Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 21 novembre 2022, n. 34256
Omessi contributi, Cartella esattoriale, Mancata notifica,
Azione di accertamento negativo del credito, Difetto di legittimazione del
concessionario
Rilevato che
1. la Corte d’Appello di Reggio Calabria,
pronunciando sull’appello di E.S. S.p.A., in riforma della decisione di primo
grado, ha dichiarato nulla la sentenza per omessa integrazione del
contraddittorio e rimesso la causa innanzi al primo giudice, con termine di tre
mesi per la riassunzione del giudizio;
2. per quanto qui solo di rilievo, la Corte
territoriale ha osservato che:
– con il ricorso originario, il ricorrente aveva
«negato l’avvenuta notifica delle cartelle esattoriali ed affermato […] la
prescrizione» del credito contributivo;
– la questione della notifica, se strumentale a
quella della prescrizione, come nella specie, determinava una situazione di
litisconsortio necessario tra l’ente impositore ed il concessionario;
– conseguiva la necessità di integrazione del
contraddittorio nei confronti del primo, con nullità della sentenza di primo
grado e rimessione delle parti dinanzi al primo giudice ex art. 354
cod.proc.civ.;
3. avverso la sentenza ha proposto ricorso per
cassazione la parte in epigrafe, sulla base di un unico motivo. Ha resistito
l’Agenzia delle entrate – Riscossione con controricorso, successivamente
illustrato con memoria.
Considerato che
4. va preliminarmente rilevata d’ufficio, in
conformità ai principi enunciati dalle Sezioni unite di questa Corte nella
sentenza nr. 30008 del 19 novembre 2019, l’inammissibilità del controricorso
per nullità del mandato difensivo;
5. il Protocollo d’intesa tra Avvocatura dello Stato
e Agenzia delle Entrate-Riscossione del 5 luglio 2017, prevede, in tema di
«Contenzioso afferente l’attività di Riscossione», al punto 3.4.1, che
l’Avvocatura assume il patrocinio dell’Ente nelle «liti innanzi alla Corte di
Cassazione Civile e Tributaria». In ipotesi del genere, qualora invece il nuovo
ente Agenzia delle entrate – Riscossione si costituisca con il patrocinio di
avvocato del libero foro, sussiste per esso l’onere, pena la nullità del
mandato difensivo, di indicare ed allegare le fonti del potere di
rappresentanza ed assistenza di quest’ultimo in alternativa al patrocinio per
regola generale esercitato, salvo conflitto di interessi, dall’avvocatura dello
Stato;
6. nella procura ad litem conferita in data 1.12.
2017 all’Avvocato G.M. non vengono indicati né l’atto organizzativo generale
del nuovo ente, contenente gli specifici criteri legittimanti il ricorso ad
avvocati del libero foro, né la specifica e motivata deliberazione del nuovo
ente che indichi le ragioni che, nella concretezza del caso, giustificherebbero
tale ricorso in alternativa alla regola generale dell’assistenza da parte
dell’avvocatura dello Stato, non venendo in rilievo «questioni di massima o
aventi notevoli riflessi economici», né è stato dedotto e provato che
l’Avvocatura erariale non sia stata disponibile ad assumere il patrocinio;
7. tali elementi, nel loro complesso, comportano
necessariamente la nullità del mandato difensivo per contrarietà a disciplina
imperativa e pertanto l’inammissibilità del controricorso e della successiva
memoria;
8. passando all’esame dell’unico motivo di ricorso,
la parte ricorrente – ai sensi dell’art. 360 nr.3 cod.proc.civ. – deduce
violazione e falsa applicazione dell’art. 19 (recte: dell’art. 39) del D.Lgs.
