Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 19 ottobre 2022, n. 39489

Sicurezza, Reato di omicidio colposo, Infortunio, Omessa
formazione e informazione sui rischi connessi alla lavorazione da eseguirsi,
Responsabilità

 

Ritenuto in fatto

 

1. La Corte d’appello di Napoli, in riforma della
sentenza del Tribunale di Nola, con la quale R.E. era stato condannato, nella
qualità di legale rappresentante di T.I. s.r.l. e datore di lavoro, oltre che
responsabile per la sicurezza del cantiere, per il reato di omicidio colposo ai
danni del lavoratore S.S., deceduto in Napoli il 11/5/2013, in conseguenza di
un infortunio avvenuto all’interno dello stabilimento A.A. di Nola il 4/3/2013,
ha escluso uno degli addebiti colposi e rideterminato la pena, previa concessione
delle attenuanti generiche.

Nella specie, la T.I. s.r.l. doveva procedere alla
realizzazione di nuove linee per la distribuzione esterna dell’acqua riscaldata
mediante la realizzazione di una dorsale metallica sopraelevata e previa posa
in opera dei moduli metallici che, assemblati, avrebbero dovuto sormontare una
pipe-rack pre-esistente, servendosi per il loro posizionamento di una gru, come
previsto nel POS aziendale. Tuttavia, la lavorazione era stata effettuata
mediante l’impiego di un muletto, macchinario inadatto allo scopo. Durante il
lavoro, il capo squadra S. non era riuscito a reggere la fiancata di uno dei
moduli del peso di circa 3,5 quintali, finendo per essere colpito dalla stessa
e riportando lesioni dalle quali era derivata, a distanza di circa due mesi, la
morte per le ragioni esposte in imputazione.

In primo grado, il R. era stato giudicato
responsabile di un addebito colposo commissivo (aver dato, cioè, l’ordine di
spostare la gru in una differente zona del cantiere all’interno della stessa
area di lavoro, privando i lavoratori coordinati dalla vittima dell’unico
strumento idoneo a quella operazione) e di omessa formazione e informazione del
S. circa i rischi connessi alla lavorazione da eseguirsi.

Il primo addebito è stato escluso dalla Corte del
gravame, non essendo emersa prova idonea di esso.

2. La difesa del R. ha proposto ricorso, formulando
due motivi, con i quali ha dedotto vizio della motivazione per avere la Corte
territoriale riconosciuto che il lavoratore deceduto aveva disatteso le
previsioni del POS in ordine alla idoneità della sola gru a eseguire la
lavorazione, nel corso della quale era avvenuto l’infortunio, tuttavia
addebitando al datore di lavoro di non avere formato il lavoratore, per non
averne scoraggiato l’utilizzo di un diverso mezzo, inadatto allo scopo; nonché
violazione di legge in ordine alla valutazione del comportamento esorbitante,
eccentrico e eccezionale del lavoratore, che la difesa ha ritenuto tale da
interrompere il nesso causale tra la condotta addebitata e l’evento.

Richiamata la necessità della previa individuazione
della regola cautelare che si assume violata e della posizione di garanzia di
colui che si assume l’abbia in tutto o in parte disattesa, il deducente ha
affermato che il fulcro del ragionamento della valutazione censurata poggerebbe
sulla circostanza che una corretta formazione del S. dovesse essere calibrata
sulla lavorazione assegnata al predetto e non circoscritta al funzionamento
della gru, strumento insostituibile per quel tipo di attività.

