Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 23 agosto 2022, n. 25160
Rapporto di lavoro, Contratti di lavoro a tempo determinato,
Inquadramento, Differenze retributive, Anzianità di servizio, Riconoscimento
Fatti di causa
1. M.G.G., L.G., S.M., M.M., S.V., dipendenti di
R.C., premesso di aver sottoscritto con la detta Amministrazione, negli anni
2003/2004, contratti di lavoro a tempo determinato per lo svolgimento di
mansioni di “Alta Specializzazione”, di essere stati inquadrati dapprima
in posizione economica D3 (fino al 5 giugno 2006) e quindi (dal 12 luglio 2006
fino al 31 dicembre 2008) nella ( inferiore) posizione economica D1, di essere
stati successivamente stabilizzati, con decorrenza dal 30 dicembre 2008 con
contratto di lavoro a tempo indeterminato ed inquadramento nel profilo
professionale (da ultimo ricoperto) di esperto D1, adirono con separati ricorsi
successivamente riuniti il Giudice del Lavoro per l’accertamento del loro
diritto alla ricostruzione della carriera, ai fini giuridici ed economici, in
base alla decorrenza indicata per ciascuno, con accesso alle progressioni
economiche orizzontali medio tempore intervenute (con livello D4 dal 2004 e D5
dal 2007), e per la condanna di R.C. al pagamento delle differenze retributive
maturate.
2. Il Tribunale respinse le domande.
3. La Corte di appello di Roma, con sentenza n.
161/2015, in riforma della decisione di primo grado, dichiarò «il diritto degli
appellanti a vedersi riconoscere l’anzianità di servizio maturata nel periodo
di lavoro svolto con contratto a tempo determinato ai fini economici e
giuridici nonché della attribuzione delle posizioni stipendiali e della di» e
condannò l’ente appellato al pagamento delle differenze retributive sui singoli
ratei, maggiorate degli interessi legali dalle scadenze al saldo, da calcolarsi
sulla base dell’inquadramento nel profilo D3 a decorrere dal 12 luglio 2006.
4. In esito al passaggio in giudicato della sentenza
della Corte di appello ed in esecuzione della stessa il Comune di R.C. conferì
ai lavoratori la posizione economica D3, con decorrenza giuridica ed economica
dal 12 luglio 2006, e la posizione D4, con decorrenza giuridica ed economica
dal 1 dicembre 2009, senza riconoscere il diritto alle progressioni economiche
intervenute nel periodo anteriore alla stabilizzazione dei rapporti di lavoro.
5. Gli originari ricorrenti proposero ricorso per
ottemperanza dinanzi al Tribunale amministrativo per il Lazio dolendosi della
non esatta esecuzione della sentenza di appello; sostennero che questa aveva
loro riconosciuto oltre al diritto all’inquadramento nel profilo superiore
anche il diritto alla partecipazione e quindi all’assegnazione di tutte le
progressioni economiche orizzontali (D4 e D5, con la decorrenza separatamente
indicata per ciascuno) nel tempo intervenute, comprensive quindi anche di
quelle relative al periodo nel quale i rapporti di lavoro con l’Amministrazione
comunale erano a tempo determinato, progressioni queste ultime non considerate
dal Comune di R.C. nel dare esecuzione al giudicato.
6. Il T.A.R. Lazio respinse il ricorso.
7. Il Consiglio di Stato, con la sentenza qui
impugnata, confermò la decisione di primo grado.
7.1. Per quel che ancora rileva, il giudice
amministrativo di secondo grado escluse che la Corte di appello di Roma avesse
riconosciuto il diritto degli odierni ricorrenti alla partecipazione alle
progressioni economiche orizzontali degli anni 2004 e 2007, anteriori alla
stabilizzazione dei rapporti di lavoro ed in questa prospettiva affermò la
corretta esecuzione del giudicato da parte dell’Amministrazione.
