Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 26 ottobre 2022, n. 31637

Lavoro, Contratti di subfornitura, Simulazione, Natura
subordinata dei rapporti, Omessi contributi, Domanda di riduzione, Omessa
pronuncia

Rilevato che

 

1. il Tribunale di Lecco aveva accolto il ricorso
promosso dall’odierna ricorrente ed «annullato» la cartella esattoriale
relativa a contributi e sanzioni civili, per il periodo da giugno 2005 a giugno
2009, con riferimento alla posizione di quattro lavoratori, soci della cooperativa
C. scrl, e di altro lavoratore autonomo, tutti, invece, subordinati, secondo la
prospettazione dell’Inps;

2. la Corte di appello di Milano, pronunciando sul
gravame dell’Istituto, ha riformato la decisione di primo grado e, per
l’effetto, ha respinto il ricorso introduttivo del giudizio;

3. la Corte di merito ha ritenuto di dover
diversamente valutare gli elementi di prova raccolti in giudizio e, in
particolare, le dichiarazioni dei lavoratori rese in sede di accesso ispettivo;
a tale riguardo, ha osservato come la convergenza di tutte le dichiarazioni, ex
se, desse riscontro della attendibilità delle dichiarazioni medesime;

4. in base a queste ultime, era, dunque, risultato
come i lavoratori avessero lavorato presso la sede della società C. srl,
ricevendo le disposizioni direttamente dal signor C. o dal figlio o dal
fratello ed avessero da costoro ottenuto i permessi;

5. era emerso, inoltre, che le ferie erano collegate
alla chiusura della società e che i lavoratori utilizzavano i macchinari della
C. srl che avevano imparato a manovrare grazie alla formazione assicurata da
quest’ultima;

6. per i Giudici di appello, la gestione e
l’organizzazione dei lavoratori era, dunque, concentrata in capo al titolare
della C. srl e i contratti di subfornitura in realtà simulavano
un’intermediazione di manodopera illecita, non avendo, peraltro, la cooperativa
i requisiti e soprattutto le autorizzazioni richieste dagli artt. 20 e ss del D. Lgs. nr. 276 del
2003;

7. la subfornitura (in concreto concordata), come
previsto dalla stessa legge nr. 192 del 98,
doveva comportare che la cooperativa si occupasse, direttamente e senza
ingerenza da parte della committente, della lavorazione di gabbie in ferro;
l’unico obbligo era di seguire i disegni forniti dalla committente.

Ciò che, invece, non si era verificato nella
fattispecie;

8. medesime valutazioni esprimeva la Corte di
appello con riferimento alla valenza probatoria delle dichiarazioni rese in
merito al rapporto di lavoro, formalmente autonomo, di altro lavoratore, per il
quale le emergenze probatorie dimostravano lo svolgimento della prestazione con
i caratteri della subordinazione;

9. ha proposto ricorso per cassazione C. Srl con sei
motivi, illustrati con successiva memoria;

10. ha resistito, con controricorso, l’INPS, anche
per la SCCI;

11. è rimasta intimata Equitalia Esatri S.p.A.

 

Considerato che

 

12. con il primo motivo – ai sensi dell’art. 360 nr. 4 cod.proc.civ.- è dedotta la nullità
della sentenza per violazione delle disposizioni sul litisconsorzio necessario
nei confronti di SCCI spa, in grado di appello;

13. parte ricorrente deduce che nei giudizi di
opposizione a cartella di pagamento, ex art. 24 del D. Lgs. nr. 46 del 1999,
la SCCI (società di cartolarizzazione dei crediti Inps) SpA è litisconsorte
necessario come previsto dall’art. 13 della legge nr. 488 del 1998;

14. nella fattispecie di causa, SCCI SpA non è stata
parte nel giudizio di appello e l’impugnazione non è stata notificata dall’Inps
alla suddetta cessionaria;

15. il motivo è inammissibile per difetto di
specificità;

