Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 25 ottobre 2022, n. 31483

Rapporto di lavoro, Attività lavorativa all’estero,
Indennità, Calcolo del TFR e del premio annuale di rendimento, Retribuzione
imponibile, Determinazione

 

Rilevato che

 

1. la Corte d’Appello di Roma, con la pronuncia
indicata in epigrafe, rigettava l’appello principale proposto dall’odierno
ricorrente principale e quello incidentale della B.N.L. (di seguito B.),
confermando la decisione di primo grado;

2. il Tribunale, per quanto solo rileva in questa
sede, aveva accolto la domanda di G.D.P. volta al computo dell’indennità
«estero» nel calcolo del TFR e del premio annuale di rendimento (considerato
che l’articolo 23 del CCNL 1995 ne determinava l’importo nel 15% della
retribuzione complessivamente percepita nel corso dell’anno). Aveva respinto,
invece, la domanda di (condanna) al versamento all’Inps di (ulteriori)
contributi per intervenuta prescrizione di quelli relativi al periodo 2001/2003
e, per il restante periodo fino al settembre 2007, poiché la B. aveva
correttamene determinato la base imponibile ai fini previdenziali; per il
Giudice, nei confronti dei lavoratori che svolgono attività di lavoro
all’estero, il parametro di riferimento era rappresentato dalle retribuzioni
convenzionali individuate dai decreti ministeriali nei «minimi contrattuali» di
categoria fissati dalla contrattazione collettiva nazionale;

3. la Corte di appello, in ordine alla questione
relativa alla omissione contributiva (recte: in ordine alla domanda di risarcimento
del danno conseguente alla perdita delle quote di pensione calcolate sulla
contribuzione prescritta, così limitata la domanda originariamente proposta),
oggetto dell’appello principale, ha osservato come, per effetto della legge nr.
342 del 2000, art. 36, la retribuzione imponibile per i lavoratori dipendenti
con attività lavorativa all’estero, in via continuativa, soggiornanti nel Paese
estero per un periodo superiore a 183 giorni nell’arco di un anno, si
determinasse, ai sensi del D.L. nr. 317 del 1987, art. 4, comma 1, conv. in
legge nr. 398 del 1987, prendendo a riferimento le retribuzioni convenzionali
definite annualmente con decreto ministeriale; il legislatore, dal primo
gennaio 2001, aveva inteso unificare il regime contributivo dei lavoratori
italiani operanti all’estero, individuando un unico parametro di riferimento
per definire la retribuzione imponibile e pensionabile, indipendentemente dal
Paese di destinazione, dato dalla retribuzione convenzionale fissata con
decreto dei ministri competenti che si erano attenuti ai livelli contrattuali
minimi fissati dalla contrattazione collettiva; conseguentemente, la società
aveva correttamente assolto l’obbligo contributivo;

4. quanto alla base di computo del TFR, oggetto
dell’appello incidentale della B., la Corte di merito ha osservato come gli
emolumenti controversi trovassero la loro causa tipica nel rapporto di lavoro
cui erano istituzionalmente connessi, in quanto corrisposti a titolo non
occasionale. In particolare, la Corte ha escluso che gli emolumenti in
questione potessero ricomprendersi nella categoria dei rimborsi spese anche
perché tali emolumenti risultavano «indistinti» nei prospetti paga rispetto
alla retribuzione paga;

5. ha proposto ricorso principale il lavoratore
sulla base di un unico e articolato motivo di ricorso;

6. la B. ha resistito, con controricorso, contenente
ricorso incidentale, fondato su un unico motivo; ha resistito al ricorso
incidentale, a sua volta, il ricorrente principale;

7. entrambe le parti hanno depositato memoria.