nr. 112 del 1999 per avere la sentenza impugnata affermato la violazione delle
norme sul litisconsorzio necessario e non ritenuto la legittimazione esclusiva
dell’agente della riscossione;
6. il motivo è infondato;
7. il tema controverso è stato di recente affrontato
dalle sezioni unite, con la sentenza nr.7514 del 2022, e la fattispecie
concreta è sovrapponibile a quella scrutinata con l’indicata pronuncia;
8. in sintesi, il ragionamento delle sezioni Unite è
il seguente:
a) va confermato l’indirizzo espresso dalla Sezione
Lavoro di questa Corte (Cass. 19 giugno 2019 n. 16425; Cass. 12 novembre 2019
n. 29294; Cass. 8 novembre 2018 n. 28583; Cass. 25 maggio 2007 n. 12239)
secondo il quale nel caso in cui il debitore intenda reagire alla riscossione
del credito contributivo per ottenere l’accertamento negativo del credito
iscritto a ruolo, tanto per infondatezza della pretesa, quanto per intervenuta
prescrizione, opponendosi all’iscrizione a ruolo tardivamente rispetto al
termine previsto dall’art. 24, comma 5, d.lgs. n. 46 del 1999, sul rilievo
della mancata notifica della cartella esattoriale o dell’avviso di addebito,
senza tuttavia far valere vizi dell’azione esecutiva, l’azione partecipa della
natura dell’opposizione all’esecuzione, trattandosi di un tipo di azione di
accertamento negativo del credito, tendente a recuperare l’azione, altrimenti
tardiva, finalizzata a far valere la prescrizione dei contributi previdenziali,
(Cass. 10 dicembre 2004 n. 23116), che ha efficacia estintiva e non meramente
preclusiva, ed è sottratta alla disponibilità delle parti; la mancata notifica
di cartelle di pagamento di credito previdenziale ha una valenza neutra, in
quanto può dipendere dall’inerzia del concessionario o dalla mancata o tardata
trasmissione degli atti all’esattore, ancor più in mancanza della
prospettazione di specifiche responsabilità del concessionario le quali, in
ogni caso non assumono rilevanza nei rapporti tra destinatario della pretesa
contributiva ed ente titolare del credito, in ragione della estraneità
dell’obbligato al rapporto (di responsabilità) tra esattore e ente impositore;
tale fattispecie, lungi dal dar luogo ai meccanismi di cui all’art. 107 o 102
c.p.c., determina il rigetto del ricorso per carenza di legittimazione in capo
al concessionario medesimo;
b) diversa è la fattispecie in cui con unico atto di
opposizione sono fatte valere sia ragioni di merito che di regolarità formale
della cartella e della procedura di riscossione, con la conseguente
legittimazione passiva dell’Ente impositore o dell’agente per la riscossione in
relazione a ciascuna di tali azioni;
c) quindi, tenuta in considerazione la peculiarità
del sistema della riscossione previdenziale, e cioè che l’art. 24, comma 5, del
d.lgs. 26 febbraio 1999, n. 46 – nel testo oggi vigente, e vigente ratione
temporis- dispone che nel giudizio contro l’iscrizione a ruolo la
legittimazione spetta all’ente impositore e poiché la disposizione del comma 5
dell’art. 24 del d.lgs. n.46 del 1999 non è stata modificata nella parte
concernente la legittimazione dell’ente impositore, anche quando il legislatore
ha modificato la norma espungendo l’obbligo di notifica del ricorso al
concessionario, si deve escludere che questa disposizione sia stata
implicitamente superata dall’art. 39 d.lgs. 13 aprile 1999 n. 112, emanato
successivamente all’art. 24 citato;
d) ne consegue che, limitatamente al processo
attinente alle opposizioni a iscrizione a ruolo dei crediti previdenziali e
alle opposizioni, concernenti l’accertamento negativo del debito per fatti
successivi all’iscrizione a ruolo, entrambe accomunate dall’attinenza al merito
della pretesa contributiva, la legittimazione passiva resta regolata dal citato
