
quinto comma, d.l. 31 dicembre 1996, n.669, convertito in legge 28 febbraio
1995 n. 30, art. 6, legge
26 settembre 1985 n. 482, artt.
16 e 17, d.P.R. 22 dicembre 1986, n.917 (TUIR), artt. 3, 4, 5 e 6
dell’accordo E.-F. del 16 aprile 1986. Il signor B. resisteva.

2.5 La Corte di Cassazione, con l’ordinanza
28/12/2011 n. 29195, accoglieva il ricorso, con rinvio alla C.t.r. della
Lombardia sulla scorta della motivazione, che prendeva luogo dalla ben nota
sentenza Cass. 22/06/2011, n. 13642, resa in
controversia analoga, secondo la quale: «In tema di fondi previdenziali
integrativi, le prestazioni erogate in forma capitale ad un soggetto che
risulti iscritto, in epoca antecedente all’entrata in vigore del d.Lgs. 23 aprile 2004 n. 124, ad un fondo di
previdenza complementare aziendale a capitalizzazione di versamenti e a causa
previdenziale prevalente, sono soggette a seguente trattamento tributario: a)
per gli importi maturati fino al 31 dicembre 2000, la prestazione è
assoggettata al regime di tassazione separata di cui agli articoli 16, comma I lett. a) del TUIR
solo per quanto riguarda la sorte capitale corrispondente alla cessazione del
rapporto di lavoro, mentre alle somme provenienti dalla liquidazione del
cosiddetto rendimento si applica la ritenuta del 12,50% prevista dall’art. 6 della legge 26 settembre
1985, n. 482; b) per gli importi maturati a decorrere dal 1 gennaio 2001 si
applica interamente il regime di tassazione separata di cui agli artt. 16, lett. a) e 17 del TUIR».

3. Tanto premesso, il primo motivo è fondato.

Come sopra evidenziato, il principio di diritto
affermato dall’ordinanza con la quale questa Corte ha disposto il rinvio era lo
stesso di quello affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n.13642 del 2011 (ovvero applicazione
della ritenuta del 12,50% alle somme rinvenienti dalla liquidazione del c.d.
rendimento, per tale dovendosi intendere il rendimento netto imputabile alla
gestione del Fondo sul mercato del capitale accantonato) e va rilevato che
sulla res controversa, sempre in continuità di quel principio, questa Corte con
numerose pronunce (Cass. 10/06/2016, n. 11941,
Cass. 18/10/2017, n. 24525, Cass.15/06/2018, n. 16116) ha chiarito che le
somme provenienti dalla liquidazione del c.d. rendimento sono le somme
derivanti dall’effettivo investimento del capitale accantonato sul mercato, non
necessariamente finanziario, ma non anche quelle calcolate attraverso
l’adozione di riserve matematiche e di sistemi tecnicoattuariali di
capitalizzazione, al fine di garantire la copertura richiesta dalle prestazioni
previdenziali concordate; nel caso in esame, non sussistendo contestazione
sulla circostanza che la prestazione oggetto di controversia sia stata
interamente erogata dal Fondo PIA, la sentenza impugnata, nel riconoscere la
sussistenza dei rendimenti sulla base della mera certificazione E. dalla quale,
per come riportata dalla stessa sentenza impugnata, non si rinvengono somme
investite sul mercato, ha malamente applicato il principio cui doveva
uniformarsi.

Inoltre, con riferimento al basilare concetto di
“rendimento”, le Sezioni Unite precisano in motivazione che: a) si
tratta del rendimento netto, imputabile alla gestione sul mercato da parte del
Fondo del capitale accantonato. Tale rilievo, riguardante specificamente la
previdenza complementare aziendale per i dirigenti dell’E. (disciplinata dagli
accordi sindacali del 1986 e del 1998), chiarisce e integra la generale portata
regolatrice del principio di diritto; b) che il prospetto E. certifica
esclusivamente la differenza tra il totale del capitale lordo da liquidare e la
somma di dotazione iniziale: sul punto Cass. 21/10/2021, n. 29479 ricorda come,
con estrema chiarezza, che la PIA non ha potuto né, tantomeno, avrebbe potuto
svolgere – quale Fondo interno con accantonamento a bilancio E. – un’attività
di investimento sui mercati finanziari. Pertanto, nessun rendimento derivante
dall’investimento, da parte del Fondo PIA, sui mercati finanziari è
ipotizzabile. La configurabilità di un rendimento netto, imputabile alla
gestione sul mercato da parte del Fondo del capitale accantonato risulta
incompatibile con il tenore dell’accordo E./F. del 16 aprile 1986, in quanto
l’importo della prestazione spettante al dirigente era predeterminato in
anticipo sulla base del rapporto tra l’ultima retribuzione e la pensione. Il
rendimento altro non è che la mera differenza da quanto affluito nel Fondo PIA
e quanto erogato in concreto ai dirigenti (conf. Cass., 03/05/2022, n.13838);
c) che simili conclusioni, del resto, sono asseverate dalla relazione n.
32/1999 della Corte dei conti – sezione del controllo sugli enti – proprio sul
bilancio consuntivo di E., relativo all’esercizio finanziario 1997 (Cass. 19/06/2018, n. 16116; Cass. 13/11/2019, n. 29396; Cass. 23/11/2020, n. 26543).

4. Dall’accoglimento di questo motivo discende l’assorbimento
del secondo motivo di ricorso.

5. In conclusione, in accoglimento del primo motivo
di ricorso, va cassata la sentenza impugnata e, non essendo necessari ulteriori
accertamenti in fatto, va decisa nel merito la controversia con il rigetto del
ricorso introduttivo proposto dal contribuente.

6. La particolarità della fattispecie che ha reso
necessario l’intervento delle Sezioni Unite di questa Corte, e di successive
pronunce chiarificatrici, induce a compensare integralmente tra le parti le
spese dei gradi di merito e del giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara
assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo
accolto e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo proposto dal
contribuente.

Compensa integralmente tra le parti le spese.

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