Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 17 novembre 2022, n. 33898

Lavoro, Contratti di collaborazione a progetto, Accertamento
ispettivo, Mancanza del requisito di specificità, Automatica conversione in
rapporto di lavoro subordinato

 

Rilevato che

 

La Corte d’appello di Trieste confermava la sentenza
di primo grado che aveva rigettato l’opposizione proposta da L. G. titolare
della ditta Agenzia M. avverso un’ordinanza ingiunzione emessa dalla Direzione
Territoriale del Lavoro di Gorizia, nonché avverso il precedente verbale di
accertamento emesso da Inps/Inail in cui i contratti di collaborazione a
progetto conclusi dalla ditta erano considerati contratti di lavoro
subordinato.

Riteneva la Corte che i progetti fossero privi della
necessaria specificità e che, applicandosi l’art. 69 d. d.lgs. n. 276/03 nel
testo anteriore alla norma interpretativa di cui all’art. 1, co. 24 I. n. 92/12, in
concreto i rapporti di lavoro erano contraddistinti dal vincolo della
subordinazione.

Avverso la sentenza ricorre L. G. per due motivi.

L’Inps, l’Ispettorato territoriale del lavoro di
Trieste e Gorizia, nonché il Ministero del lavoro e delle politiche sociali
resistono con controricorso.

 

Considerato che

 

Con il primo motivo di ricorso il ricorrente lamenta
violazione e falsa applicazione degli artt. 61 e 69 d. Igs. n. 276/03,
dell’art. 30, co. 1 I. n. 183/10
e della I. n. 92/2012. Si sottolinea che, nel
regime anteriore alla I. n. 92/12, l’art. 69 d. Igs. n. 276/03 non
prevedeva una presunzione assoluta di subordinazione del rapporto di lavoro.

Con il secondo motivo si lamenta violazione e falsa
applicazione delle dell’art. 134
del TULPS, della circolare ministeriale 559/C14426, 10089D del 23.10.1996
con riferimento alla nota del Prefetto Dott. M. ed all’allegato H al D.M. 269/2010. La
Corte, in violazione di progetti conformi a tali norme, avrebbe accertato la
subordinazione di fatto ingerendosi nelle scelte tecnico-produttive
dell’azienda. La presenza di contratti conformi alla predetta normativa bastava
in sé sola a vincere la presunzione relativa dell’art. 69 d. Igs. n. 276/03.

Il primo motivo è manifestamente infondato.

La Corte d’appello ha ritenuto che i vari progetti
non fossero specifici in quanto: erano tutti identici e calibrati sulla
competenza di ciascun lavoratore; la descrizione del progetto era generica,
individuando in modo estremamente vago il progetto (“discreta osservazione
della clientela e se necessario informare i responsabili delle ditte
clienti”), e mancando il programma di lavoro o una fase di esso; mancava
altresì l’obiettivo da raggiungere, considerato che l’obiettivo di evitare
truffe mediante sorveglianza dei locali e dei clienti costituiva un’esigenza
stabile e ordinaria di qualsiasi punto vendita della grande distribuzione;
inoltre, i collaboratori erano pagati in base alle ore di lavoro e non in base
ai risultati raggiunti, che nemmeno erano soggetti a verifica.

Tale accertamento in fatto, non sindacabile in
questa sede se non nei limiti dell’art.360, n.5
c.p.c., sorregge una corretta applicazione degli artt. 61 e 62 d. Igs. n.276/03
nel testo vigente ratione temporis. Questa Corte (Cass.4182/21),
con riferimento a contratti conclusi antecedentemente co. 23 I. n. 92/12, ha già avuto modo di affermare che
manca il requisito di specificità quando il progetto coincida con la normale
attività d’impresa, rivolta a soddisfare esigenze ordinarie e continuative del
committente. E nel caso di specie, non è dubbio che l’attività di vigilanza
tipica della ditta del ricorrente rechi, come suo contenuto ordinario, quello
della sorveglianza dei locali e dei clienti che costituirebbe l’obiettivo da
raggiungere.

La conformità agli artt. 61 e 62 d. Igs. n. 276/03
richiede sempre l’indicazione, nel progetto, di un risultato che giustifichi
l’autonomia gestionale sia nei tempi sia nelle modalità di realizzazione (Cass. 4182/21). La Corte ha accertato che ciò non
è accaduto nel caso di specie, mancando una specificità delle attività previste
nei progetti tale da poter giustificare una gestione in autonomia da parte dei
collaboratori.

Quanto all’esegesi dell’art. 69 d. Igs. n. 276/03 nel
testo antecedente alla norma interpretativa dell’art. 1, co. 24 I. n. 92/12,
questa Corte ha avuto ripetutamente modo di affermare che il regime
sanzionatorio previsto dall’art.
69 nell’originario testo contemplava due distinte e strutturalmente
differenti ipotesi: al comma 1, è sanzionato il rapporto di collaborazione
coordinata e continuativa instaurato senza l’individuazione di uno specifico
progetto, realizzando un caso di c.d. conversione del rapporto “ope
legis”, e restando priva di rilievo l’appurata natura autonoma dei
rapporti in esito all’istruttoria; mentre al comma 2 è disciplinata l’ipotesi
in cui, pur in presenza di uno specifico progetto, sia giudizialmente
accertata, attraverso la valutazione del comportamento delle parti posteriore
alla stipulazione del contratto, la trasformazione in un rapporto di lavoro
subordinato in corrispondenza alla tipologia negoziale di fatto realizzata tra
le parti (Cass. 12820/16, Cass.17707/20, Cass.
27543/20; Cass. 24636/22). Essendo stata accertata la illegittimità del
progetto per sua genericità, non si doveva dunque far luogo ad alcun
accertamento teso a verificare se i rapporti di lavoro si fossero esplicati, in
concreto, secondo i canoni della subordinazione, operando bensì la regola di
automatica conversione in rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato
(v. Cass. 17127/16, Cass. 17707/20).

Discende da quanto detto che il secondo motivo – da
ritenersi ammissibile nonostante la erronea indicazione in rubrica di
disposizioni non attinenti al contenuto del motivo (Cass.
12690/18), che mira a far valere l’assenza in concreto dell’elemento della
subordinazione – è manifestamente infondato. Una volta infatti che sia
affermata la presunzione c.d. assoluta derivante dall’art. 69 d. Igs. n. 276/03 nel
testo vigente ratione temporis per il caso di progetto generico, ogni censura
sulla ricorrenza o meno della subordinazione risulta inconferente.

Le spese di lite del presente giudizio seguono la
soccombenza di parte ricorrente, e sono liquidate come in dispositivo, verso
Inps e verso l’Ispettorato del lavoro, considerato che questultimo e non il
Ministero è legittimato passivo (Cass. 8616/91), e che il ricorso indicava
nella notificazione, come destinatario, la DTL.

 

P.Q.M.

 

rigetta il ricorso;

condanna parte ricorrente a rifondere le spese di
lite liquidate all’Ispettorato del lavoro e all’Inps in € 1700 per compensi, €
200 per esborsi, oltre 15% per spese generali e accessori di legge, per
ciascuno.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13,
comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso

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