Il che si porrebbe, secondo la prospettiva
difensiva, in termini di insanabile contrasto con la circostanza che quella
lavorazione, per espressa previsione del POS, non avrebbe potuto essere
eseguita se non con la gru e non con un muletto, come avvenuto nella specie. I
giudici del gravame avrebbero, dunque, attribuito al datore di lavoro un
diverso profilo di colpa circoscritto proprio alla formazione in ordine alla
esclusività dell’impiego della gru per quella lavorazione e non al
funzionamento in generale dell’unico macchinario da impiegarsi. Tuttavia,
continua la difesa, non era stata l’omessa formazione sul corretto
funzionamento della gru a causare l’evento, ma l’uso di un diverso macchinario
(un muletto), il cui impiego era escluso dai documenti per la sicurezza.
Pertanto, l’evento accaduto non avrebbe rappresentato la concretizzazione del
rischio che la regola cautelare violata era intesa a scongiurare, il
comportamento del lavoratore e la sua scelta di proseguire la lavorazione con
il muletto avendo generato un rischio nuovo che il datore di lavoro non poteva
prevedere e neppure valutare secondo un giudizio ex ante, dovendo gli obblighi
di informazione e formazione riguardare solo la pericolosità del mezzo previsto
per quella lavorazione.

Da ciò la difesa fa discendere, quale inevitabile
conseguenza, che nessuna responsabilità poteva essere ascritta al R. rispetto a
un rischio diverso da quelli previsti nel POS ed estraneo alle procedure
lavorative in esecuzione e che, pertanto, vi sarebbe stata l’interruzione del
nesso causale tra la condotta addebitata e l’evento, all’esito del giudizio
contro fattuale, non essendo stato dimostrato, oltre ogni ragionevole dubbio e
con un giudizio di alta probabilità logica, che il S., anche ove avesse
ricevuto una formazione e un’informazione ripetitive di ciò che era già
contenuto nel POS, avrebbe operato una scelta osservante.

La condotta del R. era, dunque, inesigibile, poiché
imprevedibile era il rischio da gestire, generato da una scelta estemporanea
della vittima.

2. La difesa ha depositato anche motivi nuovi, con i
quali ha ripreso i temi della individuazione della posizione di garanzia e del
comportamento abnorme del lavoratore, insistendo per l’annullamento con o senza
rinvio della sentenza impugnata.

 

Considerato in diritto

 

1. Il ricorso va rigettato.

2. Il tema devoluto inerisce, da un lato, alla
esatta delimitazione e sussistenza della condotta colposa omissiva ritenuta in
capo al R., all’esito del gravame, quella cioè della omessa formazione e
informazione del lavoratore da parte del soggetto che ne aveva l’obbligo in
relazione alla posizione datoriale ricoperta; dall’altro, al giudizio contro
fattuale e alla efficacia interruttiva del comportamento scorretto accertato in
capo al lavoratore deceduto.

3. La Corte territoriale ha ritenuto provata la
responsabilità del R., essendo emersa dalle evidenze la mancanza di una
formazione del S. e irrilevante l’esperienza del lavoratore maturata sul campo:
in particolare, era emerso che il S. era un caposquadra e un preposto di fatto,
non essendo mai stato formato per tali attività; il suo bagaglio professionale
vantava anche una SOA che ne certificava la partecipazione a lavori pubblici e,
tuttavia, i giudici territoriali hanno ritenuto che tale condizione non esentasse
il datore dagli obblighi di cui all’art. 37 d. Igs. n. 81/2008,
recante la diversa disciplina della formazione del lavoratore sotto il profilo
specifico della sicurezza, laddove la SOA si riferisce alla capacità operativa
del soggetto, alla sua idoneità cioè a operare correttamente.

Proprio tale gap formativo è stato correlato alla
scelta infausta operata il giorno dell’infortunio dalla stessa vittima (non
essendo stato provato che l’ordine di spostare la gru in altro sito e di
procedere con il muletto per quella lavorazione fosse stato impartito dal
datore di lavoro o che costui lo avesse in alcun modo saputo e avallato).

