Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 28 ottobre 2022, n. 31920
Lavoro, Elettricista di squadra, Omissioni datoriali nella
predisposizione delle misure di sicurezza, Danno alla salute, Onere della
prova
Rilevato che
1. Il Tribunale di Sulmona, con la pronuncia n. 82
del 2018, accoglieva la domanda proposta da A.N. (che aveva già ottenuto il
riconoscimento dell’origine professionale in ambito INAIL della malattia
professionale con un danno biologico del 10%) nei confronti dell’ENEL
Distribuzione spa, di cui era stato dipendente da 1.7.1969 (rectius 1.2.1969)
al 30.9.2000, volta all’accertamento e alla declaratoria di responsabilità
contrattuale e/o extracontrattuale della società nella causazione dei danni
biologici, morali, patrimoniali e non, ed esistenziali a lui causati
dall’essere stato addetto, quale “elettricista di nucleo di Distribuzione
e operatore mezzi speciali” in Squadre Lavoro, all’esecuzione di mansioni
usuranti, comportanti il defrascamento e taglio alberi, scavi per i sostegni,
getti per fondamenta, verticalizzazioni sostegni (palificazioni), armamento
sostegni (lavori in altezza) stesura e tesatura conduttori (lavori in altezza),
scavi per trincee (per elettrodotti sotterranei), installazione/sostituzione di
nuovi trasformatori (lavori in altezza ed in cabina) ispezioni linee aeree,
senza che parte datoriale fornisse idonea tutela per i suddetti rischi,
operasse una loro corretta valutazione e impartisse la formazione specifica a
prevenirli.
2. Il giudice di primo grado condannava l’ENEL
Distribuzione spa al pagamento, a titolo di risarcimento del danno
differenziale, della somma di euro 70.178,15 oltre accessori.
3. Sul gravame della società la Corte di appello di
L’Aquila, alla luce delle risultanze istruttorie, con la sentenza n. 799 del
2019, in riforma della pronuncia di primo grado rigettava, invece, la domanda
del N..
4. A fondamento della decisione i giudici di seconde
cure, in sintesi, evidenziavano che: a) il lavoratore non aveva fornito, alla
luce della documentazione in atti e delle risultanze istruttorie, prova
sufficiente, il cui onere era su di lui ricadente, della sussistenza dei
specifiche omissioni datoriali nella predisposizione di quelle misure di
scurezza, suggerite dalla particolarità del lavoro, dall’esperienza e dalla
tecnica, necessarie ad evitare il danno; b) sia che la questione fosse
inquadrata in termini di responsabilità contrattuale ex art. 2087 cc sia che si
facesse riferimento alla responsabilità per fatto illecito ex art. 2043 cc, era
evidente che in atti non vi era prova sufficiente della sussistenza del
necessario rapporto di causalità tra l’attività lavorativa espletata e la
malattia denunciata; c) si trattava di una patologia (riduzione del tenore
calcico, spondilosi di media entità prevalentemente nei metameri distali, netta
riduzione di ampiezza in sede posteriore dello spazio articolare L5-S1 con
problemi al rachide) che si era verificata in epoche, antecedenti l’emanazione
del D.Igs. n. 626/1994, del D.Igs. n. 81/08 e del D.Igs. n. 106/09, ove non
risultava che l’ENEL avesse violato le norme di prevenzione e di sicurezza.
5. Avverso la decisione di secondo grado proponeva
ricorso per cassazione A.N. affidato a due motivi, cui ha resistito con
controricorso l’e-distribuzione spa.
6. Le parti hanno depositato memorie.
Considerato che
1. I motivi possono essere così sintetizzati.
2. Con il primo motivo il ricorrente denunzia la
violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto (art. 360 n. 3 cpc) in
relazione agli artt. 40 e 41 cpc, artt. 1218, 2043, 2087, 2697, 2729 e 2909 cc;
99, 101, 112, 115, 116, 191 ss, 324, 342 cpc; artt. 4, 16, 47, 48 e 49, all. VI
D.Igs. n. 626 del 1994; artt. 4, 24 e 33 DPR 19.3.1956 e voce 48 della tabella
allegata, n. 303; art. 37 e 39 CCNL Elettrici del 1973. Si sostiene che
erroneamente la gravata sentenza aveva addossato al lavoratore l’onere di
provare l’omissione da parte del datore di predisporre le misure di sicurezza
(suggerite dalla particolarità del lavoro, dall’esperienza e dalla tecnica)
necessarie ad evitare il danno a fronte della prova fornita dal lavoratore
sulla esistenza delle patologie, sulla nocività dell’ambiente di lavoro e sul
loro rapporto causale, ed anche ad abundantiam, delle specifiche norme violate
dal datore di lavoro.
3. Con il secondo motivo si censura la motivazione
apparente della gravata pronuncia, sotto un primo profilo perché non era dato
comprendere le ragioni e l’iter logico seguito per pervenire alla decisione
assunta, creando un vero e proprio iato, non essendo stato chiarito su quali
prove fosse fondato il convincimento e sulla base di quali argomentazioni si
fosse pervenuto alle determinazioni adottate, distanziandosi così dalla regola
di giudizio iuxta alligata et probata; sotto un secondo profilo, si obietta
l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, essendo stata omessa la
valutazione dei rischi connessi alla filiera lavorativa in esame, la cui esatta
identificazione risultava necessaria per valutare l’adeguatezza delle misure di
prevenzione e sicurezza (adottate e non).
4. Per motivi di pregiudizialità logico-giuridica
deve essere esaminato preliminarmente il secondo motivo.
