Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 24 ottobre 2022, n. 31332
Lavoro, CCNL Comparto sanità
– Dirigente medico, Demansionamento, Illegittimità, Danno alla
professionalità e danno biologico, Risarcibilità
Fatto
1. La Corte d’Appello di Napoli, con la sentenza n.
2053 del 2015, in parziale accoglimento dell’appello principale proposto da
C.G. nei confronti dell’ASL Napoli 2 Nord, nonché dell’INAIL, e in parziale
riforma della sentenza di primo grado impugnata, ha condannato la ASL Napoli 2
Nord al risarcimento in favore dello stesso del danno esistenziale conseguente
all’accertamento del demansionamento, liquidato in euro 29,876,00, oltre
interessi legali dalla data della decisione. La Corte d’Appello rigettava l’appello
incidentale della ASL Napoli 2.
2. Il lavoratore, premesso di essere dipendente
della ASL Na 2 con qualifica di dirigente medico di secondo livello del CCNL Comparto sanità e di aver svolto dal 2001 al
2004 funzioni proprie del direttore sanitario presso il Presidio ospedaliero di
Procida, che in base all’atto aziendale era struttura organizzativa complessa,
aveva agito in giudizio dinanzi al Tribunale di Napoli in quanto con ordine di
servizio del 23 luglio 2004 era stato rimosso dall’incarico e di fatto
estromesso da ogni attività.
3. Il Tribunale di Napoli aveva dichiarato
l’illegittimità del comportamento dell’ASL convenuta, rigettando tutte le
domande risarcitorie e di riconoscimento del trattamento economico di direzione
di struttura complessa.
4. La Corte d’Appello rigettava la domanda di
differenze retributive a titolo di direzione di struttura complessa in ragione
dell’esame dell’atto aziendale e di altra documentazione che faceva escludere
la qualificazione come struttura complessa del Presidio ospedaliero di Procida,
e rilevando che il lavoratore era dirigente medico di primo livello.
Quanto alle domande risarcitorie, la Corte
d’Appello, dopo aver confermato la sussistenza del demansionamento illegittimo,
svuotamento delle mansioni, almeno a partire dal settembre 2004, rigettava la
domanda di danno alla professionalità non avendo il lavoratore allegato
elementi utili a sostegno della stessa. Con riguardo al danno biologico,
rilevato che il datore di lavoro rispondeva nei limiti del danno differenziale,
osservava che nulla era stato precisato nel ricorso, dove non era stata neppure
quantificato il danno biologico relativo alla patologia dedotta ed al grado
invalidante indicato del 33/34 per cento, da cui l’inutilità della richiesta di
CTU medico-legale per l’accertamento del danno biologico subito. Veniva
rigettata anche la domanda di danno morale che, attesa la domanda di danno
biologico astrattamente risarcibile dall’INAIL, non poteva essere considerata
voce autonoma, rientrando nella stessa categoria del danno alla salute.
Il danno esistenziale, tenuto conto delle specifiche
allegazioni contenute nel ricorso introduttivo, veniva riconosciuto dal giudice
di secondo grado.
5. Per la cassazione della sentenza di appello
ricorre il lavoratore prospettando cinque motivi di ricorso.
6. Resiste con controricorso e ricorso incidentale
articolato in tre motivi la ASL Napoli 2 Nord (già ASL Napoli 2), assistito da
memoria.
7. L’INAIL ha deposito mandato alle liti.
8. Il lavoratore resiste con controricorso al
ricorso incidentale.
Diritto
1. Con il primo motivo di ricorso è dedotta la
violazione e/o falsa applicazione degli artt. 112,
416 e 437, cod.
proc. civ., in relazione all’art. 360, n. 3,
cod. proc. civ. Omesso esame di un fatto decisivo in relazione all’art. 360. n. 5, cod. proc. civ., inteso come esame
perplesso ovvero incomprensibile, ovvero apparente.
Assume il ricorrente che l’ASL si era difesa
deducendo la mancanza in pianta organica ed in atto aziendale del posto di
dirigente di II livello per la direzione del Presidio ospedaliero Albano
Francesco di Procida.
Di talché, vi sarebbe stata, diversamente da quanto
affermato dalla Corte d’Appello, da parte del Tribunale la violazione dell’art. 112, cod. proc. civ., nel ritenere
prospettata la mancanza del carattere di struttura complessa del P.O. e la
qualifica di dirigente medico di primo e non di secondo livello. Inoltre, nella
memoria difensiva in appello, la ASL avrebbe introdotto eccezioni e difese non
proposte nelle memorie di primo grado in violazione della preclusione ex art. 437 cod. proc. civ.
1.1. Il motivo è inammissibile.
Le Sezioni Unite, con la sentenza n. 8077 del 2012,
hanno precisato che, in ogni caso, la proposizione del motivo di censura resta
soggetta alle regole di ammissibilità e di procedibilità stabilite dal codice
di rito, nel senso che la parte ha l’onere di rispettare il principio di
autosufficienza del ricorso e le condizioni di procedibilità di esso (in
conformità alle prescrizioni dettate dall’art. 366,
co. 1, n. 6, e 369, co. 2. n. 4, cod. proc.
civ.), “sicché l’esame diretto degli atti che la Corte è chiamato a
compiere è pur sempre circoscritto a quegli atti ed a quei documenti che la
parte abbia specificamente indicato ed allegato”.