Sul punto, quei giudici hanno disatteso la tesi
difensiva (invero riproposta in ricorso) per la quale l’evento concretizzatosi
sarebbe stato diverso rispetto a quello che le norme violate erano intese a
scongiurare, poiché una formazione incentrata sul corretto uso della gru, unico
strumento previsto dal POS per quella lavorazione, non avrebbe scongiurato
l’evento determinato dall’uso di un macchinario diverso. Infatti hanno
affermato che il perimetro della formazione andava ricercato nella norma di cui
all’art. 37 cit., nella
stessa rientrando anche la definizione e la individuazione dei fattori di
rischio e la valutazione dei rischi. La ampiezza della formulazione, dunque, ha
permesso ai giudici del gravame di concludere nel senso che il S., nella
qualità di preposto, soggetto al quale è anche destinata l’attività contemplata
nella norma citata, avrebbe dovuto ricevere una formazione non limitata
all’impiego della gru, ma indirizzata anche alla conoscenza dei fattori di
rischio connessi alla lavorazione assegnatagli e, quindi, estesa anche alle
ragioni per le quali la gru era il macchinario da utilizzarsi, come tale
insostituibile per la sua esecuzione.

Tale difetto non poteva ritenersi compensato dalla
professionalità acquisita negli anni dal lavoratore, il cui agire, nell’occorso
certamente colpevole, non poteva ritenersi imprevedibile per il datore di
lavoro, stante il difetto di informazioni in capo al lavoratore, tenuto anche
conto della esistenza di una sola gru in quel cantiere e della pluralità delle
lavorazioni che ne presupponevano l’impiego. Il S. aveva agito nell’ambito
delle funzioni assegnategli e del segmento di lavorazione attribuitogli, in
assenza di adeguata e specifica formazione che avrebbe potuto scoraggiare
l’impiego di un mezzo non idoneo per la lavorazione, in un cantiere nel quale,
nonostante le possibili interferenze tra le lavorazioni in corso, non esisteva
neppure una figura di controllo e organizzativa, unica figura apicale essendo
stato il datore di lavoro.

4. I motivi sono infondati e possono essere trattati
congiuntamente atteso che la difesa, nel formularli, muove da un assunto errato
che inerisce al contenuto della regola cautelare violata.

Per quanto qui d’interesse, deve richiamarsi l’art. 36 del d. Igs. n. 81/2008,
nella parte in cui prevede che « 1. Il datore di lavoro provvede affinché
ciascun lavoratore riceva una adeguata informazione: a) sui rischi per la
salute e sicurezza sul lavoro connessi alla attività della impresa in generale
… 2. … provvede altresì affinché ciascun lavoratore riceva una adeguata
informazione: a) sui rischi specifici cui è esposto in relazione all’attività
svolta, le normative di sicurezza e le disposizioni aziendali in materia; ….
c) sulle misure e le attività di protezione e prevenzione adottate …

4. Il contenuto della informazione deve essere
facilmente comprensibile per i lavoratori e deve consentire loro di acquisire
le relative conoscenze».

Il successivo art. 37, poi, prevede che «1. Il
datore di lavoro assicura che ciascun lavoratore riceva una formazione
sufficiente ed adeguata in materia di salute e sicurezza, anche rispetto alle
conoscenze linguistiche, con particolare riferimento a: a) concetti di rischio,
danno, prevenzione, protezione, organizzazione della prevenzione aziendale,
diritti e doveri dei vari soggetti aziendali, organi di vigilanza, controllo,
assistenza; b) rischi riferiti alle mansioni e ai possibili danni e alle
conseguenti misure e procedure di prevenzione e protezione caratteristici del
settore o comparto di appartenenza dell’azienda. … … La formazione dei
lavoratori e dei loro rappresentanti deve essere periodicamente ripetuta in
relazione all’evoluzione dei rischi o all’insorgenza di nuovi rischi ».

La Corte d’appello ha ben evidenziato che, nel caso
all’esame, il gap formativo aveva riguardato l’esistenza dei rischi connessi
alla lavorazione assegnata, in relazione alla necessità che la stessa fosse
eseguita soltanto con l’impiego di un determinato macchinario, il che rientra
nella lettera della norma richiamata, attenendo tale attività formativa proprio
al concetto di rischio che il legislatore ha introdotto nell’apertura della
previsione in commento. Pertanto, già a una interpretazione letterale della
norma, l’osservazione difensiva svela la sua infondatezza, laddove il deducente
afferma che l’attività formativa – certamente difettata – avrebbe potuto al più
riguardare l’uso della gru, ma non anche del muletto e, quindi, sarebbe stata
del tutto irrilevante ai fini di scongiurare l’evento verificatosi. Tale
affermazione, infatti, non tiene conto del ragionamento dei giudici
territoriali, per i quali l’obbligo formativo ha riguardato, nello specifico,
le modalità di esecuzione della lavorazione e, quindi, la stessa
insostituibilità della gru e non il corretto utilizzo del muletto, non
contemplato dal POS.

