Controlli effettuati dall’agenzia investigativa in caso di allontanamento dal luogo di lavoro che incidono sull’espletamento dell’attività lavorativa.
Nota a Cass. (ord.) 24 agosto 2022, n. 25287
Maria Novella Bettini
L’attività investigativa svolta mediante controllo esterno, “ancorché occasionata da analogo, pur legittimo, controllo nei confronti di altro dipendente, esplicandosi nell’orario di lavoro del ricorrente, cioè durante l’espletamento dell’attività lavorativa da parte sua, finisce con l’incidere direttamente e, quindi, al di fuori dei limiti consentiti, su detta attività” (Cass. ord. 22 settembre 2021, n. 25732, in q. sito con nota di G.I. VIGLIOTTI).
Questo, il principio ribadito dalla Corte di Cassazione (ord.) 24 agosto 2022, n. 25287, la quale precisa che sebbene gli artt. 2 e 3 Stat. Lav. delimitino, a tutela della libertà e dignità del lavoratore, la sfera di intervento del personale di controllo preposto dal datore di lavoro rispettivamente per scopi di tutela del patrimonio aziendale (art. 2) e di vigilanza dell’attività lavorativa (art. 3), essi non precludono il potere dell’imprenditore di ricorrere alla collaborazione di soggetti esterni (come un’agenzia investigativa).
Tale controllo, tuttavia, non può riguardare “in nessun caso, né l’adempimento, né l’inadempimento dell’obbligazione contrattuale del lavoratore di prestare la propria opera, essendo l’inadempimento stesso riconducibile, come l’adempimento, all’attività lavorativa, che è sottratta a tale vigilanza”.
Esso deve pertanto limitarsi agli atti illeciti del lavoratore non riconducibili al mero inadempimento dell’obbligazione (v. Cass. n. 9167/2003).
In linea con il principio, costantemente ribadito dalla giurisprudenza, l’ordinanza in esame precisa che le agenzie investigative per operare lecitamente non devono sconfinare nella vigilanza dell’attività lavorativa vera e propria, riservata, dall’art. 3 dello Statuto, direttamente al datore di lavoro e ai suoi collaboratori. È cioè giustificato solo l’intervento riguardante “l’avvenuta perpetrazione di illeciti e l’esigenza di verificarne il contenuto, anche laddove vi sia un sospetto o la mera ipotesi che illeciti siano in corso di esecuzione” (v. Cass. n. 15867/2017 e Cass. n. 3590/2011).
Esulano dall’area di legittimità i controlli contrari a buona fede e quelli vietati dall’art. 4 Stat. Lav. “vigendo il divieto di controllo occulto sull’attività lavorativa anche nel caso di prestazioni lavorative svolte al di fuori dei locali aziendali, ferma restando l’eccezione rappresentata dai casi in cui il ricorso ad investigatori privati sia finalizzato a verificare comportamenti che possano configurare ipotesi penalmente rilevanti (come l’esercizio durante l’orario lavorativo di attività retribuita in favore di terzi, su cui v. Cass. nn. 5269 e 14383 del 2000)”.
Per tali motivi, la Corte accoglie il ricorso e cassa la sentenza di merito con rinvio per il riesame alla Corte di Appello di Roma.
Nella fattispecie, alla lavoratrice era stato contestato di essersi allontanata dal luogo di lavoro, in orario lavorativo, per compiti estranei al suo inquadramento professionale, “essendo stati registrati, mediante controlli effettuati da agenzia investigativa, incontri estranei all’area o sede di lavoro (supermercati e palestre), non connessi all’attività lavorativa, in luoghi distanti anche decine di chilometri dalla sede di lavoro”.
Il giudice territoriale aveva ritenuto “legittimi i controlli effettuati mediante agenzia investigativa – avuto riguardo alla posizione del lavoratore, dipendente di una banca, nell’ambito di un rapporto richiedente un più rigoroso rispetto dell’obbligo di fedeltà, e dei correlati canoni di diligenza e correttezza, nonché in relazione alla circostanza che le investigazioni che avevano interessato il lavoratore erano sorte nell’ambito della più ampia indagine avente ad oggetto la violazione dei permessi ai sensi dell’art. 33 I. 104/92 da parte della collega S.L., con la quale il ricorrente era stato ripreso più volte”.