 

Considerato che

 

8. con l’unico motivo del ricorso principale è
denunciata la violazione e la falsa applicazione dell’art. 12 della legge nr.
153/1969, come modificato dall’art. 6 del D. Lgs. n. 314/1997;

la violazione e falsa applicazione dell’art. 4 del
D. L. nr. 317/1987, convertito con modificazioni dalla legge nr. 398/1987;
nonché, in connessione con le citate disposizioni, violazione e falsa
applicazione dell’art. 51 del D.P.R. nr. 917/1986 (T.U.I.R.) e del primo comma
dell’art. 36 della legge nr. 342/2000 (Collegato Fiscale), per aver la Corte
d’Appello di Roma, con la sentenza impugnata, ritenuto correttamente adempiuto
l’obbligo contributivo della parte datoriale nonostante il versamento dei
contributi sulla base non della retribuzione effettivamente percepita
all’estero dal ricorrente ma parametrati alle fasce convenzionali di reddito di
cui all’art. 51, comma 8 bis, del TUIR;

9. il ricorso principale è fondato;

10. la questione devoluta risulta già affrontata e
decisa dalla Corte con affermazione del principio secondo cui «Le retribuzioni
convenzionali, di cui all’art. 51, comma 8-bis, del T.U.I.R., hanno valenza
esclusivamente fiscale. Di conseguenza, i datori di lavoratori che inviano
dipendenti in Paesi che hanno sottoscritto accordi internazionali di sicurezza
sociale, che consentono il mantenimento della copertura assicurativa in Italia,
devono assumere come parametro per la determinazione della base imponibile
contributiva le retribuzioni effettivamente corrisposte ai lavoratori all’estero,
cui sono correlativamente commisurate, nelle forme e nei modi previsti, le
prestazioni dovute»;

11. il riportato principio, espresso da Cass. nr.
17646 del 2016, si è andato consolidando con successive pronunce (Cass nr.
24032 del 2017; Cass. nr. 30427 del 2017; Cass. nr. 14526 del 2018. Più di
recente, in motivazione, v. anche Cass. nr. 9809 del 2020 e nr. 6294 del 2022)
sulla base di considerazioni di ordine sistematico giacché la legge nr. 342 del
2000, art, 36, risponde a logiche peculiari del sistema fiscale -richiamando il
limite temporale dei 183 giorni e la nozione di residenza fiscale estranee alla
materia previdenziale e il suo contenuto, che fa riferimento ai decreti
ministeriali previsti dal D.L. nr. 317 del 1987, art. 4, non mette in discussione
l’impianto complessivo del sistema previdenziale in cui tali decreti
ministeriali operano e che fu costituito, sul presupposto della sentenza della
Corte costituzionale n. 369 del 1985, al fine di tutelare il lavoratore
italiano inviato all’estero in Paesi con i quali l’Italia non avesse stipulato
una convenzione di sicurezza sociale, ipotesi estranea alla fattispecie in
esame;

12. nel caso di specie, infatti, le prestazioni
lavorative sono state rese in Gran Bretagna, facente parte, ratione temporis,
della Comunità Europea;

13. la Corte di appello è, dunque, incorsa nel
denunciato errore di diritto;

14. con il ricorso incidentale, invece, la B.
Nazionale del Lavoro ha denunciato la violazione e falsa applicazione dell’art.
2120 cod.civ., dell’art. 1362 cod.civ., dell’art. 2697 cod,civ., dell’art. 132
cod.proc.civ. e dell’art. 118 disp.att. cod.proc,civ., per avere la Corte di
appello condannato la B. a ricalcolare il TFR, computando nella base di calcolo
l’indennità «estero» nonché, sulla base della natura retributiva di detta
indennità, a ricalcolare il premio di rendimento;