8. Per la cassazione della decisione hanno proposto
ricorso M.G.G. e gli altri dipendenti in epigrafe indicati sulla base di due
motivi; la parte intimata ha resistito con controricorso.
9. I ricorrenti hanno depositato memoria .
10. Il P.G. ha concluso per l’accoglimento del primo
motivo di ricorso.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo di ricorso i ricorrenti
deducono eccesso di potere giurisdizionale per violazione dei limiti esterni
della giurisdizione amministrativa resa in sede di ottemperanza in relazione
all’art. 112, comma 2, lett. c) e
ss. d. Igs. 104/2010, denunziando, in sintesi, invasione della sfera
giurisdizionale del giudice ordinario per avere il giudice amministrativo
proceduto alla integrazione del giudicato costituito dalla sentenza della Corte
di appello, operazione preclusa all’organo giurisdizionale amministrativo che
poteva solo stabilire se l’Amministrazione avesse o meno a quel giudicato
ottemperato. Secondo i ricorrenti, il superamento dei limiti della cognizione
propria del giudizio di ottemperanza si era verificato per avere il giudice
amministrativo escluso che la Corte d’appello avesse loro attribuito il diritto
a partecipare alle progressioni economiche orizzontali del periodo antecedente
alla stabilizzazione; a tale conclusione il Consiglio di Stato era pervenuto
mediante il riferimento alle previsioni contenute nell’art. 40, comma 3, del
Contratto collettivo decentrato integrativo per il 2002/2005, a mente del quale
«sono ammessi a partecipare alle selezioni i dipendenti che alla data di
svolgimento della selezione: – hanno maturato un’anzianità di servizio
effettivo con rapporto di lavoro a tempo indeterminato di almeno due anni »;
tale riferimento, secondo i ricorrenti, introduceva nella ricostruzione del
contenuto della decisione ottemperanda un elemento integrativo del tutto nuovo,
estraneo al perimetro delineato dal giudice ordinario; la sentenza della Corte
d’appello non conteneva, infatti, alcun riferimento, quale fattore preclusivo
dell’accesso alle due progressioni economiche orizzontali intervenute prima
della stabilizzazione dei rapporti di lavoro, al difetto di un’ anzianità di
servizio effettivo nell’ambito di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato.
2. Con il secondo motivo di ricorso si prospetta
l’eccesso di potere giurisdizionale in relazione al ricorrere del « caso
estremo», di radicale stravolgimento delle norme europee di riferimento,
determinato dalla valorizzazione della norma del contratto integrativo in
totale contrasto con l’interpretazione che delle norme europee in tema di
rapporto di lavoro a tempo determinato la Corte di Giustizia aveva
costantemente fornito, con sostanziale preclusione all’accesso effettivo alla
tutela giurisdizionale.
3. Il primo motivo di ricorso è fondato.
3.1. Le Sezioni Unite di questa Corte, con indirizzo
al quale si intende dare continuità, hanno affermato che il potere
interpretativo dei giudicato da eseguire, che è insito nella struttura stessa
del giudizio di ottemperanza in quanto giudizio dì esecuzione, allorché attenga
ad un giudicato formatosi davanti ad un giudice diverso da quello
amministrativo, non può che esercitarsi sulla base di elementi interni al
giudicato da ottemperare e non su elementi esterni, la cui valutazione rientra
in ogni caso nella giurisdizione propria dei giudice che ha emesso la sentenza.
Pertanto, ove il Consiglio di Stato, in sede di ottemperanza di una sentenza
definitiva del giudice ordinario abbia effettuato un sindacato integrativo –
individuando, in tal modo, un diverso contenuto precettivo del giudicato con
una pronuncia sostanzialmente autoesecutiva – ciò si traduce in un eccesso di
potere giurisdizionale sindacabile ai sensi dell’art.
