Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 10 novembre 2022, n. 33136
Socio lavoratore di cooperativa, Fondo di garanzia per il
T.f.r., Estensione della disciplina ex L. n. 196/1997, Versamento dei
contributi volontari, Mancata prova, Rigetto
Fatti di causa
Con sentenza n. 7743 del 2016, la Corte d’appello di
Napoli ha rigettato la domanda proposta da A.R., ammesso per € 23060,2 a titolo
di credito per T.f.r. allo stato passivo della liquidazione coatta
amministrativa della C.P.d.S.FF.SS. di Napoli, tesa ad ottenere il pagamento
dal Fondo di garanzia dell’Inps anche per il T.f.r. maturato prima del luglio 1997
(e quindi dell’estensione con la L. n. 196 del 1997, della disciplina in
materia di fondo di garanzia per il T.f.r. ai soci lavoratori di cooperativa),
in assenza di prova della corresponsione della contribuzione volontaria, a
carico del lavoratore, non operando il principio di automaticità delle
prestazioni previdenziali, riguardante il versamento contributivo obbligatorio.
Avverso tale sentenza, A.R. ricorre per cassazione
con due motivi cui l’Inps resisteva con controricorso e memoria ai sensi dell’art.
378 c.p.c.
Ragioni della decisione
Con un motivo, formulato in riferimento all’art.
360, primo comma nn. 3) e 5) c.p.c., il ricorrente deduce erronea
interpretazione e falsa applicazione degli artt. 2697 e 2729 c.c., per
attribuzione al socio lavoratore di cooperativa dell’onere probatorio di
corresponsione della contribuzione volontaria ai fini di pagamento dal Fondo di
garanzia del T.f.r. maturato prima del luglio 1997, nell’impossibilità di
accedere ai documenti (in particolare: fogli paga, mod. 01/M) pretesi
dall’Inps, pure in costanza di accantonamento del T.f.r. dalla cooperativa.
Denuncia ancora il ricorrente, nel medesimo motivo,
l’omesso esame di quanto il lavoratore aveva dedotto nel costituirsi in appello
circa la inutilità della documentazione indicata dall’INPS ai fini probatori e
l’omesso esame della ulteriore circostanza che il rapporto sottostante alla
domanda di corresponsione del t.f.r. maturato dal primo marzo 1974 al 31
dicembre 2007 era certamente di natura subordinata e non associativa, atteso il
comportamento concludente tenuto dalla Cooperativa (accantonamento del t.f.r. e
non di forme premiali equivalenti sin dall’inizio del rapporto), nonché le
risultanze dell’unico estratto contributivo accessibile al lavoratore. Il
lavoratore, infatti, era sempre stato definito “dipendente” e di ciò
il Tribunale aveva tratto la dovuta conseguenza, senza che il medesimo punto
dell’accertamento della natura subordinata del rapporto fosse stato impugnato
dall’INPS, con consequenziale formarsi del giudicato interno sulla questione.
Il motivo, da trattarsi in modo congiunto nei suoi
duplici aspetti in quanto strettamente correlati, è infondato dovendosi dare
continuità alle precedenti decisioni relative ad analoghe fattispecie (Cass.
nn, 16091, 39158, 39328 del 2021).
E’ noto che la L. n. 196 del 1997, art. 24, di
estensione dell’intervento del Fondo di garanzia dell’INPS per il pagamento del
T.f.r. in favore di soci lavoratori di cooperative in situazione di insolvenza,
possa essere applicato retroattivamente a condizione del pagamento dei
contributi previdenziali per il periodo precedente all’entrata in vigore della
disposizione; e ciò per la ratio della norma transitoria, che riconosce
rilevanza all’assicurazione volontariamente e irretrattabilmente istituita
dalle cooperative e la finalità dell’intervento normativo, consistente nel
riconoscimento della garanzia del credito per T.f.r. nei limiti in cui sia
stato reso operativo in favore dei soci dall’autonomia contrattuale, a seguito
di conforme previsione statutaria o assembleare o di comportamenti concludenti,
quali il versamento della prescritta contribuzione (Cass. 11 giugno 2010, n.
14076; Cass. 10 maggio 2016, n. 9479; Cass. 16 gennaio 2017, n. 862).
Tali pronunce, in particolare, hanno rimarcato come
la L. n. 196 del 1997 (art. 24) abbia espressamente disposto l’estensione ai
soci lavoratori della disciplina in materia di fondo di garanzia per il TFR (L.
n. 297 del 1982, art. 2) e l’intervento del fondo medesimo per la garanzia dei
crediti in caso di insolvenza (D.Lgs. n. 80 del 1992, artt. 1 e 2). Sulla scia
di precedenti decisioni (Cass. 13/1/2000 n. 304; Cass. 19/4/2001 n. 5759), è
stata confermata la portata retroattiva delle nuove disposizioni; la estensione
dell’intervento a tutti i casi in cui la tutela sia prevista per i lavoratori
dipendenti, e ciò “a prescindere dal tipo di prestazione lavorativa (se
conforme, o meno, a quanto previsto nel patto sociale) e, quindi, dalla
sussistenza o meno della subordinazione, cui la precedente giurisprudenza di
questa Corte collegava l’applicabilità ai soci delle norme a tutela del lavoro
dipendente” (così Cass. 13/1/2000 n. 304).