La parte ricorrente è tenuta ad indicare gli
elementi individuanti e caratterizzanti il -fatto processuale” di cui
richiede il riesame, affinché il corrispondente motivo sia ammissibile e
contenga, per il principio di specificità del ricorso, tutte le precisazioni e
i riferimenti necessari a individuare la dedotta violazione processuale (cfr.,
Cass. n. 6225 del 2005; Cass. n. 9734 del 2004). Tanto non è accaduto nella
specie, laddove nel corpo del motivo non sono indicati i contenuti della difesa
della ASL in primo grado e delle memorie della stessa in appello, fermo
restando che non è contestato in modo circostanziato quanto affermato dalla
sentenza di appello e cioè che la qualifica di dirigente di II livello e la natura
di struttura complessa del P.O. erano stati prospettati dal ricorrente quali
elementi costitutivi della propria domanda, con la conseguenza che tali
deduzioni rientravano nel thema decidendum sottoposto al Tribunale dal
lavoratore.
2. Con il secondo motivo di ricorso è dedotta la
violazione e falsa applicazione degli artt. 1173,
1175, 1322, 1324, 1362, 1363, 1366, 1375, cod. civ., nonché degli artt. 115 e 116 cod.
proc. civ., in relazione all’Atto aziendale ed al CCNL Dirigenza medica dell’8 giugno 2000, tutti
in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ.
Omesso esame di un fatto decisivo ai fini della decisione in relazione all’art. 360, n. 5, cod. proc. civ., inteso anche come
esame perplesso ovvero incomprensibile ovvero apparente.
Il lavoratore censura l’interpretazione che la Corte
d’Appello ha dato dell’Atto aziendale, laddove ha escluso la natura di
struttura complessa del P.O. di Procida in quanto, quest’ultimo pur essendo
individuato nell’Atto aziendale come uno dei quattro presidi attraverso i quali
la ASL garantisce l’assistenza sanitaria ospedaliera, era funzionalmente
collegato a quello di Pozzuoli sotto il profilo dell’assistenza e della
gestione dell’emergenza, tanto che il relativo personale era inquadrato nella
pianta organica di quest’ultimo. Il lavoratore riporta il contenuto dell’Atto
aziendale e ne desume che il P.O. di Procida era considerato autonomo e
distinto, così smentendo che fosse una dipendenza di quello di Pozzuoli.
Il P.O. in questione non era struttura semplice in
quanto aveva numerosi moduli e cioè segmenti operativi, rispetto a cui
operavano trentadue unità.
Il Piano ospedaliero lo considerava pronto soccorso
attivo. I Presidi ospedalieri erano quattro, ed erano strutture complesse. I
deliberati aziendali non provavano la natura di struttura semplice ma la
intervenuta violazione dell’atto aziendale.
Il ricorrente richiama, quindi alcuni documenti che
riguardavano l’attribuzione delle funzioni relative alla direzione sanitaria
(funzioni di referente di direzione sanitaria, incarico di direzione U.O.
direzione sanitaria Presidio Albano Francescano di Procida), che è qualificata
dall’Atto aziendale come struttura complessa.
3. Con il terzo motivo di ricorso è prospettata la
violazione e falsa applicazione degli artt. 1362,
1363, 1366, 1367, 1375, cod. civ.,
nonché degli artt. 112, 115 e 116 cod. proc.
civ., in relazione al CCNL Dirigenza medica
dell’ 8 giugno 2000, in relazione all’art. 360,
n. 3, cod. proc. civ.
Omesso esame di un fatto decisivo ai fini della
decisione in relazione all’art. 360, n. 5, cod.
proc. civ., inteso anche come esame perplesso ovvero incomprensibile ovvero
apparente.
Assume il ricorrente che la Corte d’Appello non
aveva tenuto conto dell’art. 27
del CCNL sanità che individuava le tipologie di incarichi dirigenziali di
direzione di struttura complessa tra cui l’incarico di direttore di Presidio
ospedaliero di cui al d.lgs. n. 502 del 1992.
Richiama quindi la missione del Direttore medico di Presidio come definita
dall’atto aziendale. Non era stato contestato che l’Ospedale di Procida fosse
un pronto soccorso attivo e che esso ricorrente dal 2001 al 2004 aveva svolto
di fatto tutte le funzioni proprie del Direttore medico del suddetto presidio,
come provato dalla documentazione in atti. Ciò peraltro non solo nei fatti ma
anche in ragione di ordini di servizio.
4. Con il quarto motivo di ricorso è dedotta la
violazione e/o falsa applicazione degli artt. 36 Cost., 2103, 1322, 1223, 2041, cod. civ., artt. 19