Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 04 novembre 2022, n. 32595

Lavoro, Differenze retributive, Mansioni superiori,
Contributi previdenziali correlati all’esecuzione di tale attività

 

Rilevato che

 

1. Il giudice delegato al fallimento di M. s.p.a. in
liquidazione non ammetteva al passivo della procedura il credito vantato da
A.T. per differenze retributive dovute allo svolgimento di mansioni superiori,
T.F.R. e contributi previdenziali correlati all’esecuzione di tale attività.

2. Il Tribunale di Messina, con decreto del 23
settembre 2021, accoglieva l’opposizione del T. e ammetteva con riserva il suo
credito, disponendo la compensazione delle spese di lite.

3. Per la cassazione di questo decreto ha proposto
ricorso A.T. prospettando un unico motivo di doglianza.

L’intimato fallimento di M. s.p.a. in liquidazione
non ha svolto difese.

 

Considerato che

 

4. Il motivo di ricorso proposto, sotto la rubrica
“violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. e 132 co. 2 n. 4,
in relazione all’art. 360 c.p.c. n. 4 e conseguente illogica e contraddittoria
motivazione sotto il profilo di violazione di legge”, assume che il tribunale
ha compensato le spese di lite per una causa, individuata nella peculiarità
della questione interpretativa oggetto della valutazione, non contemplata
dall’art. 92 cod. proc. civ..

Peraltro, il giudice, nel caso in cui ritenga di
individuare grave ed eccezionali ragioni analoghe a quelle normativamente
previste e desunte dalla peculiarità del caso concreto, non può effettuare un
richiamo a mere formule di rito ripetitive della dizione normativa, ma è tenuto
a spiegare le argomentazioni per cui si è formato un simile convincimento.

Il collegio dell’opposizione, inoltre, doveva
offrire – in tesi – una specifica spiegazione delle ragioni per cui aveva
ritenuto di cambiare opinione rispetto al contegno tenuto in altri analoghi
procedimenti, dove, pur essendo stata affrontata la medesima questione, era
stata disposta la compensazione soltanto per metà delle spese di lite.

5. Il motivo è inammissibile, ex art. 360-bis, n. 1,
cod. proc. civ..

La Corte costituzionale, con sentenza del 19 aprile
2018 n. 77, ha dichiarato illegittimo l’art. 92, comma 2, cod. proc. civ. nella
parte in cui non prevede che il giudice, in caso di soccombenza totale, possa
non di meno compensare le spese tra le parti, parzialmente o per intero, anche
qualora sussistano altre analoghe gravi ed eccezionali ragioni, diverse da
quelle tipizzate dal legislatore.

Proprio a questa evenienza ha inteso fare implicito
riferimento il collegio di merito laddove ha disposto l’integrale compensazione
delle spese di lite non per i motivi espressamente codificati dall’art. 92,
comma 2, cod. proc. civ., ma “in ragione della peculiare questione
interpretativa oggetto di valutazione”.

Una simile spiegazione non può essere isolata dal
contenuto della decisione al cui interno è inserita e alla cui luce assume
pregnanza.

Invero, il tribunale, nel contrasto fra le parti,
aveva appena prima spiegato di ritenere preferibile un’ammissione del credito
condizionale, con riserva da sciogliere in relazione all’esito del processo
pendente dinanzi al giudice del lavoro competente, piuttosto che disporre una
sospensione del giudizio di opposizione allo stato passivo ex art. 295 cod.
proc. civ., facendo applicazione di un istituto che appariva non consono alla
struttura del procedimento di verifica del passivo fallimentare, pur in
presenza di arresti della giurisprudenza di legittimità in tal senso.

Questa complessa spiegazione dà corpo all’espressione
(“peculiare”) utilizzata subito dopo per giustificare la compensazione delle
spese di lite, in quanto il collegio di merito, dopo aver registrato la
presenza di una pronuncia di legittimità secondo cui era possibile uno sviluppo
del giudizio in due differenti modi (ammissione con riserva o sospensione) ha
ritenuto di discostarsi da questo insegnamento, reputando invece che l’unica
opzione possibile fosse quella dell’ammissione con riserva.

In presenza di una simile spiegazione in ordine alla
“peculiarità” della questione (espressione da intendersi come allusiva
all’assoluta incertezza che la questione presentava, di gravità ed
eccezionalità pari a quella delle situazioni tipiche espressamente previste
dall’art. 92, comma 2, cod. proc. civ.; cfr. Cass. 4696/2019, Cass. 3977/2020),
non era certo necessario ribadire la natura della medesima al momento della
regolazione delle spese di lite, essendo sufficiente un rimando, nei termini
utilizzati, agli argomenti appena spesi.

Va escluso, infine, che il collegio di merito
dovesse fornire spiegazioni del proprio opinamento rispetto alle diverse scelte
fatte in altri giudizi di coincidente natura, perché la regolazione delle spese
di lite avviene, a norma degli artt. 90 e ss. cod. proc. civ., alla luce delle caratteristiche
e dello sviluppo di ciascuna vicenda processuale, mentre non è in alcun modo
influenzata da eventi esterni al processo e riconducibili a differenti parti.

6. In virtù delle ragioni sopra illustrate il
ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

La mancata costituzione in questa sede della
procedura intimata esime il collegio dal provvedere alla regolazione delle
spese di lite.

 

P.Q.M.

 

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30
maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24
dicembre 2012, n. 228, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali
per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1-bis
dello stesso art. 13, ove dovuto.

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