Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 21 ottobre 2022, n. 31148
Rapporto di lavoro, Giornalista pubblicista, Mansioni di
“radio reporter”, Mutamento del contratto collettivo, Pagamento
delle differenze retributive
Rilevato che
1. la Corte d’appello di Roma, in riforma della
sentenza di primo grado, ha respinto la domanda con la quale A.R. – giornalista
pubblicista, dipendente di R.D.S. s.p.a. dal 3.2.1993 con mansioni di
“radio reporter” e con applicazione del contratto nazionale di lavoro
giornalistico sino al 31.10.1994 e quindi del contratto collettivo nazionale
Radiotelevisioni private, dedotta l’inefficacia o comunque illiceità del
mutamento del contratto collettivo applicabile al rapporto di lavoro, aveva
chiesto la condanna della convenuta R.D.S. s.p.a., sua datrice di lavoro, al
pagamento delle differenze retributive spettanti in ragione della asserita
perdurante applicabilità al rapporto di lavoro del contratto collettivo
nazionale giornalisti; ha condannato la originaria ricorrente alla restituzione
a controparte della somma, calcolata al lordo, oltre accessori, corrisposta
dalla datrice di lavoro in esecuzione della sentenza di primo grado;
2. per la cassazione della decisione ha proposto
ricorso A.R. sulla base di tre motivi; la parte intimata ha resistito con
controricorso; entrambe le parti hanno depositato memorie;
3. il P.G. ha concluso per il rigetto dei primi due
motivi e l’accoglimento del terzo motivo;
Considerato che
1. con il primo motivo di ricorso parte ricorrente
deduce violazione dell’art. 27,
comma 4, c.c.n.l. Radiotelevisioni private del 9 luglio 1994 e degli artt. 1362, 1363 e
2077 del codice civile, censurando la sentenza
impugnata per avere ritenuto valida la variazione di inquadramento contrattuale
frutto di accordo negoziale intervenuto tra essa Rotolo e la società datrice di
lavoro; sostiene infatti che la modifica contrattuale negoziata si poneva in
contrasto con il contenuto della dichiarazione a verbale dell’art. 27, parte 4, c.c.n.l.
Radiotelevisioni private, con la quale le parti collettive avevano chiarito
che ai dipendenti in forza alla data di stipulazione del contratto collettivo
Radiotelevisioni private, il cui rapporto era disciplinato da altro contratto
collettivo, non si applicavano i nuovi inquadramenti; secondo parte ricorrente
tale dichiarazione costituiva una clausola di salvaguardia avente la finalità
di evitare mutamenti peggiorativi delle condizioni lavorative dei lavoratori i
cui rapporti, come nel caso della Rotolo, erano regolati da una diversa fonte
collettiva; in questa prospettiva sostiene che la modifica peggiorativa del
contratto individuale negoziata tra le parti concretava violazione dell’art. 2077 cod. civ. ;
2. con il secondo motivo deduce violazione degli artt. 2077, 2103 e
2113 cod. civ., dell’art.
12, comma 1, disposizioni sulla legge in generale, censurando la sentenza
impugnata per violazione del principio di irriducibilità della retribuzione e
per avere escluso la operatività delle tutele apprestate dall’art. 2113 cod. civ.; denunzia inoltre violazione
dell’art. 2077, comma 2, cod. civ. secondo il
quale le clausole difformi dei contratti individuali, preesistenti o
successive, al contratto collettivo, sono sostituite di diritto da quelle del
contratto collettivo, salvo che contengano speciali condizioni più favorevoli
ai prestatori di lavoro;
3. con il terzo motivo di ricorso parte ricorrente
deduce violazione dell’art. 2033 cod. civ. e
dell’art. 38 d.P.R. n.