16. come già osservato dalla Corte, per essere
affermata la qualità di litisconsorte necessario della società di
cartolarizzazione dei crediti I.N.P.S., in base al disposto della legge nr. 448
del 1998, art. 13, comma 8, è necessaria la prova dell’effettiva cessione, alla
predetta società, di tali crediti (v. in motivaz. Cass. nr. 31488 del 2018
sulla scia di Cass. nr. 26038 del 2009 che postula due condizioni perché operi
il litisconsorzio necessario). Nella fattispecie, in relazione all’indicato
profilo, parte ricorrente nulla deduce, con conseguente genericità della censura,
come prospettata;

17. con il secondo motivo – ai sensi dell’art. 360 nr. 3 cod.proc.civ. – è dedotta la
violazione o falsa applicazione dell’art. 1 della legge nr. 192 del 1998,
che individua i caratteri distintivi del contratto di subfornitura;

18. deduce la ricorrente che, nel periodo in
verifica (dal 2005 al 2009), C. S.r.l. stipulava con C. scrl successivi
contratti scritti di subfornitura aventi ad oggetto la «[…]realizzazione di
particolari gabbie in ferro per costruzioni su disegni esecutivi fornite dal
committente; conta accatastamento e legatura delle opere realizzate»; che, allo
scopo, C. S.r.l. concedeva a C. scrl l’uso di un apposito capannone, nel quale
i soci della cooperativa eseguivano le lavorazioni, in piena autonomia e
indipendenza di tempi e modalità organizzative;

19. per la società ricorrente, la Corte d’Appello di
Milano sarebbe incorsa nell’errore di assimilare, acriticamente, l’istituto
della subfornitura, di cui alla legge nr. 192 del
1998, al contratto di appalto, disciplinato invece dagli artt. 1655 e ss, cod. civ. e dall’art. 29 D.Lgs nr. 276 del 2003.
Per analoghe considerazioni, sarebbe erronea la decisione della Corte di
appello in relazione alla specifica posizione lavorativa del sig. S.L.,
lavoratore autonomo, dotato di partita IVA, che aveva stipulato anch’egli
contratti scritti di subfornitura aventi ad oggetto lavorazioni di «taglio e
piegatura tondini per cemento armato»;

20. con il terzo motivo -ai sensi dell’art. 360 nr. 3 cod.proc.civ. – è dedotta la
violazione degli artt. 116 e 246 cod. proc.civ. in punto di criteri di
valutazione delle prove; in particolare, per avere attribuito alle
dichiarazioni dei lavoratori rese in sede ispettiva un valore probatorio
assoluto;

21. i due motivi possono esaminarsi congiuntamente,
per stretta connessione, e sono inammissibili;

22. a ben vedere, le censure, sub specie di
violazione di legge, investono il percorso argomentativo del giudice di merito
senza, tuttavia, evidenziare errori riconducibili allo schema normativo di cui
al nr. 5 dell’art. 360 cod.proc.civ. ratione
temporis applicabile;

23. in particolare,parte ricorrente incorre
nell’equivoco di ritenere integrata la violazione dell’art. 116 cod.proc.civ. per avere la Corte di
merito attribuito credibilità alle dichiarazioni rese dai lavoratori in fase
ispettiva;

24. una questione di violazione della regola
processuale, invece, si sarebbe potuta porre se il giudice non avesse valutato
le dichiarazioni secondo il suo prudente apprezzamento e avesse attribuito alle
stesse il valore di prove legali, recependole senza apprezzamento critico (v.
in generale, in ordine alla violazione dell’art.
116 c.p.c, ex plurimis, Cass. nr. 27000 del 2016); situazione che non
ricorre nel caso di specie;

25. la Corte, con orientamento costante, afferma che
«l’esclusione di un’efficacia diretta fino a querela di falso del contenuto
intrinseco delle dichiarazioni rese agli ispettori dai lavoratori non implica
che le stesse siano prive di […] efficacia probatoria in difetto di una loro
conferma in giudizio» (v., in motiv., ex plurimis, Cass. n. 20019 del 2018);
esse, dunque, costituiscono, senz’altro, materiale probatorio utilizzabile;

26. nel caso di specie, la Corte di appello ha
ampiamente chiarito le ragioni per le quali le dichiarazioni, tutte
convergenti, rese in sede di accesso ispettivo, dovessero porsi a base del
decisum. In tal modo, i giudici hanno solo esercitato il potere, ad essi
riservato, di selezionare e individuare le fonti del libero convincimento,
senza incorrere in alcuno degli errori denunciati;

