La chiusura di uno stabilimento produttivo (e il conseguente licenziamento collettivo dei lavoratori) senza un preventivo confronto con i sindacati è antisindacale. Revocata la comunicazione di avvio della procedura ex art. 1, L. n. 234/2021
Nota a Trib. Trieste decreto 23 settembre 2022
Fabrizio Girolami
È antisindacale la condotta di una multinazionale che – a fronte della propria intenzione di chiudere uno stabilimento produttivo situato nel territorio nazionale, con cessazione definitiva della relativa attività e con licenziamento collettivo dei lavoratori in esso occupati – avvia la relativa procedura (ex art. 1, co. 224-236, L. n. 234/2021) senza ottemperare agli obblighi preventivi di informazione e consultazione preventiva nei confronti delle OO.SS. di categoria, così come prescritti dalla contrattazione collettiva di settore e dalla contrattazione integrativa aziendale.
Lo ha stabilito il Tribunale di Trieste, Sez. civile – Controversie del lavoro, con decreto 23 settembre 2022, destinato a costituire una pietra miliare contro le politiche di delocalizzazione “selvaggia” delle multinazionali, in relazione alle quali, come noto, il legislatore italiano ha recentemente predisposto un compiuto apparato di tutele (art. 1, commi 224-236, L. 30 dicembre 2021, n. 234, c.d. legge di bilancio 2022).
Nel caso di specie, la società Wärtsilä Italia S.p.A. (appartenente al gruppo industriale finlandese Wärtsilä e specializzata nella produzione di motori diesel a uso navale) aveva inviato ai sindacati, in data 14.07.2022, una comunicazione scritta (ex art 1, co. 224, L. n. 234/2021) con cui preannunciava la cessazione delle attività di produzione di motori e di assemblaggio di propulsori presso lo stabilimento di Bagnoli della Rosandra in Trieste, con il conseguente esubero di 451 dipendenti.
I sindacati di categoria Fim, Fiom, Uilm avevano proposto ricorso per “condotta antisindacale” ai sensi dell’art. 28 dello Statuto dei lavoratori, sostenendo che la comunicazione di avvio della procedura ex art. 1, co. 224, L. n. 234/2021 era stata effettuata senza alcuna preventiva interlocuzione con le rappresentanze sindacali (in violazione dell’art. 9 Sezione Prima del CCNL Industria Metalmeccanica e dell’art. 4 del Contratto Integrativo Aziendale 2016-2018) nonché in violazione di legge (avendo omesso, tra l’altro, di specificare le ragioni economiche, finanziarie, tecniche o organizzative della chiusura annunciata dello stabilimento e non avendo altresì indicato il termine di chiusura della procedura, il numero e i profili del personale interessato). Inoltre, i sindacati avevano evidenziato che l’azienda non aveva mai fatto trapelare in precedenza la propria intenzione di chiudere il sito produttivo e, anzi, in una serie di incontri aveva rassicurato le OO.SS. in merito ai timori di un possibile ridimensionamento della presenza della multinazionale sul territorio triestino.
Il Tribunale, con il decreto in commento, ha accolto il ricorso proposto dai sindacati, sulla base delle seguenti motivazioni:
- l’azienda è venuta meno agli obblighi informativi prescritti dalla contrattazione collettiva di settore e dal contratto integrativo aziendale, non procedendo alla consultazione dei sindacati e a informarli periodicamente sull’andamento dell’attività del sito produttivo (violando, in particolare, la previsione secondo cui “le parti si incontreranno nei momenti di completamento dei piani produttivi e finanziari annuali con verifiche semestrali e di fine esercizio”);
- la comunicazione del 14.07.2022 (con la quale è stata avviata la procedura ex art. 1, co. 224, L. n. 234/2021) è stata adottata in modo unilaterale, senza instaurare un preventivo tavolo di confronto con le OO.SS. come stabilito dalle norme di contrattazione collettiva e integrativa. La società era, infatti, tenuta a informare le OO.SS. sull’andamento dell’attività produttiva e sul progressivo degradarsi della competitività dello stabilimento. Tale condotta omissiva è lesiva della libertà sindacale “in quanto il confronto con le organizzazioni sindacali poteva essere fruttuoso e portare a quel condizionamento virtuoso delle scelte dell’azienda che è poi la finalità ultima delle norme contrattuali in esame”. Ne consegue che i “sindacati sono stati semplicemente posti di fronte al fatto compiuto, con la conseguenza che al sindacato è stato impedito di adempiere alla sua funzione istituzionale”;
- accertata l’antisindacalità della condotta datoriale (e dovendosi accogliere la richiesta di revoca della comunicazione ex art. 1, co. 224, L. n. 234/2021, affinché si dia luogo alla concertazione fra datore di lavoro e sindacati prevista dalla contrattazione collettiva e integrativa) va riconosciuto alle OO.SS. il risarcimento del danno all’immagine (dinanzi ai propri iscritti e ai cittadini comuni), anche in considerazione della risonanza della vicenda portata all’attenzione del pubblico in maniera massiccia da mezzi di comunicazione a livello locale e nazionale. Il risarcimento del suddetto danno all’immagine (liquidato in misura pari a 50.000 euro per ciascuna delle tre OO.SS. ricorrenti) va operato anche tramite la pubblicazione per estratto del decreto su alcuni quotidiani nazionali.