602/1973, censurando la sentenza impugnata per averla condannata alla
restituzione delle somme a titolo di differenze retributive corrisposte dalla
società in esecuzione della sentenza di primo grado al netto e non al lordo
delle trattenute fiscali;
4. preliminarmente deve essere rigettata la
eccezione di parte controricorrente che ha dedotto la inammissibilità del primo
motivo di ricorso per la preclusione asseritamente scaturente dal giudicato
interno formatosi sull’affermazione della Corte di merito che aveva ribadito la
libertà del datore di lavoro di scegliere il contratto collettivo ritenuto più
adatto a disciplinare i rapporti con il personale dipendente; dal complessivo
contenuto del ricorso per cassazione emerge, infatti, la chiara volontà della
Rotolo di investire la decisione di appello in relazione a tutti i presupposti
giuridici che avevano indotto la Corte di merito a ritenere valido ed efficace
l’accordo negoziale modificativo del contratto individuale , in punto di
individuazione della fonte collettiva regolatrice;
5. il primo ed il secondo motivo di ricorso, che
vengono trattati congiuntamente in ragione della reciproca connessione, sono
infondati. E’ pacifico che l’assoggettamento del rapporto di lavoro della
Rotolo al contratto collettivo Radiotelevisioni private 1994 (il primo
intervenuto a regolare il rapporto di lavoro dei dipendenti delle radio e
televisioni private) è frutto della comune volontà negoziale delle parti che
hanno inteso modificare il contratto individuale con riferimento alla fonte
collettiva applicabile al rapporto, fonte in precedenza costituita dal
contratto collettivo nazionale giornalisti; tale modifica, in quanto
espressione della libera esplicazione dell’autonomia privata riconosciuta ai
dell’art. 1322 cod. civ., era vincolante per le
parti, in assenza di vizi della volontà, non dedotti dalla odierna ricorrente.
Né essa si poneva in contrasto con superiori cogenti principi di origine legale
o collettiva In particolare, alcun rilievo condizionante, sotto il profilo
della validità o dell’efficacia del negozio modificativo, è dato riconoscere
alla a dichiarazione a verbale all’art. 27 (parte quarta) del
ridetto contratto collettivo Radiotelevisioni private. Con tale dichiarazione
le parti stipulanti, dato atto che la disciplina dell’emittenza imponeva
l’obbligo di realizzazione di una quota di informazione e del radiogiornale e
della decisione di stabilire la regolamentazione di una nuova figura
professionale dedicata a detta attività, «al fine di coprire contrattualmente
tutte le figure operanti nel settore e di valorizzare le risorse professionali
>> si sono, per quel che qui rileva, così espresse: «viene concordemente
esclusa l’attribuzione dei nuovi inquadramenti ai dipendenti in forza alla data
di stipulazione del presente, che godono come condizione personale,
dell’applicazione di altri contratti». La dichiarazione a verbale all’art. 27 comma 4 c.c.n.I., come
ritenuto dal giudice di appello ha sostanzialmente una valenza esplicativa,
destinata a ribadire la inapplicabilità automatica del nuovo e primo contratto
collettivo Radio televisioni private ai lavoratori che all’epoca erano
diversamente inquadrati, ma non precludeva, né avrebbe potuto farlo, la possibilità
di pattuizioni individuali con le quali le parti si assoggettavano
volontariamente ad un determinato assetto contrattuale. L’approdo ermeneutico
qui condiviso è coerente con la finalità propria delle dichiarazioni a verbale
fatte dalle parti nel testo del contratto collettivo di diritto comune,
dichiarazioni che non hanno un diretto significato normativo ma la finalità di
chiarire la portata della clausola cui si riferiscono, e con la considerazione
che le parti collettive, salvo specifica previsione di legge, non possono
comunque interferire con la libera esplicazione dell’autonomia privata
garantita dall’art. 1322 cod. civ.;
5.1. neppure nello specifico è ravvisabile la
prospettata violazione dell’art. 2077 cod. civ.;
invero, ricordato che il contratto collettivo costituisce fonte eteronoma di
integrazione del contratto individuale (Cass. n.
