Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 12 ottobre 2022, n. 38357

Sicurezza sul lavoro, Imprese diverse operanti nello stesso
contesto aziendale, Rischi interferenziali, Obblighi di cooperazione delle
misure di prevenzione e protezione

Ritenuto in fatto

 

1. Il Tribunale di Milano, con sentenza del 1
ottobre 2021, ha condannato G.T. alla pena di 1.000,00 di ammenda
relativamente al reato di cui agli art. 146 e 159 d. Igs. 81 del 2008 perché
non circondava da normale parapetto e da tavola fermapiede le aperture lasciate
nei solai e nelle piattaforme di lavoro, né le copriva con tavolato solidamente
fissato e di resistenza non inferiore a quella del piano di calpestio dei ponti
di servizio. Accertato il 15 ottobre 2019.

2. L’imputato ha proposto ricorso in cassazione,
deducendo i motivi di seguito enunciati, nei limiti strettamente necessari per
la motivazione, come disposto dall’art. 173, comma
1, disp. att., cod. proc. pen.

2. 1. Violazione di legge (art. 24, punto 3, 88 lettera G bis, 95, 90 e 100 d. Igs 81 del 2008). La
sentenza ha ritenuto responsabile il ricorrente per il semplice fatto che nel
cantiere dove operava la sua ditta (s.r.l. S.I., di cui il ricorrente è
l’amministratore) erano state riscontrate contravvenzioni alla normativa sulla
sicurezza del lavoro, indicate nel capo di imputazione. Per il Tribunale tutte
le imprese esecutrici, subappaltanti o i lavoratori autonomi sarebbero tenuti
al rispetto delle regole sulla prevenzione degli infortuni. La legge disciplina
in maniera dettagliata i diversi ruoli e le numerose fattispecie possibili. Non
è possibile attribuire una responsabilità congiunta a tutti i datori di lavoro
coinvolti a diverso titolo nel cantiere, al di là dei diversi ruoli nella realizzazione
dell’opera. L’art. 24, punto
3, e l’art. 88 lettera G bis,
della legge 81/2008 disciplinano puntualmente le fattispecie concrete, per
le ditte che installano o montano gli impianti (elettrici, reti informatiche,
gas, acqua, condizionamento). La società del ricorrente era stata incaricata
solo di montare un impianto di riscaldamento, che non comportava opere murarie,
e, quindi, non poteva essere considerata tenuta al rispetto della normativa
generale sulla prevenzione degli infortuni del lavoro. Per l’art. 95, legge 81/2008 le
imprese esecutrici durante l’esecuzione delle opere osservano le misure di cui
all’art 15 e curano ciascuno
per la parte di competenza il mantenimento del cantiere in condizioni ordinate
e di soddisfacente salubrità […]. Non si comprende, pertanto, perché il
ricorrente debba rispondere per le carenze dell’impresa che gestiva l’appalto
generale delle opere. Risultano violate anche altre norme, l’art. 90, 100 e 91 del d. Igs. 81 del 2008.

Ha chiesto quindi l’annullamento della decisione
impugnata.

 

Considerato in diritto

 

3. Il ricorso risulta inammissibile, in quanto
generico ed in fatto, non si confronta con le motivazioni della sentenza e non
prospetta vizi di legittimità avverso le motivazioni della decisione del
Tribunale.

Per l’art.
26 del d. Igs. 81 del 2008, comma 2, i datori di lavoro, ivi compresi i
subappaltatori, cooperano all’attuazione delle misure di prevenzione e
protezione dei rischi sul lavoro incidenti sull’attività lavorativa oggetto
dell’appalto, coordinano gli interventi di protezione e prevenzione dai rischi
cui sono esposti i lavoratori, informandosi reciprocamente anche al fine di
eliminare i rischi dovuti alle interferenze tra i lavori delle diverse imprese
coinvolte nell’opera complessiva.

Il concetto di interferenza, ai fini
dell’operatività degli obblighi di coordinamento e cooperazione previsti dall’art. 7 d.lgs. 626 del 1994
(ora art. 26 d.lgs. 9 aprile
2008, n. 81), è dato dal contatto rischioso tra il personale di imprese
diverse operanti nello stesso contesto aziendale e pertanto occorre aver
riguardo alla concreta interferenza tra le diverse organizzazioni, che può
essere fonte di ulteriori rischi per l’incolumità dei lavoratori, e non alla
mera qualificazione civilistica attribuita al rapporto tra le imprese che
cooperano tra loro – vale a dire contratto d’appalto o d’opera o di
somministrazione – in quanto la “ratio” della norma è quella di
obbligare il datore di lavoro ad organizzare la prevenzione dei rischi
interferenziali attivando percorsi condivisi di informazione e cooperazione
nonché soluzioni comuni di problematiche complesse (Vedi Sez. 4, Sentenza n.
9167 del 01/02/2018 Ud., dep. 28/02/2018, Rv. 273257 – 01).

Del resto, non risulta prospettata neanche una
completa autonomia dei lavori della ditta del ricorrente (“In tema di
prevenzione degli infortuni sul lavoro, il subappaltante è esonerato dagli
obblighi di protezione solo nel caso in cui i lavori subappaltati rivestano una
completa autonomia, sicché non possa verificarsi alcuna sua ingerenza rispetto
ai compiti del subappaltatore” Sez. 4 – , Sentenza
n. 12440 del 07/02/2020 Ud., dep. 20/04/2020, Rv. 278749 – 01).

La ditta del ricorrente avrebbe dovuto montare
l’impianto di riscaldamento e di condizionamento nell’immobile in oggetto,
conseguentemente era tenuta a cooperare all’attuazione delle misure di
prevenzione, onde evitare i rischi ai propri lavoratori nel cantiere.

Il Tribunale con accertamenti in fatto – neanche
contestati con il ricorso in cassazione – e con motivazione adeguata ha
rilevato che l’impresa del ricorrente era tenuta a rispettare le norme sulla
sicurezza nel lavoro per prevenire i rischi ai propri dipendenti, che stavano
lavorando nel cantiere.

Si tratta di accertamenti di fatto (peraltro non
contestati se non con una generica indicazione di norme) insindacabili in sede
di legittimità.

4. Il ricorso, conseguentemente, deve essere
dichiarato inammissibile. Tenuto conto della sentenza
13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella
fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto
il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a
norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere
delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in
favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in
3.000,00.

 

P.Q.M.

 

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il
ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila
in favore della Cassa delle ammende.

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