Nell’ipotesi di cambio di appalto nei call center, in caso di licenziamento l’appaltatore uscente deve rispettare l’obbligo di repêchage.
Nota a App. Roma 12 luglio 2022, n. 3106
Francesca Albiniano
In relazione alla richiesta di revocare e/o riformare l’ordinanza n. 41612/2020 del Tribunale di Roma, presentata da dipendenti di un call center, la Corte di Appello di Roma 12 luglio 2022, n. 3106, ha ritenuto illegittimo il licenziamento di alcuni operatori adibiti a un appalto nel frattempo aggiudicato ad un’altra società, ritenendo che la L. n.11/2016, applicabile alla fattispecie, pur prevedendo che il rapporto di lavoro “continua” con l’appaltatore subentrante, non dispone un effetto di subentro automatico.
Nello specifico, la Corte interpreta l’art. 1, co. 10, L. n. 11/2016, secondo cui “in caso di successione di imprese nel contratto di appalto con il medesimo committente e per la medesima attività di call center, il rapporto di lavoro continua con l’appaltatore subentrante, secondo le modalità e le condizioni previste dai contratti collettivi nazionali di lavoro applicati e vigenti alla data del trasferimento stipulati dalle organizzazioni sindacali e datoriali maggiormente rappresentative sul piano nazionale. In assenza di specifica disciplina nazionale collettiva, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con proprio decreto adottato sentite le organizzazioni datoriali e sindacali maggiormente rappresentative sul piano nazionale, definisce i criteri generali per l’attuazione del presente comma. Le amministrazioni pubbliche e le imprese pubbliche o private che intendono stipulare un contratto di appalto per servizi di call center devono darne comunicazione preventiva alle rappresentanze sindacali aziendali e alle strutture territoriali delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative sul piano nazionale”.
Al riguardo, i giudici affermano che il termine “continua” “sia stato utilizzato dal Legislatore in modo atecnico per garantire nel settore del call center, in assenza di disposizioni di contrattazione collettiva in materia, l’occupazione dei lavoratori addetti”. Tuttavia, sebbene “il venir meno della commessa atteso il cambio appalto sia idoneo a giustificare il recesso datoriale, lo stesso in ogni caso non risulta integrato” ove manchi la prova della datrice di lavoro dell’obbligo di repêchage. Ciò, al fine di verificare la sussistenza di entrambi i presupposti di legittimità del recesso relativamente sia alle ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa sia all’impossibilità di ricollocare altrove il lavoratore. Mancando la prova dell’impossibilità di repêchage si rientra nell’ipotesi sanzionatoria di cui al co. 7, dell’art. 18 Stat. Lav.