4. Operata tale premessa in punto ricostruzione del
ragionamento esplicativo seguito dai giudici del gravame, si osserva come,
nella sentenza impugnata, si sia fatta corretta applicazione dei principi di
diritto ormai consolidati che la giurisprudenza di legittimità ha formulato sul
tema specifico.

Già da tempo, si è infatti chiarito che il datore di
lavoro risponde dell’infortunio occorso al lavoratore, in caso di violazione
degli obblighi, di portata generale, relativi alla valutazione dei rischi
presenti nei luoghi di lavoro nei quali siano chiamati ad operare i dipendenti,
e della formazione dei lavoratori in ordine ai rischi connessi alle mansioni,
anche in correlazione al luogo in cui devono essere svolte (sez. 4, n. 45808 del 27 giugno 2017, C., Rv. 271079),
atteso che è proprio attraverso l’adempimento di tale obbligo che il datore di
lavoro rende edotti i lavoratori dei rischi specifici cui sono esposti (sez. 4,
n. 11112 del 29 novembre 2011, B., Rv. 252729).

Pertanto, ove egli non adempia a tale fondamentale
obbligo, sarà chiamato a rispondere dell’infortunio occorso al lavoratore, nel
caso in cui l’omessa formazione possa dirsi causalmente legata alla
verificazione dell’evento (in motivazione, sez. 4, n. 8163 del 13/2/2020, L.,
Rv. 278603).

Né coglie nel segno la difesa allorquando agita,
anche in sede di ricorso, l’argomento che fa leva sul profilo professionale e
sull’esperienza della vittima, maturata sul campo. Ancora una volta, la
risposta della Corte di merito è coerente con i condivisibili principi più
volte affermati da questa Corte di legittimità: in tema di tutela della salute
e della sicurezza dei lavoratori, l’attività di formazione del lavoratore, alla
quale è tenuto il datore di lavoro, non è esclusa dal personale bagaglio di
conoscenza del lavoratore, formatosi per effetto di una lunga esperienza
operativa, o per il travaso di conoscenza che comunemente si realizza nella
collaborazione tra lavoratori, anche posti in relazione gerarchica tra di loro.
L’apprendimento insorgente dal fatto del lavoratore medesimo e la
socializzazione delle esperienze e della prassi di lavoro non si identificano e
tanto meno valgono a surrogare le attività di informazione e di formazione
prevista dalla legge (sez. 4, n. 21242 del
12/2/2014, N., Rv. 259219; n. 49593 del 14/6/2018, T., Rv. 274042, proprio
in fattispecie analoga a quella all’esame, in cui la S.C. ha riconosciuto la
responsabilità del datore di lavoro per la morte di tre operai in un cantiere
autostradale, precipitati nel vuoto da un’altezza di circa 40 metri a seguito
dello sganciamento della pedana sulla quale si trovavano, causato dall’errato
montaggio del sistema di ancoraggio, effettuato utilizzando, per il serraggio
del cono, una vite di dimensioni inferiori, sia per lunghezza sia per diametro,
a quelle prescritte, rilevando che, proprio perché tale errore era frutto delle
riscontrate suddette omissioni, esso non era idoneo ad escludere il nesso
causale tra esse e l’evento; n. 22147 del
11/2/2016, M., Rv. 266860).