art. 24, senza che possa trovare applicazione l’art. 39 d.lgs. n.112 del 1999 e
le conseguenze che da esso ha tratto la giurisprudenza in materia tributaria,
atteso che «dalla complessiva lettura del d.lgs. n. 112 del 1999 […] si trae
conferma del fatto che si tratta di decreto principalmente rivolto alla
riscossione dei tributi>> (Cass. S.U.25 ottobre 2016 n.23397);
e) sussiste la legittimazione a contraddire
esclusivamente in capo all’ente impositore poiché l’azione ha ad oggetto il
merito della pretesa contributiva (vale a dire, la sussistenza del debito
contributivo iscritto a ruolo) rispetto al quale- in conformità all’art.24
d.lgs.49 del 1999 – l’agente della riscossione resta estraneo. Parimenti non
può ritenersi ricorrere un’ipotesi di litisconsorzio necessario considerato che
nel giudizio non si fa questione della legittimità degli atti esecutivi
imputabili al concessionario; pertanto la sentenza deve ritenersi utiliter data
anche senza la partecipazione di quest’ultimo al processo, mentre l’eventuale
annullamento della cartella e del ruolo per vizi sostanziali produce comunque
effetti nei confronti del medesimo, mero destinatario del pagamento o, più
precisamente, avuto riguardo allo schema dell’art. 1188 cod. civ., comma 1,
soggetto (incaricato dal creditore e) autorizzato dalla legge a ricevere il
pagamento, vincolato alla decisione del giudice nella sua qualità di adiectus
solutionis causa (Cass. 25 luglio 2007 n. 16412);
f) la parte che introduce il giudizio, infatti, al
fine di ottenere una pronuncia nel merito in astratto satisfattiva delle sue
ragioni, deve radicarlo correttamente nei confronti del soggetto legittimato a
contraddirvi, quale titolare della situazione sostanziale dedotta in giudizio e
poiché l’unico soggetto convenuto in giudizio, nel caso in disamina, è l’agente
della riscossione e costui non è titolare del diritto di credito, quanto,
piuttosto, mero destinatario del pagamento (Cass. 24 giugno 2004 n. 11746) o,
più precisamente, soggetto autorizzato dalla legge a ricevere il pagamento ex
1188, I c.c. (cfr. Cass. 26 settembre 2006 n. 21222, Cass. 15 luglio 2007 n.
16412), sussiste il difetto di legittimazione passiva in capo all’agente per la
riscossione ed il difettoso radicamento del contraddittorio da parte di chi ha
agito in giudizio nei confronti esclusivamente del medesimo; il che determina
il rigetto del ricorso per carenza di legittimazione in capo al concessionario
medesimo e tale difetto è rilevabile d’ufficio anche in sede di legittimità,
essendo la Corte di Cassazione dotata di poteri officiosi in tutte le ipotesi
in cui il processo non poteva essere iniziato o proseguito (in tal senso Cass.
S.U. 9 febbraio 2012 n. 1912);
9. in coerente applicazione dei principi esposti ed
in ragione della carenza di legittimazione a contraddire dell’Agente della
Riscossione convenuto in giudizio, la sentenza va, dunque, cassata senza rinvio
perché la causa non poteva essere proposta, ai sensi e per gli effetti
dell’art. 382, ultimo comma, cod.proc.civ. (v. anche sul punto, Cass., sez.
un., nr. 7514 cit., par. 14, 14.1 e 15);
10. il recente componimento del contrasto
giurisprudenziale sulla questione sottoposta all’attenzione del Collegio
giustifica la compensazione delle spese dell’intero processo;
11. non sussistono, dato l’esito della lite, i
presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore
importo a titolo di contributo unificato ai senti del D.P.R. n. 115 del 2002,
art. 13, comma 1 quater (Cass., sez. un., nr. 7514 cit., par. 17).
P.Q.M.
decidendo sul ricorso, cassa senza rinvio la
sentenza impugnata perché la causa non poteva essere proposta. Compensa le
spese di lite dell’intero processo.