Nel caso degli insegnanti di religione, il continuativo protrarsi di rapporti di durata annuale non costituisce di per sé un fenomeno abusivo, purché il Ministero rispetti l’obbligo di procedere con cadenza triennale allo svolgimento di concorsi per l’assunzione in ruolo, dando così l’opportunità ai docenti a termine di superare la propria condizione di precarietà.
Cass., S.U., ord. 20 luglio 2022, n. n. 22726
Gennaro Ilias Vigliotti
La disciplina dello stato giuridico degli insegnanti di religione cattolica nelle scuole italiane risiede nella L. 11/7/1980, n. 312, nel D.P.R. 16/12/1985, n. 751, nella L. 25/03/1985, n. 121, nel D. Lgs. n. 297/1994 (art. 309) e nella L. 18/07/2003, n. 186. Quest’ultima – recante “Norme sullo stato giuridico degli insegnanti di religione cattolica degli istituti e delle scuole di ogni ordine e grado” – innovando rispetto al passato, ha istituito un ruolo per gli insegnanti di religione cattolica, i quali non devono più essere solo a tempo determinato (incarichi annuali prorogati senza limiti, salvo revoca dell’Autorità diocesana). I contratti di assunzione dei docenti di religione non di ruolo nella scuola pubblica hanno durata annuale e sono soggetti a conferma automatica, secondo le previsioni della contrattazione collettiva, al permanere delle condizioni e dei requisiti prescritti dalle vigenti disposizioni di legge, ma è consentita altresì l’assunzione di durata infrannuale, sulla base di contratti motivati dalla necessità sostitutiva di docenti precedentemente incaricati, oppure nello stretto tempo necessario all’attuazione delle immissioni in ruolo in esito a procedure concorsuali già svolte o per concludere procedure concorsuali in essere. La legge specifica che agli insegnanti di religione inseriti nei ruoli si applicano le norme di stato giuridico e il trattamento economico previsti dal suddetto D. Lgs n. 297/1994 e dalla contrattazione collettiva. L’insegnamento della religione cattolica è previsto anche nelle scuole dell’infanzia e nelle scuole primarie.
La disciplina appena riassunta ha tradizionalmente posto diversi problemi. Considerato che prima della legge del 2003 gli insegnanti di religione cattolica a tempo indeterminato non esistevano – essendo il sistema fondato su incarichi annuali rinnovati automaticamente – gran parte degli insegnanti non è mai entrata nei ruoli della scuola, salvo per altra via, come nel caso di superamento di concorsi pubblici per posti di ruolo ordinari o di sostegno. Tali concorsi, però, hanno seguito cadenze temporali non coerenti con il vincolo di indizione triennale previsto dalle norme sopra richiamate, con la conseguenza che è stata invocata da molti insegnanti rimasti “precari” per molto tempo la possibilità di essere considerati, per via giudiziaria, assunti a tempo indeterminato per abusivo ricorso ai contratti di lavoro a termine.
L’ordinanza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (la n. 22726 del 20 luglio 2022, n. 22726) è intervenuta sul punto, affermando alcuni importanti princìpi di diritto. I giudici di legittimità si sono occupati del caso di un docente di religione cattolica il quale, dopo aver prestato continuativamente servizio presso la scuola pubblica dal 1993 al 2012, sulla base di reiterati contratti di lavoro annuali a rinnovo automatico, aveva agito giudizialmente nei confronti del Ministero dell’Istruzione, ottenendo in primo grado e in appello il riconoscimento del diritto al risarcimento del danno per abusiva reiterazione di rapporti a termine ma vedendosi negata la declaratoria del diritto alla stabilizzazione occupazionale.
Secondo la Corte, nel caso degli insegnanti di religione, il continuativo protrarsi di rapporti di durata annuale non costituisca di per sé un fenomeno abusivo (essendo anzi la logica conseguenza di un sistema di reclutamento che prevede che ben il 30% dei posti di insegnamento della religione cattolica sia coperto da docenti non di ruolo assunti a termine), purché il Ministero rispetti l’obbligo – previsto per legge – di procedere con cadenza triennale allo svolgimento di concorsi per l’assunzione in ruolo, dando così l’opportunità ai docenti a termine di superare la propria condizione di precarietà. In caso di violazione di tale obbligo, dopo la terza annualità di rapporto, le successive assunzioni a termine devono considerarsi abusive e il docente matura il diritto al risarcimento del danno. È invece esclusa la trasformazione del rapporto a tempo indeterminato, che la Cassazione ribadisce doversi considerare rimedio impraticabile nell’ambito del lavoro pubblico.