15. per la B., la Corte di merito, nell’includere,
ai fini del calcolo del TFR, l’indennità «estero», non avrebbe correttamente
applicato la normativa collettiva di riferimento e, segnatamente, gli artt. 67
del CCNL di categoria del 21 luglio 1980,69 del CCNL del 22.11.1990 , 73 del
CCNL del 22.6.1995, 28 del CCNL del 01.12.2000, 28 del CCNL del 19.04.2005 e 29
del CCNL del 10.01.2008 i quali dispongono che il trattamento di fine rapporto
è composto da tutti gli emolumenti costitutivi del trattamento economico aventi
carattere continuativo anche se con corresponsione periodica, compresa – ove
spetti – l’indennità di rischio. Da tale computo restano esclusi soltanto gli
emolumenti di carattere eccezionale, quanto corrisposto a titolo di effettivo
rimborso, anche parziale, di spese sostenute e i trattamenti corrisposti ai
sensi del cap. XI [ossia “Missioni e Trasferimenti”] del presente
contratto o, comunque, corrisposti con finalità similari al funzionario
trasferito o in missione;

16. il ricorso incidentale è improcedibile;

17. il ricorso in cassazione deve contenere, a pena
di inammissibilità, la «specifica indicazione dei contratti o accordi
collettivi sui quali il ricorso si fonda» (art. 366, comma 2, nr. 6
cod.proc.civ) e, a pena di improcedibilità, i medesimi contratti o accordi
collettivi devono essere depositati unitamente al ricorso (art. 369, comma 2,
nr. 4);

18. il contenuto del suddetto onere di deposito si
estende al deposito non solo dell’estratto recante le singole disposizioni
collettive invocate nel ricorso, ma «(del)l’integrale testo del contratto od
accordo collettivo di livello nazionale contenente tali disposizioni,
rispondendo tale adempimento alla funzione nomofilattica assegnata alla Corte
di cassazione nell’esercizio del sindacato di legittimità sull’interpretazione
della contrattazione collettiva di livello nazionale […]» (Cass. sez. un. nr
. 20075 del 2010; Cass. nr. 4350 del 2015; Cass. 6255 del 2019). Onere (di
deposito, diverso ed ulteriore -si ripete – rispetto a quello di trascrizione
nel ricorso della clausola – o delle clausole- del contratto collettivo, in
adempimento della previsione di cui all’art. 366, comma 2, nr. 6 cod.proc.civ.)
che è soddisfatto anche mediante l’indicazione della sede processuale in cui
detto testo sia rinvenibile (Cass., sez.un., nr. 25038 del 2013); non è
sufficiente, invece, la mera allegazione dell’intero fascicolo di parte del
giudizio di merito. L’indicato adempimento, infatti, non può considerarsi
soddisfatto attraverso il mero richiamo, in calce al ricorso, all’intero
fascicolo di parte del giudizio di merito, ove manchi una puntuale indicazione
del documento (id est: del testo integrale del CCNL posto a fondamento delle
censure nell’elenco degli atti) (Cass. nn. 6255 del 2019 e nr. 25038 del 2013
cit);

19. nella specie, difetta il deposito e/o
l’indicazione della sede processuale di rinvenimento del «testo integrale» dei
C:CNL richiamati a fondamento delle censure. Il ricorso (come, per es., a pag.
41, con riferimento all’art. 73 del CCNL 22.6.1995) e, altresì, la memoria
depositata ai sensi dell’art. 380 bis.1 cod.proc.civ. (v. pag. 8 della stessa),
danno solo atto del momento processuale in cui le «disposizioni» (e, dunque, un
estratto e non invece il testo integrale) del CCNL, di volta in volta
richiamato, sono state depositate;

20. in conclusione, in accoglimento del ricorso
principale, la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla Corte di
appello di Roma, in diversa composizione, affinché, sulla base degli esposti
principi, accerti la misura del danno pensionistico subito dal lavoratore; va,
invece, dichiarato improcedibile il ricorso incidentale;

21. al giudice del rinvio è rimessa anche la
regolazione delle spese del giudizio di legittimità;

22. sussistono i presupposti processuali per il
versamento del doppio contributo da parte del ricorrente incidentale, ove
dovuto.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso principale e dichiara
improcedibile quello incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione al
ricorso principale e rinvia alla Corte d’appello di Roma, in diversa
composizione, cui demanda di provvedere anche in merito alle spese di
legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma
1- quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte del ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a
titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso
incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 25 ottobre 2022, n. 31483
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