111, ottavo comma, Cost., inteso quale esorbitanza dai limiti esterni che
segnano l’ambito della sua giurisdizione (Cass. Sez. Un. 27/12/ 2011 n.28812;
cfr. anche Cass. Sez. Un. 10/10/2012, n. 8513; Cass. Sez. Un. 26/04/ 2013, n.
10060).
Al fine di distinguere le fattispecie nelle quali è
consentito il sindacato della Corte di cassazione sul rispetto dei limiti
esterni della giurisdizione nelle decisioni adottate dal Consiglio di Stato in
sede di giudizio di ottemperanza da quelle nelle quali un tale sindacato è
inammissibile, è decisivo stabilire se oggetto del ricorso sia il modo con cui
il potere di ottemperanza è stato esercitato (limiti interni della
giurisdizione) oppure se sia in discussione la possibilità stessa, in una determinata
situazione, di fare ricorso al giudizio di ottemperanza (limiti esterni della
giurisdizione), con la conseguenza che, ove le censure mosse alla decisione del
Consiglio di Stato riguardino (come nella specie) l’interpretazione del
giudicato e delle norme oggetto di quel giudizio, gli errori nei quali il
giudice amministrativo sia eventualmente incorso, essendo inerenti al giudizio
di ottemperanza, restano interni alla giurisdizione stessa e non sono
sindacabili dalla Corte di cassazione (Cass. Sez. Un. 26/04/2013 n. 10060;
Cass. 19/01/2012 n. 736).
E’ stato inoltre precisato che poiché l’oggetto del
giudizio di ottemperanza consiste nella verifica dell’effettivo adempimento da
parte dell’amministrazione pubblica dell’obbligo di conformarsi al comando
impartito dal giudice di cognizione, il giudice dell’esecuzione è chiamato non
solo ad enucleare e precisare il contenuto degli obblighi nascenti dalla
sentenza passata in giudicato, chiarendone il significato reale ma – anche
quando emergano problemi interpretativi la cui soluzione costituisca
l’indispensabile presupposto della verifica dell’esattezza dell’esecuzione – ad
adottare una statuizione analoga a quella che potrebbe emettere in un nuovo
giudizio di cognizione.
Detto potere incontra, tuttavia, il limite esterno
della giurisdizione propria del giudice amministrativo, con la conseguenza che,
quante volte la cognizione della questione controversa, la cui soluzione sia
necessaria ai fini della verifica dell’esatto adempimento dell’amministrazione
obbligata, risulti devoluta ad altro giudice, soltanto questi può provvedere al
riguardo (Cass. Sez. Un. 08/11/2018, n. 28573; Cass. Sez. Un. 19/12/2011, n.
27277; Cass. Sez. Un. 19/07/2006, n. 16469).
3.2. Alla luce dei delineati limiti propri del
sindacato del giudice amministrativo in sede di giudizio di ottemperanza deve
ritenersi che la sentenza impugnata sia incorsa nel denunziato eccesso di
potere giurisdizionale.
Il Consiglio di Stato ha affermato in relazione allo
specifico profilo di interesse in questa sede: «7.9. Quanto alle progressioni
economiche orizzontali “nel tempo intervenute”, la sentenza si è
limitata ad accertare il diritto degli appellanti di parteciparvi “in
forza del servizio pregresso e dell’anzianità maturata”». Ha quindi
ritenuto che l’Amministrazione avesse dato a tale statuizione corretta e piena
esecuzione escludendo gli odierni ricorrenti dalle progressioni economiche
orizzontali degli anni 2004 e 2007, antecedenti alla stabilizzazione; ha
motivato tale conclusione facendo riferimento alle previsioni contenute
nell’art. 40, comma 3, del Contratto collettivo decentrato integrativo per il
2002/2005, a mente del quale «sono ammessi a partecipare alle selezioni i
dipendenti che alla data di svolgimento della selezione: – hanno maturato
un’anzianità di servizio effettivo con rapporto di lavoro a tempo indeterminato
di almeno due anni ». In questa prospettiva il giudice amministrativo ha
osservato che « Tali previsioni, lungi dall’introdurre elementi di disparità
tra le categorie di lavoratori per il solo carattere temporaneo del rapporto e
in forza delle diverse modalità di reclutamento, si limitano a stabilire i
requisiti per l’accesso dei dipendenti dell’ente alle selezioni per le
progressioni economiche orizzontali bandite dall’Amministrazione. 8.5.