27. è principio, altresì, costante quello per cui
«spetta al giudice di merito, in via esclusiva, il compito di individuare le
fonti del proprio convincimento, assumere e valutare le prove, controllarne
l’attendibilità e la concludenza, scegliere, tra le complessive risultanze del
processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei
fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro
dei mezzi di prova acquisiti senza essere tenuto a discutere ogni singolo
elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi
implicitamente disattesi tutti i rilievi e le circostanze che, sebbene non
menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione
adottata» (ex multis, tra le più recente, v., in motiv., Cass. nr. 22935 del
2020);

28. con il quarto motivo -ai sensi dell’art. 360 nr. 5 cod.proc.civ.- è dedotto l’omesso
esame di un fatto storico (documento), la cui esistenza risulta dagli atti
processuali, che ha costituito oggetto di discussione tra le parti, con
carattere decisivo;

29. l’omissione è riferita al bilancio della
cooperativa e alla visura camerale della stessa, documenti che avrebbero
dimostrato il carattere genuino della impresa cooperativa;

30. anche il quarto motivo si arresta ad un rilievo
di inammissibilità: le censure non sono illustrate secondo gli enunciati di Cass. nr. 8053 e nr. 8054 del 2014 e successive
conformi; difetta l’indicazione del «fatto storico», non esaminato, che abbia
costituito oggetto di discussione e che abbia carattere decisivo (Cass., sez.un., nn. 8053 e 8054 del 2014; Cass.,
sez.un., nr. 19881 del 2014); in particolare, non ricorre la decisività del
fatto che, come nel caso di specie, va esclusa in una pluralità di omissioni,
nessuna delle quali ex se risolutiva, nel senso dell’idoneità a determinare il
segno della decisione;

31. con il quinto motivo – ai sensi dell’art. 360 nr. 3 cod.proc.civ. – è dedotta la
violazione e falsa applicazione dell’art. 27, comma 2, del D. Lgs. nr. 276
del 2003 e dell’art. 1180, comma 1, cod. civ.
in relazione all’incidenza satisfattiva dei pagamenti effettuati dal cosiddetto
datore di lavoro apparente nonché – ai sensi dell’art.
360 nr. 4 cod.proc.civ. – omessa pronuncia ex art.
112 cod.proc.civ. sulla domanda subordinata di riduzione delle somme
pretese dall’Inps in ragione dei versamenti già effettuati dalla cooperativa;

32. sono fondate le censure sotto il profilo
dell’omissione di pronuncia;

33. parte ricorrente ha riprodotto, nell’odierno
ricorso, la domanda subordinata con cui chiedeva, in primo grado, la riduzione
della pretesa dell’Inps in ragione dei versamenti effettuati dalla cooperativa
per i quattro soci lavoratori e dal signor S. in qualità di artigiano; la
medesima domanda era, peraltro, riproposta in appello;

34. alcuna statuizione risulta assunta dai giudici
di merito in relazione alla domanda di riduzione delle somme dovute in ragione
dei pagamenti, ritenuti satisfattivi, operati dalla cooperativa. Sussiste,
pertanto, il vizio denunciato;

35. l’accoglimento in parte qua del motivo determina
l’assorbimento delle ulteriori censure e, altresì, dell’ultimo motivo, con cui
-ai sensi dell’art. 360 nr. 3 cod.proc.civ -è
dedotta la violazione dell’art.
24 del D.Igs nr. 46 del 1999 in relazione all’omessa specificazione delle
modalità di determinazione del credito, in particolare con riferimento ai
versamenti comunque effettuati dalla cooperativa;

36. da quanto precede, consegue la cassazione
dell’impugnata sentenza, con rinvio alla Corte d’Appello di Milano che, in
diversa composizione, pronuncerà in merito alla domanda subordinata sopra
indicata; il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese del
giudizio di cassazione.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il quinto motivo, per quanto di ragione;

Dichiara inammissibili il primo, il secondo, il
terzo ed il quarto ed assorbito il sesto; cassa la sentenza impugnata, in
relazione al motivo accolto, e rinvia alla Corte di appello di Milano che, in
diversa composizione, deciderà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 26 ottobre 2022, n. 31637
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