5. Sotto altro, diverso profilo, poi, non è
condivisibile l’obiezione difensiva correlata alla asserita imprevedibilità per
il gestore del rischio di quello introdotto dalla condotta imprudente del
lavoratore, ritenuto dalla difesa del tutto eccentrico rispetto a quello
oggetto della regola cautelare violata: ancora una volta, la sentenza impugnata
ha fatto corretta applicazione dei principi più volte affermati dal giudice di
legittimità, a mente dei quali il datore di lavoro che non adempie agli
obblighi di informazione e formazione gravanti su di lui e sui suoi delegati risponde,
a titolo di colpa specifica, dell’infortunio dipeso dalla negligenza del
lavoratore il quale, nell’espletamento delle proprie mansioni, pone in essere
condotte imprudenti, trattandosi di conseguenza diretta e prevedibile della
inadempienza degli obblighi formativi (sez. 4, n.
39765 del 19/5/2015, V., Rv. 265178; n. 8163 del 13/2/2020, L., Rv. 278603,
opportunamente richiamata nella stessa sentenza censurata).

Peraltro, in tale ultimo arresto, il giudice di
legittimità ha utilmente richiamato l’attenzione sui concetti di
“formazione”, “informazione” e “addestramento”
sul significato ad essi rispettivamente assegnato dall’art. 2 del d.lgs. 81/08 (la
«formazione» essendo un processo educativo attraverso il quale trasferire ai
lavoratori e agli altri soggetti del sistema di prevenzione e protezione
aziendale conoscenze e procedure utili alla acquisizione di competenze per lo
svolgimento in sicurezza dei rispettivi compiti in azienda e alla
identificazione, alla riduzione e alla gestione dei rischi; la «informazione»,
il complesso delle attività dirette a fornire conoscenze utili alla
identificazione, alla riduzione e alla gestione dei rischi in ambiente di
lavoro; l’«addestramento», invece, il complesso delle attività dirette a fare
apprendere ai lavoratori l’uso corretto di attrezzature, macchine, impianti,
sostanze, dispositivi, anche di protezione individuale, e le procedure di
lavoro).

6. Infine, anche la risposta dei giudici
territoriali alle censure specificamente riguardanti la verifica contro
fattuale e l’incidenza interruttiva della condotta colposa del lavoratore sul
nesso etiologico è coerente con il diritto vivente.

6.1. Quanto al primo profilo, in tema di causalità
omissiva, nel reato colposo omissivo improprio, si è ormai definitivamente
chiarito che il rapporto di causalità tra omissione ed evento non può ritenersi
sussistente sulla base del solo coefficiente di probabilità statistica, ma deve
essere verificato alla stregua di un giudizio di alta probabilità logica,
sicché esso è configurabile solo se si accerti che, ipotizzandosi come avvenuta
l’azione che sarebbe stata doverosa ed esclusa l’interferenza di decorsi
causali alternativi, l’evento, con elevato grado di credibilità razionale, non
avrebbe avuto luogo ovvero avrebbe avuto luogo in epoca significativamente
posteriore o con minore intensità lesiva (ex multis, Sez. U, n. 30328 del 10
luglio 2002, F., Rv. 222138; Sez. U, n. 38343 del 24/4/2014, E., Rv. 261103;
sez. 4, n. 22378 del 19/3/2015, V., Rv.
263494; n. 28571 del 1/6/2016, D.A., Rv. 266945; n. 33749 del 4/5/2017, G., Rv.
271052).

Nella specie, i giudici territoriali hanno condotto
tale verifica con riferimento a un dato di partenza corretto che non è quello,
erroneamente prospettato dalla difesa, della mancata istruzione del lavoratore
circa l’utilizzo del diverso macchinario (il muletto, per l’appunto), ma quello
della mancata formazione e informazione del predetto circa i rischi della
lavorazione assegnatagli, per la quale era essenziale l’impiego della sola gru,
cosicché il gap di informazioni e conoscenze si è posto in stretta correlazione
con la condotta imprudente e inosservante tenuta dal lavoratore.

