Il lavoratore che si assenta dal posto di lavoro per opporsi a un trasferimento ritenuto ritorsivo esercita un legittimo potere di autotutela contrattuale.
Nota a Cass. 7 settembre 2022, n. 26395
Pamela Coti
L’assenza del lavoratore, posta a fondamento del provvedimento espulsivo, è giustificata qualora costituisca il legittimo esercizio da parte del dipendente del potere di autotutela contrattuale a fronte di un trasferimento il cui carattere ritorsivo risultava dimostrato sulla base di idonei indici presuntivi, dai quali poteva altresì ricavarsi che il medesimo intento illecito era risultato determinante anche nella successiva scelta datoriale di licenziare il lavoratore.
È quanto stabilito dalla Corte di Cassazione 7 settembre 2022, n. 26395 in relazione al licenziamento intimato a un lavoratore che, per opporsi a un trasferimento ritenuto ritorsivo, non si era presentato al lavoro.
Al riguardo i Supremi Giudici, confermando la sentenza di merito, hanno precisato che:
- “la contestata assenza ingiustificata, che ha costituito il fondamento dell’intimato licenziamento, tale non può essere qualificata essendo dovuta ad un legittimo esercizio del potere di autotutela contrattuale, esercitato dal prestatore di lavoro ex art. 1460 c.c.”;
- “per accogliere la domanda di accertamento della nullità del licenziamento, fondato su motivo illecito, occorre che l’intento ritorsivo datoriale abbia avuto efficacia determinativa esclusiva della volontà di recedere dal rapporto di lavoro, anche rispetto ad altri fatti rilevanti ai fini della configurazione di una giusta causa o di un giustificato motivo di recesso (Cass. n. 9468/2019; Cass. n. 3986/2015; Cass. n. 14816/2005), dovendosi escludere la necessità di procedere ad un giudizio di comparazione fra le diverse ragioni causative del recesso, ossia quelle riconducibili ad una ritorsione e quelle connesse, oggettivamente, ad altri fattori idonei a giustificare il licenziamento” (Cass. n. 5555/ 2011);
- dal punto di vista probatorio l’onere di provare la natura ritorsiva determinante del licenziamento ricade sul lavoratore in base alla regola generale di cui all’art. 2697 c.c., ma esso può essere assolto anche mediante presunzioni (Cass. n. 23583/2019, in q. sito, con nota di K. PUNTILLO; Cass. n. 20742/2018; Cass. n. 18283/2010), come accaduto nel caso di specie.
Sulla questione, v. anche, in q. sito, Cass. ord. 19 maggio 2022, n. 16206, con nota di A. TAGLIAMONTE; Cass. ord. 3 maggio 2022, n. 13895, annotata da P. PIZZUTI; Cass. ord. 3 dicembre 2021, n. 38209, con nota di E. BALLETTI; Cass. 25 settembre 2018, n. 22656, annotata da M.N. BETTINI; Cass. 11 maggio 2018, n. 11408, con nota di M.N. BETTINI; S. SANTORO, Limiti giurisprudenziali al trasferimento del lavoratore e tutele in caso di trasferimento illegittimo.