3982/2014, Cass. n. 21234/2007) la
sostituzione in via negoziale di una fonte collettiva ad un’altra si colloca al
di fuori dell’ambito regolato dall’art. 2077 cod.
civ. in tema di efficacia del contratto collettivo sul contratto
individuale;
5.2. non sussiste, infine, la dedotta violazione
degli artt. 2103 e 2113
cod. civ., prospettata con riferimento alla modifica asseritamente
peggiorativa del trattamento retributivo conseguente all’applicazione del
contratto collettivo delle Radiotelevisioni private in luogo del contratto
collettivo giornalisti. Occorre premettere, in linea generale, che, come
chiarito dalla costante giurisprudenza della S.C., nell’ipotesi di successione
tra contratti collettivi, le modificazioni “in peius” per il
lavoratore sono ammissibili con il solo limite dei diritti quesiti, dovendosi
escludere che il lavoratore possa pretendere di mantenere come definitivamente
acquisito al suo patrimonio un diritto derivante da una norma collettiva non
più esistente, in quanto le disposizioni dei contratti collettivi non si
incorporano nel contenuto dei contratti individuali, ma operano dall’esterno
come fonte eteronoma di regolamento, concorrente con la fonte individuale,
sicché le precedenti disposizioni non sono suscettibili di essere conservate
secondo il criterio del trattamento più favorevole (art.
2077 cod. civ.), che riguarda il rapporto fra contratto collettivo ed
individuale (Cass. n. 13960/2014, Cass. n. 21234/2007); in coerenza con il
principio richiamato, applicabile anche all’ipotesi di sostituzione, per
modifica negoziale, di una fonte collettiva ad un’altra, come avvenuto nel caso
di specie, la odierna ricorrente non avrebbe potuto far valere il principio di
irriducibilità della retribuzione pretendendo il trattamento retributivo
previsto in relazione ai c.c.n. giornalisti succedutisi nel tempo, ma, al più,
la cristallizzazione della retribuzione percepita all’atto della modifica
contrattuale, e rivendicare eventuali differenze retributive a titolo di
superminimo, come invece non avvenuto; deve inoltre, osservarsi che parte
ricorrente non si confronta affatto con la decisiva affermazione del giudice di
appello secondo il quale la violazione dell’art.
2103 cod. civ. sarebbe stata ipotizzabile solo con riferimento alla
retribuzione percepita sulla base del contratto collettivo giornalisti
all’epoca della intervenuta modifica contrattuale, apparendo difficilmente
configurabile, in relazione al periodo non prescritto, successivo al 23.1.2007,
che il trattamento stabilito dai contratti collettivi Radiotelevisioni private
via via applicabili potesse risultare inferiore a quello del contratto
collettivo giornalisti quale cristallizzato- nell’anno 1994- all’epoca della
modifica contrattuale;
5.3. infine, destituita di fondamento è l’ulteriore
censura che prospetta violazione dell’art. 2113
cod. civ. per non essere la modifica contrattuale contestata, stata
effettuata in una sede protetta; come correttamente osservato dal giudice di
appello, infatti, l’opzione negoziale del lavoratore, che si esercita in favore
di questo o quell’ambito di contrattazione collettiva, non è qualificabile come
negozio abdicativo, non avendo attitudine ad incidere su pregresse e specifiche
situazioni di vantaggio, già intestate al lavoratore, quali i diritti derivanti
dal contratto collettivo sostituito per il tempo della sua vigenza;
6. il terzo motivo di ricorso è fondato luce della
consolidata giurisprudenza di questa Corte la quale ha chiarito che in caso di
riforma, totale o parziale, della sentenza di condanna del datore di lavoro al
pagamento di somme in favore del lavoratore, il datore di lavoro ha diritto a
ripetere quanto il lavoratore abbia effettivamente percepito e non può pertanto
pretendere la restituzione di importi al lordo di ritenute fiscali mai entrate
nella sfera patrimoniale del dipendente. (v. tra le altre, Cass. n. 13530/2019, Cass.
n.19735/2018);
7. all’accoglimento del motivo consegue la
cassazione in parte qua della decisione, con rinvio ad altro giudice di secondo
grado al quale è demandato il regolamento delle spese del giudizio di
legittimità;
P.Q.M.
Accoglie il terzo motivo di ricorso e rigetta gli
altri, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla
Corte di appello di Roma in diversa composizione alla quale demanda il
regolamento delle spese del giudizio di legittimità.