Ma ciò a condizione che siano stati pagati i
contributi previdenziali per il periodo precedente all’entrata in vigore della disposizione,
attesa la “ratio” della norma transitoria, che riconosce rilevanza
all’assicurazione volontariamente istituita dalle cooperative, e la finalità
dell’intervento normativo, consistente nel riconoscimento della garanzia del
credito per TFR nei limiti in cui sia stato reso operativo in favore dei soci
dall’autonomia contrattuale, a seguito di conforme previsione statutaria o
assembleare o di comportamenti concludenti quali il versamento della prescritta
contribuzione (cfr. Cass. 24/7/2004 n. 13956; Cass. 3/8/2004 n. 14878, Cass.
cit. n. 14076/2010 cui acide Cass. 10/5/2016 n. 9479).
E tali principi meritano di essere confermati in
questa sede, non avendo la L. n. 142 del 2001 innovato sul punto, per essersi
limitata (art. 3) a sancire il diritto del socio lavoratore a percepire un
trattamento economico complessivo proporzionato alla qualità e quantità del
lavoro prestato e comunque non inferiore ai minimi previsti, per prestazioni
analoghe, alla contrattazione collettiva nazionale o della categoria affine
ovvero per i rapporti di lavoro diversi da quello subordinato, in assenza di
contratti o accordi collettivi specifici ai compensi medi in uso per
prestazioni analoghe rese in forma di lavoro autonomo.
Ciò chiarito, è evidente che la Corte territoriale
ha correttamente richiamato i precedenti di questa Corte ed ha altrettanto
correttamente disatteso la tesi seguita dal Tribunale secondo cui vi era prova
dell’effettivo pagamento dei contributi volontari al Fondo di garanzia, in
quanto quelli versati prima del luglio 1997 erano contributi previdenziali di
diversa natura seppure sempre riferiti al medesimo rapporto.
La fattispecie costitutiva del diritto alla
prestazione dovuta dal Fondo di garanzia, quanto ai soci di cooperativa per il
periodo precedente al luglio 1997, vede quale uno degli elemento costitutivi
l’effettivo versamento della specifica contribuzione volontaria, per cui
risulta del tutto irrilevante l’osservazione del ricorrente circa l’estraneità
del lavoratore al rapporto contributivo.
Allo stesso modo, il motivo – là dove invoca
l’omessa considerazione di un giudicato interno sul diverso titolo della
pretesa – non si confronta neanche con la decisione impugnata che ha
disconosciuto esplicitamente che il primo giudice avesse accertato la effettiva
natura subordinata e dunque la simulazione del rapporto societario
intercorrente con la cooperativa.
Come questa Corte di legittimità ha già affermato,
con le pronunce relative alla Cooperativa di cui alla presente fattispecie
sopra richiamate, la prova dell’inadempimento di obbligazioni previdenziali
spetta al creditore, che agisca per l’esatto adempimento della misura di una
prestazione, il quale ha l’onere di allegare di aver maturato il diritto ad una
determinata differenza quantitativa in base alla fonte dell’obbligazione che
rappresenta il fatto costitutivo del credito azionato, mentre spetta al
debitore allegare e dimostrare di avere esattamente adempiuto pagando la
differenza dovuta (Cass. 3 ottobre 2017, n. 23057; Cass. 4 settembre 2018, n. 21640).
Non opera il criterio di vicinanza della prova,
quale mezzo di definizione della regola finale di giudizio stabilita dall’art.
2697 c.c., ben avendo l’interessato la possibilità, secondo le regole di
diritto di accesso agli atti della P.A. o eventualmente sulla base degli
strumenti processuali a tal fine predisposti dall’ordinamento, di acquisire la
documentazione necessaria a suffragare le proprie ragioni (Cass. 24 giugno
2020, n. 12490).
In definitiva, il ricorso deve essere rigettato, con
la condanna alle spese del giudizio secondo il regime di soccombenza e
raddoppio del contributo unificato, ove spettante nella ricorrenza dei
presupposti processuali (conformemente alle indicazioni di Cass. s.u. 20
settembre 2019, n. 23535).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla
rifusione, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio, che
liquida in Euro 200,00 per esborsi e Euro 4.000,00 per compensi professionali,
oltre rimborso per spese generali 15% e accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma
1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello
stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.