Pertanto, come bene rilevato dalla sentenza impugnata, i criteri di svolgimento
della selezione 2004/2005, fissati nell’art. 43 invocato dai ricorrenti, si
applicano solo ai dipendenti ammessi a partecipare alla selezione, ovvero a
quelli che, alla data del suo svolgimento, hanno maturato un’anzianità di
servizio effettivo con rapporto di lavoro a tempo indeterminato di almeno due
anni. 8.6. Alla luce di quanto sopra evidenziato, legittimamente
l’Amministrazione non ha riconosciuto agli appellanti (“stabilizzati”
in data 30 dicembre 2008) le progressioni economiche orizzontali attivate
precedentemente alla PEO 2009/2010, poiché, pur avendo maturato un pregresso
periodo di servizio a tempo determinato (invero considerato ai fini dell’anzianità
di servizio e del riconoscimento delle progressioni economiche orizzontali
bandite successivamente all’intervenuta stabilizzazione), non avevano il
requisito imprescindibile dell’assunzione a tempo indeterminato di almeno due
anni alla data di indizione delle dette procedure selettive di progressione. ».
3.3. Dall’esposizione del percorso motivazionale
della sentenza impugnata emerge in maniera piana che la verifica della
ottemperanza al giudicato formatosi sulla sentenza della Corte di appello di
Roma in punto di diritto degli odierni ricorrenti a partecipare alle
progressioni economiche relative al periodo anteriore
alla instaurazione del rapporto di lavoro a tempo
indeterminato è stata affidata ad un elemento – la previsione dell’art. 40,
comma 3, del contratto integrativo 2002/2005 condizionante la partecipazione
alle progressioni economiche in oggetto al requisito dell’anzianità di servizio
di almeno due anni maturata nell’ambito di un rapporto di lavoro a tempo
indeterminato – del tutto esterno alla sentenza ottemperanda. Dalla medesima
ricognizione del Consiglio di Stato in ordine al contenuto della parte motiva e
dispositiva della decisione della Corte di appello emerge infatti che in
relazione alle progressioni economiche orizzontali nel tempo intervenute la
Corte di appello di Roma si è limitata ad accertare il diritto degli appellanti
alla relativa partecipazione in forza del servizio pregresso e dell’anzianità
maturata, senza distinguere tra il periodo anteriore e quello successivo
all’instaurazione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato; il tema della
possibile preclusione alla partecipazione a tali progressioni scaturente dal
disposto del contratto integrativo con riferimento al requisito del biennio di
anzianità di servizio effettivo in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato,
esulava, del tutto dalle ragioni esplicitate a fondamento del decisum.
Il riferimento alla previsione del contratto
integrativo costituisce quindi nell’economia della motivazione della decisione
impugnata un elemento utilizzato in funzione integrativa del contenuto
precettivo del giudicato, la cui valutazione era preclusa in quanto questione
devoluta al giudice ordinario.
3.4. Si configura quindi il denunziato eccesso di
potere giurisdizionale, sindacabile ai sensi dell’art.
111, comma 8, Cost., per avere il giudice amministrativo esorbitato dai
limiti esterni che segnano l’ambito della sua giurisdizione.
4. In base alle considerazioni che precedono, in
accoglimento del primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, la sentenza
deve essere cassata con rinvio al Consiglio di Stato, al quale è demandato il
regolamento delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo, assorbito il secondo.
Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia al
Consiglio di Stato in diversa composizione al quale demanda il regolamento
delle spese del giudizio di legittimità.