6.2. Infine, proprio con riferimento alla condotta
della vittima, vanno sì confermati i principi cui ormai da tempo si attiene
questo giudice di legittimità nel valutare gli obblighi di protezione che
gravano sugli stessi lavoratori: in materia di prevenzione antinfortunistica,
infatti, si è certamente passati da un modello “iperprotettivo”,
interamente incentrato sulla figura del datore di lavoro investito di un
obbligo di vigilanza assoluta sui lavoratori (non soltanto fornendo i
dispositivi di sicurezza idonei, ma anche controllando che di questi i
lavoratori facciano un corretto uso, imponendosi contro la loro volontà), a un
modello “collaborativo”, in cui gli obblighi sono ripartiti tra più
soggetti, compresi i lavoratori, in tal senso valorizzando il testo normativo
di riferimento (cfr. art. 20
d.lgs. n. 81/2008), il quale impone anche ai lavoratori di attenersi alle
specifiche disposizioni cautelari e agire con diligenza, prudenza e perizia
(sul punto, sez. 4 n. 8883 del 10/2/2016, S.,
Rv. 266073). In altri termini, si è passati, a seguito dell’introduzione del d.lgs 626/94 e, poi, del T.U. 81/2008, dal principio “dell’ontologica
irrilevanza della condotta colposa del lavoratore” al concetto di
“area di rischio” (sez. 4, n. 21587 del 23.3.2007, P., Rv. 236721)
che il datore di lavoro è chiamato a valutare in via preventiva.

Tuttavia, e ciò va fermamente ribadito anche in
questa sede, è sempre valido il principio secondo cui non Può esservi alcun
esonero di responsabilità all’interno dell’area di rischio, nella quale si
colloca l’obbligo datoriale di assicurare condizioni di sicurezza appropriate
anche in rapporto a possibili comportamenti trascurati del lavoratore (sez. 4
n. 21587 del 2007, P., cit.). All’interno dell’area di rischio considerata,
quindi, deve ribadirsi il principio per il quale la condotta del lavoratore può
ritenersi abnorme e idonea ad escludere il nesso di causalità tra la condotta
del datore di lavoro e l’evento lesivo ove sia tale da attivarne uno eccentrico
o esorbitante dalla sfera governata dal soggetto titolare della posizione di
garanzia (sez. 4 n. 15124 del 13/12/2016, dep. 2017, G., Rv. 269603; n. 5007
del 28/11/2018, dep. 2019, M., Rv. 275017); oppure ove sia stata posta in
essere del tutto autonomamente e in un ambito estraneo alle mansioni
affidategli e, come tale, al di fuori di ogni prevedibilità da parte del datore
di lavoro, oppure vi rientri, ma si sia tradotta in qualcosa che, radicalmente
quanto ontologicamente, sia lontano dalle ipotizzabili e, quindi, prevedibili,
imprudenti scelte del lavoratore nella esecuzione del lavoro (sez. 4 n. 7188
del 10/1/2018, B., Rv. 272222).

Nella specie, la Corte di merito ha correttamente
evidenziato che la condotta del lavoratore non era imprevedibile proprio in
relazione alla mancata formazione e informazione del predetto sui rischi
specifici connessi all’impiego di un macchinario diverso da quello contemplato
nel POS. A tal proposito, va poi rilevata la fallacia dell’argomento difensivo
che ritiene ridondante un passaggio di conoscenze sulla necessità dell’utilizzo
di un solo macchinario (la gru), dal momento che nel POS era contemplato solo
quello. L’argomento, oltre a essere del tutto apodittico, prescinde dal
contenuto dell’obbligo di formazione e informazione, come sopra già richiamato,
per il quale la sola indicazione dell’obbligo di impiego di uno specifico
macchinario non contiene in sé tutti i dati conoscitivi utili al destinatario
della informazione per valutare le conseguenze dell’impiego di un diverso
macchinario, in ipotesi di indisponibilità di quello indicato nel documento
operativo sulla sicurezza.

Pertanto, nessun rischio eccentrico può dirsi
imprevedibilmente introdotto dal S. nel caso di specie, la sua condotta
ponendosi quale diretta e prevedibile conseguenza della mancanza conoscitiva
sui rischi connessi alla lavorazione, nel corso della quale è avvenuto
l’infortunio.

7. Al rigetto segue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese del processuali.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 19 ottobre 2022, n. 39489
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