I lavoratori che, al rientro in Italia, optano per la flat tax non possono esercitare successivamente l’opzione per il regime speciale degli impatriati, pur sussistendo i requisiti per l’applicazione del regime di favore al momento del rientro in Italia.
Nota AdE Risp. 20 settembre 2022, n. 460
Marialuisa De Vita
L’Agenzia delle Entrate, con la Risposta ad interpello n. 460 del 20 settembre 2022, ha fornito alcuni chiarimenti in merito alla possibilità di fruizione del regime speciale per i lavoratori impatriati da parte di soggetti che si avvalgono del regime forfettario di cui all’art. 1, co. da 54 a 89, L. 23 dicembre 2014, n. 190.
Nel caso di specie, un cittadino italiano si rivolgeva all’Agenzia delle Entrate rappresentando di:
- aver risieduto nel Regno Unito per quattro anni;
- essersi iscritto all’AIRE;
- essere rientrato in Italia ad aprile 2022 per svolgere attività autonoma con partita IVA;
- voler temporaneamente optare per l’applicazione del regime forfettario, pur essendo in possesso dei requisiti oggettivi e soggettivi per accedere al regime speciale per i lavoratori impatriati.
L’istante chiedeva all’Agenzia delle Entrate se l’opzione, al rientro in Italia, per il regime forfettario fosse ostativa al regime di favore degli impatriati negli anni successivi.
Come noto, il regime degli impatriati consiste nel fatto che, ai sensi dell’art. 16 del D.Lgs n. 147/2015, i redditi di lavoro autonomo, i redditi di lavoro dipendente, i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente e i redditi di impresa, prodotti in Italia da lavoratori (cittadini italiani o esteri) che vi trasferiscono la residenza fiscale, concorrono alla formazione del reddito complessivo nei limiti del 30% del loro ammontare, ovvero nei limiti del 10% se si trasferiscono nelle regioni meridionali (Calabria, Sicilia, Sardegna, Molise, Puglia, Campania, Basilicata e Abruzzo). Tale regime trova applicazione a decorrere dal periodo d’imposta in cui è avvenuto il trasferimento della residenza fiscale in Italia e per i quattro periodi d’imposta successivi.
Per poter beneficiare della agevolazione in esame, i soggetti che rientrano in Italia devono essere in possesso dei requisiti previsti, in via alternativa, dal co. 1 e dal co. 2 dell’art. 16 richiamato. In particolare, possono accedere al regime agevolativo solo i lavoratori che (art. 16, co. 1, D.Lgs. n. 147/2015):
- non sono stati residenti in Italia nei due periodi di imposta precedenti il trasferimento e si impegnano a permanervi per almeno due anni;
- prestano l’attività lavorativa prevalentemente nel territorio italiano.
Il regime in questione vale anche per i cittadini UE e, dal 2017, per quelli di Stati extra UE (con i quali è in vigore una convenzione per evitare le doppie imposizioni o un accordo sullo scambio di informazioni in materia fiscale) che soddisfano uno dei seguenti requisiti (art. 16, co. 2, D.Lgs. n. 147/2015):
- sono in possesso di un titolo di laurea e hanno svolto continuativamente un’attività di lavoro dipendente, ovvero autonomo oppure d’impresa fuori dall’Italia negli ultimi 24 mesi o più;
- hanno svolto continuativamente un’attività di studio fuori dall’Italia negli ultimi 24 mesi o più, conseguendo un titolo di laurea ovvero una specializzazione post lauream.
Il regime forfetario rappresenta, invece, il regime naturale applicabile alle persone fisiche che esercitano attività di impresa, arte o professione in forma individuale che percepiscono ricavi o compensi inferiori alla soglia di 65.000 euro. In base ad esso il reddito di impresa o di lavoro autonomo, determinato in via forfettaria (applicando ai ricavi o compensi percepiti il coefficiente di redditività variabile a seconda dell’attività esercitata), è assoggettato ad un’imposta sostitutiva dell’IRPEF pari al 15%.
Ciò premesso, l’Agenzia delle Entrate, richiama la circolare 33/E del 2020, ove aveva negato la possibilità di optare per il regime fiscale degli impatriati da parte dei lavoratori autonomi che, rientrati in Italia, abbiano deciso di avvalersi del regime forfettario. La ragione è da rinvenirsi – precisa l’Amministrazione finanziaria – nella circostanza che i redditi prodotti in regime forfettario non partecipano alla formazione del reddito complessivo in quanto assoggettati a un’imposta sostitutiva.
Considerato che il regime degli impatriati si applica ai soli redditi che, prodotti nel territorio dello Stato, concorrono alla formazione del reddito complessivo del contribuente, ne discende l’inapplicabilità ai redditi prodotti in regime forfettario.
Applicando tali principi al caso di specie, l’Agenzia ritiene che, laddove l’istante opti per il periodo di imposta 2022 per il regime forfettario, non potrà fruire del diverso regime degli impatriati negli anni successivi e sino al compimento del quinquennio potenzialmente agevolabile (ossia dal 2023 al 2026). L’opzione per il regime forfettario comporta – precisa l’Amministrazione finanziaria – l’impossibilità di esprimere a posteriori l’opzione per il diverso regime degli impatriati.