Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 24 ottobre 2022, n. 31396

Rapporto di lavoro, CCNL collaboratori domestici, Rapporto
di lavoro subordinato, Sussistenza, Differenze retributive

Rilevato che

 

1. Con sentenza n. 188 del 9.4.2021 la Corte di
appello di Napoli, confermando la pronuncia del Tribunale di Benevento e
respingendo l’appello proposto da M.M., ha accolto parzialmente la domanda
proposta nei confronti di G.C. per l’accertamento della sussistenza di un
rapporto di lavoro subordinato, in qualità di collaboratrice domestica, per il
periodo agosto 2007-giugno 2011, con conseguente condanna del datore di lavoro
al pagamento di una somma (inferiore a quella richiesta dalla lavoratrice, in
considerazione dell’accertamento di un orario di lavoro diverso da quello
allegato nel ricorso introduttivo del giudizio) pari a euro 9.173,49 dovuta
alle differenze retributive parametrate al livello B del CCNL collaboratori
domestici.

2. Per la cassazione della sentenza propone ricorso
la lavoratrice con due motivi; il C. è rimasto intimato.

3.Veniva depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis cod.proc.civ., ritualmente comunicata
alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di
consiglio.

 

Considerato che

 

1. Con il primo motivo di
ricorso si denunzia violazione degli artt. 115, 116 c.p.c., 2099, 2107, 2108, 2109, 2110 c.c., 36 Cost.nonché vizio di motivazione (ex art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, cod.proc.civ.),
avendo, la Corte territoriale, ignorato le risultanze delle prove costituite
dalle dichiarazioni delle parti e dalle deposizioni dei testimoni, e avendo
trascurato di trarre, dal suddetto materiale istruttorio, le conseguenti
decisioni in punto di orario di lavoro osservato dalla lavoratrice.

2. Con il secondo motivo di ricorso si denunzia
violazione e falsa applicazione degli artt. 61, 115, 116, 345 c.p.c.e omessa motivazione su un punto
decisivo (ex art. 360, primo comma, nn. 3 e 5,
cod.proc.civ.) avendo, la Corte territoriale, trascurato i conteggi delle
differenze retributive allegati al ricorso e omesso di nominare un CTU.

3. I motivi sono inammissibili in quanto si
sostanziano, anche nella parte in cui denunciano la violazione di norme di
diritto, in un vizio di motivazione formulato in modo non coerente allo schema
legale del nuovo art. 360 c.p.c., primo comma, n. 5,
applicabile ratione temporis alla fattispecie in esame (ossia nel testo
successivo alla modifica di cui all’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n.
83, convertito dalla legge 7 agosto 2012, n.
134, che ha molto limitato l’ambito di applicabilità del controllo di
legittimità sulla motivazione).

Come più volte precisato da questa Corte, il vizio
di violazione di legge coincide con l’errore interpretativo, cioè con l’erronea
individuazione della norma regolatrice della fattispecie o con la comprensione
errata della sua portata precettiva; la falsa applicazione di norme di diritto
ricorre quando la disposizione normativa, interpretata correttamente, sia
applicata ad una fattispecie concreta in essa erroneamente sussunta. Al
contrario, l’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle
risultanze di causa è esterna all’interpretazione della norma e inerisce alla
tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede
di legittimità, solo sotto l’aspetto del vizio di motivazione (cfr. Cass. n. 26272 del 2017; Cass. n. 9217 del 2016; Cass. n. 195 del 2016; Cass. n. 26110 del 2015; n. 26307 del 2014). Solo
quest’ultima censura è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di
causa.

4. In tema di valutazione delle prove, poi, il
principio del libero convincimento, posto a fondamento degli artt. 115 e 116 c.p.c.,
opera interamente sul piano dell’apprezzamento di merito, insindacabile in sede
di legittimità, sicché la denuncia della violazione delle predette regole da
parte del giudice del merito non configura un vizio di violazione o falsa
applicazione di norme, bensì un errore di fatto, che deve essere censurato
attraverso il corretto paradigma normativo del difetto di motivazione, e dunque
nei limiti consentiti dall’art. 360, co. 1, n. 5,
c.p.c. (tra le altre v. Cass. n. 23940 del 2017; Cass. n. 4699 e 26769 del
2018; Cass. n. 1229 del 2019; v., da ultimo, pure Cass. n. 24395 del 2020).

5. Nel caso di specie, le censure investono tutte la
valutazione delle prove come operata dalla Corte di merito, e si sostanziano,
attraverso il richiamo al contenuto delle deposizioni testimoniali, in una
richiesta di rivisitazione del materiale istruttorio (quanto all’orario di
lavoro osservato dalla M.) non consentita in questa sede di legittimità, non
solo in virtù del novellato testo dell’art. 360
c.p.c., primo comma, n. 5, ma, a maggior ragione, a fronte di una pronuncia
c.d. doppia conforme (art. 348 ter, ultimo comma,
c.p.c., in base al quale il vizio di cui all’art.
360, primo comma, n. 5, c.p.c., non è deducibile in caso di impugnativa di
pronuncia c.d. doppia conforme; v. Cass. n. 23021
del 2014).

6. Inoltre, la Corte di merito ha rilevato che i
conteggi allegati al ricorso non potevano essere utilizzati (in quanto
elaborati su presupposti costitutivi non integralmente provati), che la
richiesta – rivolta alla lavoratrice ricorrente – di rielaborare ulteriori
conteggi sulla base delle specifiche indicazioni assegnate dal giudice di primo
grado (sulla base dei fatti ritenuti provati) non era stata osservata e che il
Tribunale aveva, conseguentemente, preso a base di riferimento i parametri
retributivi considerati nei conteggi prodotti dal datore di lavoro nella misura
in cui erano coerenti con le risultanze istruttorie (senza, dunque, operare
alcun acritico recepimento dei suddetti conteggi), e tali circostanze non sono
state puntualmente illustrate e censurate dal ricorrente.

7. In conclusione, il ricorso va dichiarato
inammissibile; nulla sulle spese a fronte della mancata costituzione del
controricorrente.

8. Sussistono le condizioni di cui all’art. 13, comma 1 quater, d.P.R.115 del
2002;

 

P.Q.M.

 

Dichiara inammissibile il ricorso, nulla sulle
spese.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30
maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24
dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti
processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore
importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il
ricorso, a norma del comma 1-bis
dello stesso art. 13, se dovuto.

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