I provvedimenti di variazione della classificazione dei datori di lavoro adottati dall’INPS non hanno effetti retroattivi sugli sgravi contributivi.
Nota a Cass. (ord.) 13 luglio 2022, n. 22089
Sonia Gioia
L’efficacia ex nunc dei provvedimenti di variazione della classificazione dei datori di lavoro, disposti dall’INPS d’ufficio o su richiesta dell’azienda, comportanti il trasferimento in altro settore economico coerente all’effettiva attività esercitata, ha rilievo anche in tema di sgravi contributivi, con la conseguenza che l’impresa che abbia fruito di tali agevolazioni prima dell’intervento dell’ente di previdenza non è tenuta alla restituzione delle somme ad esse corrispondenti, salvo il caso in cui l’inquadramento iniziale sia stato determinato da inesatte dichiarazioni del datore di lavoro, ex art. 3, co. 8, L. 8 agosto 1995, n. 335 (“Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare”).
Lo ha stabilito la Cassazione (ord., 13 luglio 2022, n. 22089, difforme da App. Cagliari n. 427/2014) in relazione ad una fattispecie concernente l’opposizione di una società al decreto ingiuntivo con cui le era stato intimato di versare all’INPS somme corrispondenti a sgravi contributivi di cui l’azienda aveva beneficiato prima che l’istituto previdenziale ne variasse la classificazione aziendale dal ramo industria al ramo commercio.
La Corte ha rilevato che, sebbene l’individuazione dei soggetti destinatari del beneficio vada operata in ragione della legislazione d’incentivazione applicabile ratione temporis, che si pone in rapporto di specialità rispetto alle successive norme concernenti l’inquadramento delle imprese ai fini previdenziali, i provvedimenti di variazione della classificazione dei datori di lavoro, disposti dall’INPS d’ufficio o a seguito di richiesta dell’azienda, con il relativo trasferimento nel settore economico corrispondente all’attività in concreto svolta, hanno efficacia a partire dal periodo di paga in corso alla data di notifica del provvedimento o della richiesta dell’interessato, ai sensi dell’art. 3, co. 8, L. n. 335 cit.
La variazione della classificazione produce, invece, i suoi effetti sin dalla data dell’inquadramento iniziale solo nell’ipotesi in cui esso sia stato determinato da inesatte dichiarazioni del datore di lavoro: tali sono le notizie, relative all’attività in concreto svolta, fornite dall’imprenditore all’atto della domanda di iscrizione e sulla cui base l’Istituto previdenziale emana il provvedimento di classificazione (Cass. n. 24696/2021; Cass. n. 16246/2014; Cass. n. 8068/2011. V. anche Circ. INPS n. 113/2021).
Siffatta disciplina ha “valenza generale” ed è applicabile ad ogni ipotesi di rettifica di precedenti inquadramenti previdenziali operata dall’INPS dopo l’entrata in vigore della L. n. 335 cit. e indipendentemente dai parametri adottati, sia che si tratti dei criteri di inquadramento di cui all’art. 49, co. 1 e 2, L. 9 marzo 1989, n. 88 (“Ristrutturazione dell’Istituto nazionale della previdenza sociale e dell’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro”) che di quelli applicabili ai sensi della normativa previgente, in base ad una lettura sistematica e costituzionalmente orientata della norma, volta ad uniformare il trattamento di imprese di identica natura ed attività ma disomogenee nella classificazione (Cass. S.U. n. 16875/2005).
Da ciò discende che, salvo il caso di inesatte dichiarazioni del datore di lavoro, va esclusa l’efficacia retroattiva dei provvedimenti di variazione di classificazione aziendale anche in materia di sgravi contributivi, sicché l’impresa che abbia fruito di tali agevolazioni prima della modifica disposta dall’INPS non è tenuta alla restituzione delle somme ad esse corrispondenti.
In attuazione di tali principi, la Corte ha cassato la pronuncia di merito, con rinvio ad altro giudice in diversa composizione, per avere erroneamente ritenuto che “l’efficacia irretroattiva dei provvedimenti di variazione aziendale adottati dall’INPS non avesse rilievo per gli sgravi contributivi”, precisando che tale statuizione – formulata sulla base dell’assunto, ormai superato, secondo cui le controversie concernenti il riconoscimento di agevolazioni e sgravi contributivi non riguarderebbero il rapporto contributivo – “si pone diametralmente in contrasto” con l’art. 3, co. 8, L. n. 335 cit.