Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 20 ottobre 2022, n. 30933
Lavoro, Indennità di trasferta, Omesso versamento
contributivo, Cartella esattoriale, Prescrizione dei crediti
Rilevato che
1. Con la sentenza del 6.8.2012 la Corte di appello
di Venezia aveva confermato la pronuncia di primo grado che aveva accolto
l’opposizione proposta dalla srl P. avverso la cartella esattoriale con la
quale era stato richiesto il pagamento di euro 55.164,47 a titolo di omesso
versamento contributivo relativo agli importi in misura fissa corrisposti a
dipendenti, collaboratori e amministrativi, a titolo di indennità di trasferta
effettuata con mezzi propri, per avere il datore di lavoro pagato la
contribuzione in misura del 50% mentre secondo la prospettazione dell’INPS
l’emolumento era da considerarsi interamente retributivo.
2. Con l’ordinanza n. 16033/2018 la Corte di
Cessazione, in accoglimento dell’impugnazione dell’INPS, ha cassato la suddetta
sentenza e ha rinviato alla Corte distrettuale richiamando il principio secondo
cui, là dove si versava in situazione di eccezione in senso riduttivo
dell’obbligo contributivo, gravava sul soggetto che intende beneficiare l’onere
di provare il possesso dei requisiti che, per legge, danno diritto all’esonero,
con la conseguenza che, nel caso in esame, spettava al datore di lavoro provare
l’ammontare delle somme sottratte all’applicazione della regola generale in
ipotesi di rimborsi o indennità per trasferte, dimostrando le trasferte
effettuate e l’ammontare dei rimborsi e delle indennità erogate per ciascun
giorno.
3. Riassunto il giudizio, la Corte di appello di
Venezia, con la sentenza n. 21 del 2021, in parziale accoglimento delle domande
proposte da P. srl, ha accertato e dichiarato la prescrizione dei crediti
esposti nella cartella impugnata limitatamente al periodo anteriore al 3 luglio
2001, mentre ha rigettato nel resto le domande proposte dalla società ritenendo
che, dalle prove raccolte, non risultava provato il numero delle trasferte
effettivamente svolte dai lavoratori della P. srl.
4. Avverso tale decisione la società ha proposto
ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui ha resistito l’INPS. L’ADER
non ha svolto attività difensiva.
5. La proposta del relatore è stata comunicata alle
parti, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza, ai sensi dell’art. 380 bis cpc.
6. Parte ricorrente ha depositato memoria.
Considerato che
1. I motivi possono essere così sintetizzati.
2. Con il primo motivo la ricorrente denuncia la
violazione e falsa applicazione delle norme di diritto sui principi circa la
disponibilità delle prove e sulla loro assunzione e valutazione in relazione
agli artt. 113, 115,
116 cpc, 2697 cc,
ai sensi dell’art. 360 n. 3 e n. 5 cpc, per
avere erroneamente ritenuto la Corte territoriale inattendibili i due testi
introdotti da essa società e, quindi, il difetto di prova in ordine
all’effettivo numero di trasferte svolte dai dipendenti.
3. Con il secondo motivo si censura la violazione e
falsa applicazione di norme di diritto sulla disponibilità delle prove e sulla
loro rilevanza, in relazione agli artt. 113, 115 e 116 cpc, in
relazione all’art. 360 n. 3 e n. 5 cpc, per
essere stato ridotto, dai giudici del merito, il numero dei testi da escutere,
chiesto dalla società e per avere, poi, ritenuto non raggiunta la prova senza,
però, consentire una integrazione istruttoria con gli altri testimoni di cui
era stata chiesta l’audizione.
4. I due motivi, che per la loro connessione
logico-giuridica possono essere scrutinati congiuntamente, presentano profili
di inammissibilità e di infondatezza.
5. Invero, le censure non si sostanziano in
violazioni o falsa applicazione delle disposizioni denunciate, ma tendono alla
sollecitazione dì una rivisitazione del merito della vicenda (Cass. n.
