Fra i vari requisiti per la legittimità del licenziamento per giustificato motivo oggettivo occorre verificare l’insussistenza in azienda di posizioni lavorative che corrispondano alle mansioni di fatto assegnate al lavoratore e da lui svolte.
Nota a Cass. (ord.) 20 ottobre 2022, n. 30950
Flavia Durval
Ai fini del licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo, l’art. 3 della L. n. 604 del 1966 richiede:
a) la soppressione del settore lavorativo o del reparto o del posto cui era assegnato il lavoratore, senza la necessità di una soppressione di tutte le mansioni in precedenza attribuite allo stesso;
b) la riferibilità della suddetta soppressione a progetti o scelte datoriali purché “effettivi e non simulati – diretti ad incidere sulla struttura e sull’organizzazione dell’impresa, ovvero sui suoi processi produttivi, compresi quelli finalizzati ad una migliore efficienza ovvero ad incremento di redditività”;
c) l’impossibilità di reimpiego del lavoratore in mansioni diverse. Tale elemento (inespresso a livello normativo) si fonda sia sulla tutela costituzionale del lavoro, sia “nel carattere necessariamente effettivo e non pretestuoso della scelta datoriale, che non può essere condizionata da finalità espulsive legate alla persona del lavoratore”.
Così si esprime la Corte di Cassazione (ord.) 20 ottobre 2022, n. 30950, la quale ha cassato la sentenza di merito, App. Cagliari sez. Sassari, in relazione all’ errato accertamento, da parte della Corte territoriale, sull’insussistenza in azienda di posizioni lavorative che corrispondessero alle mansioni di fatto assegnate al lavoratore e da lui svolte.
La Cassazione ribadisce altresì che: 1) l’onere probatorio in ordine alla sussistenza dei presupposti di legittimità del licenziamento sopra elencati è a carico del datore di lavoro, che può assolverlo anche mediante ricorso a presunzioni; 2) è escluso che sul lavoratore incomba un onere di allegazione dei posti assegnabili (v. Cass. n. 32387/2019 e Cass. n. 24882/2017, annotata in q. sito da A. LARDARO).