5. Esso è infondato nella parte in cui denunzia
apparenza di motivazione; inammissibile nel resto delle censure.
6. E’ noto che la motivazione apparente – che la
giurisprudenza parifica, quanto alle conseguenze giuridiche, alla motivazione
in tutto o in parte mancante – sussiste allorquando pur non mancando un testo
della motivazione in senso materiale, lo stesso non contenga una effettiva
esposizione delle ragioni alla base della decisione, nel senso che le
argomentazioni sviluppate non consentono di ricostruire il percorso logico –
giuridico alla base del decisum e di percepire, quindi, il fondamento della
decisione perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far
conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio
convincimento (Cass. Sez. Un. n. 22232 del 2016), oppure perché il giudice
omette di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero
li indica senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica (Cass. n. 9105
del 2017) oppure, ancora, quanto rechi argomentazioni svolte in modo talmente
contraddittorio da non consentire la individuazione delle ragioni
giustificative del decisum (Cass. n. 20112 del 2009).
7. Tali caratteristiche non si rinvengono in
relazione alle argomentazioni che sorreggono la sentenza impugnata:
argomentazioni che, viceversa, rendono del tutto percepibili le ragioni alla
base della decisione, rappresentate, in definitiva, dal fatto che <<alla
luce della documentazione in atti e degli esiti della prova orale» il
lavoratore non aveva fornito sufficiente prova, della quale era onerato, della
sussistenza di specifiche omissioni datoriali nella predisposizione di quelle
misure di sicurezza, suggerite dalla particolarità del lavoro, dall’esperienza
e dalla tecnica necessarie ad evitare il danno oggetto della pretesa
risarcitoria azionata; l’avere disatteso gli esiti della consulenza tecnica di
ufficio.
8. Le ulteriori deduzioni che, in via gradata,
prospettano violazione di norme di diritto sono inammissibili in quanto non
articolate, come prescritto, mediante la specifica indicazione delle
affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata che motivatamente si
assumano in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie o con
l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità
(Cass. n. 287 del 2016; Cass. n. 635 del 2015; Cass. n. 25419 del 2014; Cass.
n. 16038 del 2013; Cass. n. 3010 del 2012). Esse, in realtà, tendono ad una
rivalutazione delle risultanze istruttorie non consentita in sede di
legittimità.
9. Il primo motivo di ricorso è, invece, fondato.
10. La Corte di appello ha accertato che il
ricorrente aveva lavorato alle dipendenze di Enel Distribuzione s.p.a. nel
periodo dall’1.7.1969 (rectius 1.7.1969) al 30.9.2000 svolgendo mansioni di
elettricista di squadra.
11. Richiamati i principi in tema di ripartizione
degli oneri di allegazione e prova in relazione alla prospettata responsabilità
datoriale – sia extracontrattuale che contrattuale – ha ritenuto che fosse
onere del lavoratore dimostrare la sussistenza di specifiche omissioni
datoriali nella predisposizione delle misure di sicurezza suggerite dalla
particolarità del lavoro, dall’esperienza e dalla tecnica necessaria ad evitare
il danno. Solo ove tale prova fosse stata offerta sorgeva per il datore di
lavoro l’onere di dimostrare di avere adottato le cautele necessarie ad
impedire il verificarsi del pregiudizio subito; tale onere non era stato in
concreto assolto.
12. Il richiamato passaggio argomentativo in punto
dei criteri di ripartizione della prova è frutto di un errore di diritto del
giudice di appello in quanto prescinde dai principi, pur correttamente evocati
in sentenza, in tema di distribuzione dell’onere della prova, finendo con il
porre a carico del lavoratore la dimostrazione della violazione da parte del
datore di lavoro di specifiche misure antinfortunistiche – anche innominate-
laddove il lavoratore era tenuto solo a dimostrare il nesso di causalità tra le
mansioni espletate e la nocività dell’ambiente di lavoro restando a carico del
datore di lavoro la prova di avere adottato tutte le misure (anche quelle cd.
innominate) esigibili in concreto.
13. Secondo la condivisibile e consolidata
giurisprudenza di questa Corte infatti l’art. 2087 cod. civ. non configura
un’ipotesi di responsabilità oggettiva, in quanto la responsabilità del datore
di lavoro – di natura contrattuale – va collegata alla violazione degli obblighi
di comportamento imposti da norme di legge o suggeriti dalle conoscenze
sperimentali o tecniche del momento; ne consegue che incombe al lavoratore che
lamenti di avere subito, a causa dell’attività lavorativa svolta, un danno alla
salute, l’onere di provare, oltre all’esistenza di tale danno, la nocività
dell’ambiente di lavoro, nonché il nesso tra l’una e l’altra, e solo se il
lavoratore abbia fornito tale prova sussiste per il datore di lavoro l’onere di
provare di avere adottato tutte le cautele necessarie ad impedire il
verificarsi del danno (ex plurimis: Cass. n. 15112 del 2020, Cass. n. 26495 del
2018, Cass. n. 12808 del 2018, Cass. n. 14865/2017, Cass. n. 2038 del 2013,
Cass. 12467 del 2003).
14. Dalle considerazioni che precedono consegue, in
accoglimento del primo motivo di ricorso, la cassazione in parte qua della
sentenza impugnata con rinvio al giudice di seconde cure per il riesame del
materiale istruttorio e degli esiti della prova, orale e documentale, alla luce
del criterio di ripartizione degli oneri probatori sopra richiamato.
15. Al giudice del rinvio è demandato, altresì, il
regolamento delle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo, rigettato il secondo;
cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte
di appello di L’Aquila in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche
sulle spese del presente giudizio di legittimità.