27197/2011; Cass. n. 6288/2011, Cass. n. 16038/2013), non consentita in sede di
legittimità; inoltre, il vizio di motivazione può essere ormai censurato in
Cassazione ai sensi dell’art. 360 n. 4 in
relazione all’art. 132, comma 2, n. 4 cpc solo
nel caso in cui la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente o
manifestamente contraddittoria ed incomprensibile (Cass. S. U. n. 22232/2016;
Cass. n. 23940/2017; Cass. n. 22598/2018): ipotesi, tutte, non ravvisabili nel
ragionamento logico-giuridico della impugnata pronuncia.
6. Deve, poi, ribadirsi che la violazione del
precetto di cui all’art. 2697 cod. civ.
siconfigura soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere
della prova ad una parte diversa da quella che ne è gravata secondo le regole
dettate da quella norma, non anche quando, a seguito di una incongrua
valutazione delle acquisizioni istruttorie, il giudice abbia errato nel
ritenere che la parte onerata non avesse assolto tale onere, poiché in questo
caso vi è soltanto un erroneo apprezzamento sull’esito della prova, sindacabile
in sede di legittimità solo per il vizio di cui all’art.
360 n. 5 cpc (Cass. n. 19064/2006; Cass. n. 2935/2006), con i relativi
limiti di operatività ratione temporis applicabili.
7. In tema, inoltre, di ricorso per cassazione, la
questione della violazione o falsa applicazione degli art. 115 e 116 cpc
non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta
dal giudice di merito, ma rispettivamente, solo allorché si alleghi che quest’ultimo
abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti ovvero
disposte di ufficio al di fuori dei limiti legali o abbia disatteso,
valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero
abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento
critico, elementi di prova soggetti, invece, a valutazione (Cass. n. 27000 del
2016; Cass. n. 13960 del 2014): anche in
questo caso le suddette ipotesi non sono ravvisabili nel caso in esame.
8. Infine, la valutazione delle risultanze delle
prove ed il giudizio sull’attendibilità dei testi (art.
244 cpc), come la scelta, tra le varie emergenze probatorie di quelle
ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di
fatto riservati al giudice di merito, il quale è libero di attingere il proprio
convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili, senza essere tenuto
ad una esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche
se allegati dalle parti (Cass. n. 16467 del 2017).
9. Nella fattispecie la Corte distrettuale, con una
motivazione adeguata e logica, ha rilevato che non era stata fornita la prova
sul numero specifico delle trasferte effettuate nell’arco temporale oggetto di
accertamento, che era il presupposto necessario per stabilire se vi fosse
correlazione tra gli importi erogati dal datore di lavoro a titolo di indennità
di trasferta e le trasferte effettivamente svolte. Ha riscontrato, poi, le
dichiarazioni dei testi con i prospetti delle trasferte prodotti dalla società,
ritenuti peraltro non utili in quanto privi sia di data certa sia, soprattutto,
di altri elementi di riscontro delle trasferte ivi indicate e, pertanto,
inidonei a ritenere provati anche quelle poche trasferte riportate.
10. Tale accertamento rende prive di decisività
anche le doglianze di cui al secondo motivo perché, in ogni caso, l’escussione
di ulteriori testimoni, comunque, si sarebbe dovuta confrontare con il dato
documentale che la Corte di merito ha ritenuto determinante, in senso negativo
con riguardo alla tesi difensiva della società, ai fini della decisione.
11. Alla stregua di quanto esposto il ricorso deve
essere rigettato.
12. Al rigetto segue la condanna della ricorrente al
pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano
come da dispositivo in favore del controricorrente. Nulla per la intimata che
non ha svolto attività difensiva.
13. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n.
115/02, nel testo risultante dalla legge
24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti
processuali, sempre come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento, in favore del
controricorrente INPS, delle spese del presente giudizio di legittimità che
liquida in euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella
misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli
accessori di legge; nulla per la intimata ADER. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n.
115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma
1 bis dello stesso art. 13, se
dovuto.